Le perplessità della stampa anglosassone: “Francesco non ha preso posizione contro l’omofobia in Uganda”

Il Washington Post manifesta scetticismo sull’influenza del Papa riguardo al conflitto in Centrafrica

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Il viaggio di papa Francesco in Kenya, Uganda e Repubblica Centrafricana è stato seguito con molta attenzione dalla stampa britannica e statunitense. I giornalisti anglosassoni hanno messo particolarmente in evidenza il grande successo di partecipazione popolare e le parole importanti del Pontefice contro povertà, discriminazione e corruzione, e a favore di pace, sviluppo sostenibile e riconciliazione fra culture e religioni diverse.

Un articolo di Harriet Sherwood, sul Guardian, sottolinea come Francesco sia stato il primo Pontefice, nella storia recente, a visitare una zona di guerra in occasione del suo arrivo nella Repubblica Centrafricana, paese dilaniato da un conflitto interno etnico e religioso (cristiani contro musulmani) che va avanti da due anni. Il Papa si è presentato come “pellegrino della pace e apostolo della speranza” e ha invitato le persone a “non arrendersi alla tentazione della paura degli altri, di chi ha diverse idee politiche o appartiene a una diversa confessione religiosa”. Il quotidiano britannico precisa come la popolazione ritenga che “banditi e guerriglieri, che non ascoltano i politici, ascolteranno invece il Papa”.

Un altro articolo del Guardian, firmato da Alon Mwesigwa, ha invece criticato Francesco per non aver preso posizione contro le leggi omofobe che il presidente dell’Uganda, Yoweri Museveni, vorrebbe reintrodurre nel proprio paese dopo averle fatte approvare e cancellare nell’arco di un anno. Si tratta di provvedimenti che “costringono i cittadini a denunciare alla polizia qualunque attività omosessuale certa o anche sospetta, aumentando così pregiudizi, violenze e discriminazioni contro la comunità gay”. “Nonostante le speranze degli attivisti Lgbt – conclude Mwesigwa – il Papa non ha menzionato le persecuzioni contro gli omosessuali nei suoi discorsi e nelle sue omelie”.

Il sito web del Telegraph ha dato particolare attenzione alla visita nella Repubblica Centrafricana, dove il Pontefice “ha esortato le fazioni in guerra a deporre le armi, portando così un messaggio di pace in una terra devastata e insanguinata dalle violenze settarie”. Il quotidiano britannico ha inoltre sottolineato l’altissima partecipazione popolare, soprattutto di giovani e bambini, alla visita di Francesco e la potenza della sua decisione di avviare simbolicamente il Giubileo straordinario della misericordia aprendo la porta della cattedrale nella capitale Bangui. Una scelta ricaduta sul “continente della speranza” per una cerimonia che “era sempre avvenuta nei quartieri generali della Chiesa a Roma o in Vaticano”.

“Ricordate i poveri, rispettate i giovani, proteggete i nascituri”, questa la sintesi, secondo il New York Times, dei pensieri espressi dal Papa nel suo viaggio in Kenya, una visita in cui Francesco è stato “portatore di un messaggio di umiltà”. Secondo l’articolo firmato da Jeffrey Gettleman, “le centinaia di migliaia di keniani che hanno seguito il Pontefice hanno visto in lui qualcosa di diverso, qualcosa che porta speranza, perdono e la sensazione che chiunque sia il benvenuto”. Il Papa ha parlato inoltre di degrado ambientale, contrabbando di diamanti e caccia di frodo all’avorio. “Un pianto sta arrivando sempre più forte dall’umanità e dalle viscere della Terra stessa – ha dichiarato Francesco – un pianto che deve essere ascoltato dalla comunità internazionale”.

In un altro articolo Gettleman racconta la visita del Pontefice ai bassifondi di Nairobi, dove “ha camminato lentamente, circondato da centinaia di bambini che vivono nelle baracche”. Il Papa “ha criticato duramente quelle che ha definito nuove forme di colonialismo, che rendono gli africani ingranaggi di una ruota gigante”. Bergoglio ha definito le baraccopoli “ferite inflitte dalle elite”. “. “ite inflitte dalle elite”accopoli “colonialismo  vivono nelle baracche”di di Nairobifrodo all’ancesco è stato “‘dee politicheE come posso non denunciare la vostra sofferenza?”, ha dichiarato.

Il quotidiano statunitense traccia infine un bilancio complessivo del viaggio africano del Pontefice, in un pezzo firmato da Somini Sengupta. L’articolo elogia Francesco per gesti significativi come la passeggiata nei bassifondi della capitale keniana e la visita in una moschea di Bangui, dove ha dichiarato che “cristiani e musulmani sono fratelli”. L’editorialista sottolinea anche il valore delle sue parole contro la corruzione.

Allo stesso tempo però Sengupta scrive: “Ciò che Bergoglio non ha detto è altrettanto significativo. La Chiesa cattolica romana in Africa è potente e sempre più conservatrice. Così Francesco non si è espresso sulla repressione contro gli omosessuali in Uganda, nonostante le speranze dei sostenitori dei diritti umani. Non ha detto nulla riguardo i matrimoni infantili, che sono eccezionalmente alti nell’Africa subsahariana, né sul perché così tante donne continuino a morire di parto”.

“Sul volo di ritorno verso Roma – ha concluso Sengupta – il Pontefice ha provato a deviare la questione se la Chiesa debba cambiare la propria posizione sull’uso del preservativo per limitare la diffusione dell’Hiv”. “Non mi piace parlare di problemi e riflessioni così tecniche quando le persone muoiono perché non hanno cibo, acqua o una casa”, ha dichiarato Francesco.

Restando sull’altra sponda dell’Atlantico, il Washington Post si è concentrato su come la visita del Papa possa migliorare la situazione nella Repubblica Centrafricana. Secondo un articolo di Kevin Sieff, “nonostante Francesco abbia attirato l’attenzione dei leader cristiani e musulmani del paese, la loro influenza sui combattenti è limitata”. Questo sarebbe dimostrato “dall’uccisione di tre giovani non lontano dal palazzo presidenziale di Bangui”, proprio nei giorni della visita papale. “Non credo che i gruppi armati cesseranno il fuoco solo perché il Papa glielo ha chiesto – ha dichiarato Lews Mudge, ricercatore dell’Osservatorio dei diritti umani – ma almeno la presenza del Pontefice ha portato l’attenzione della comunità internazionale sulla Repubblica Centrafricana in un momento decisivo”.

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Alessandro de Vecchi

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