Violenza, fame, guerre, sfruttamento, corruzione. In mezzo a questo groviglio di gravi problemi, sembra aprirsi per l’Africa un pertugio verso l’avvenire. Malgrado indigenza e difficoltà varie, i popoli del continente nero mantengono infatti una fecondità tale da rappresentare una speranza per il futuro.
Ne dà notizia il Wall Street Journal, proseguendo la sua inchiesta in merito ai “destini demografici” del mondo presupposti dall’Onu in vista del 2050. “Il maggior incremento demografico della storia moderna è in corso in Africa”, si legge nel pezzo a firma di Drew Hinshaw. Mentre – prosegue – “in ogni altro continente, i tassi di crescita stanno rallentando verso un punto morto per la prima volta dopo secoli”.
Un punto morto a cui fanno da contraltare le proiezioni delle Nazioni Unite riguardo l’Africa per l’anno 2050. Vi saranno, nel continente nero, 2,5 miliardi di persone, ossia il doppio della popolazione attuale e il 25% di quella mondiale. “Ci saranno 399 milioni di nigeriani, più degli abitanti degli Stati Uniti”, rileva Hinshaw. E quattro persone su dieci, nel mondo, saranno africane.
L’Africa dunque, per il Wsj, è destinata a diventare un gigante. Ma un “gigante emergente” o un “gigante di emergenze”? L’incremento della popolazione suscita, del resto, anche degli interrogativi circa la capacità, per un continente così problematico, di far fronte all’ampliamento delle esigenze.
Ciò che è fuor di dubbio, è che l’umanità nel suo complesso sta invecchiando. Nel 2050 quasi un quarto della popolazione della terra avrà passato il suo 60esimo compleanno, rispetto ad un ottavo di oggi. Una cospicua parte dell’economia globale dovrà essere spesa quindi per i ricoveri e per le pensioni.
Tendenza, questa, a cui non si unirà l’Africa. Qui la media d’età sarà di 28 anni. Nel 2050 1,3 miliardi di persone saranno giovani ma sufficientemente mature per “avviare un’impresa, educare, costruire, intraprendere carriere e dar vita ad aziende agricole e fabbriche”.
Drew Hinshaw usa “poche parole” per descrivere ciò che avverrà. “Un ‘baby boom’ – scrive – alzerà il continente più povero della terra fino all’olimpo dei maggiori affari globali”. Secondo il cronista del Wsj, l’Africa diventerà presto il simbolo di una rinascita, costituita da “laureati, giovani lavoratori e consumatori in erba”.
Certi traguardi sono dipendono però da una conditio sine qua non. C’è bisogno che, oltre all’esuberanza riproduttiva, si mettano in moto i governi africani. Nell’articolo si spiega che tuttavia “il continente sta perdendo una delle grandi gare del secolo”, poiché “la popolazione africana sta crescendo più di quanto i governi stiano stabilendo le basi di un’economia moderna: centrali elettriche, strade e scuole”.
Si porta l’esempio della Nigeria, uno dei Paesi maggiormente coinvolti dal “baby boom”, dove l’elettricità resta una chimera per numerosi villaggi, le scuole pubbliche, improvvisate spesso sotto i tetti di lamiera, sembrano oscillare precariamente tra mancanze di libri di testo e di insegnanti.
Il maggior quotidiano al mondo d’affari e finanza sottolinea poi che latita il maggior volano dell’impresa, giacché “le banche concedono prestiti a malapena”. La Nigeria – si legge – “ha solo 20 mila mutui aperti per un Paese di 182 milioni di abitanti”.
L’inchiesta del Wsj si concentra su Lokoja, città centro-meridionale della Nigeria nella quale vivono oggi poco più di 100mila persone, ma che secondo l’Onu è “una delle città africane che supereranno il milione di abitanti nei prossimi 15 anni”. E pensare che un secolo fa, l’unica grande metropoli al di sotto del Mediterraneo era Il Cairo.
Gli economisti chiamano il rapporto ottimale tra popolazione in età produttiva e popolazione dipendente, cioè anziani e bambini, il “dividendo demografico”. Si tratta di una tendenza che nel breve periodo è estremamente favorevole. Lo testimoniano gli esempi dell’America Latina e dell’Asia, che questo fenomeno “ha spinto fuori dalla povertà”. Ora – soggiunge Hinshaw – “il prossimo candidato per quel miracolo è l’Africa”.
Miracolo che grandi organizzazioni multinazionali, nei decenni passati, hanno provato a neutralizzare. L’articolo del Wsj affronta anche il tema della pianificazione familiare, commentando come sia stata un fallimento per via della “mentalità conservatrice” degli africani.
L’autore dell’inchiesta ha avuto accesso all’archivio sulle donne che si sono sottoposte a sterilizzazione nelle cliniche gestite da queste organizzazioni nello Stato di Kano, nel Nord della Nigeria. Ebbene, in un luogo in cui la popolazione si avvicina ai 10 milioni di abitanti, il numero di donne “sterilizzate” non riempie nemmeno lo schedario di un singolo cassetto.
Quella che ha dinanzi l’Africa rappresenta pertanto una sfida poderosa. Così come finora gli africani si sono opposti alle politiche di pianificazione familiare calate dall’alto, riuscendo così ad aprire un pertugio verso l’avvenire, è oggi importante che sappiano capitalizzare il tesoro demografico che hanno costruito finora.