Kobe Bryant

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Kobe Bryant: l’addio di un gigante

Il fuoriclasse dei Lakers ha umilmente accettato il suo declino atletico, tributando un immenso amore al basket

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Caro basket, 

dal momento in cui ho cominciato ad arrotolare i calzini di mio padre e a lanciare immaginari tiri della vittoria nel Great Western Forum ho saputo che una cosa era reale: mi ero innamorato di te.

Un amore così profondo che ti ho dato tutto dalla mia mente al mio corpo dal mio spirito alla mia anima. Da bambino di 6 anni profondamente innamorato di te non ho mai visto la fine del tunnel. 

Vedevo solo me stesso correrne fuori. E quindi ho corso. Ho corso su e giù per ogni parquet dietro ad ogni palla persa per te. Hai chiesto il mio impegno ti ho dato il mio cuore perché c’era tanto altro dietro.

Ho giocato nonostante il sudore e il dolore non per vincere una sfida ma perché TU mi avevi chiamato. Ho fatto tutto per TE, perché è quello che fai quando qualcuno ti fa sentire vivo come tu mi hai fatto sentire.

Hai fatto vivere a un bambino di 6 anni il suo sogno di essere un Laker e per questo ti amerò per sempre. Ma non posso amarti più con la stessa ossessione. Questa stagione è tutto quello che mi resta. Il mio cuore può sopportare la battaglia la mia mente può gestire la fatica ma il mio corpo sa che è ora di dire addio.

E va bene. Sono pronto a lasciarti andare. E voglio che tu lo sappia così entrambi possiamo assaporare ogni momento che ci rimane insieme. I momenti buoni e quelli meno buoni. Ci siamo dati entrambi tutto quello che avevamo. 

E sappiamo entrambi, indipendentemente da cosa farò, che rimarrò per sempre quel bambino con i calzini arrotolati bidone della spazzatura nell’angolo 5 secondi da giocare. Palla tra le mie mani. 5… 4… 3… 2… 1… Ti amerò per sempre,

Kobe

***

Con questa romantica e struggente lettera d’amore Kobe Bryant, l’autodefinitosi Black Mamba, star dei Los Angeles Lakers, ha annunciato ieri sul sito The Players Tribune il ritiro dal basket NBA a fine stagione. Kobe Bryant è cresciuto cestisticamente in Italia al seguito del padre Joseph giocatore professionista tra Rieti, Reggio Calabria, Pistoia e Reggio Emilia. Tornato in USA per vincere il titolo statale della High School Kobe diventa professionista in NBA senza passare per il college. Poi il sogno si avvera con l’arrivo ai LA Lakers squadra con la quale vince 5 titoli NBA.

Il 22 gennaio 2006 stabilisce il secondo miglior punteggio di tutti i tempi in una singola partita segnando 81 punti contro i Toronto Raptors. Con la Nazionale statunitense ha partecipato ai FIBA Americas Championship 2007, ai Giochi olimpici di Pechino 2008 e di Londra 2012, vincendo la medaglia d’oro nelle tre manifestazioni. Una vita di successi, di sacrifici, di luci… molte, di ombre… poche: sola macchia importante un’accusa di violenza sessuale nel 2003. Poi solo record e il complimento di Magic Johnson che di lui diceva: “…la cosa più vicina a Michael Jordan”.

E soprattutto una vita dedicata allo sport. In questa dichiarazione d’amore troviamo molte delle componenti fondamentali dello sport… nel bene e nel male.

Un primo momento è caratterizzato dalla fantasia e dal sogno: l’immaginazione del tiro della vittoria ed il sogno di essere un campione, che fanno scattare l’amore. Su un piano psicobiologico il bambino apprende un movimento imitandolo ed immaginandolo tutti i giorni, meglio se il rispecchiamento è fatto su una figura genitoriale.

È il sistema dei neuroni specchio, un gruppo di cellule nervose localizzate nella corteccia prefrontale che è insieme responsabile dell’apprendimento motorio e dell’empatia. L’attivazione emotiva è quindi alla base dell’apprendimento. Per questo, i bambini deprivati delle relazioni affettive sviluppano deficit cognitivi e ritardi psicomotori. Una volta che l’emozione ha determinato l’apprendimento lo sport richiede dedizione ed impegno, di corpo, mente, spirito ed anima.

Corpo e mente per realizzare il gesto tecnico e programmare tattiche e strategie di gioco, spirito ed anima per incarnare i valori dello sport. Ma un grande amore richiede anche il sacrificio, il sudore ed il dolore fino a diventare un’ossessione ed un tunnel di cui a stento si vede la fine. Un tunnel che fa sentire vivi e che è difficile da abbandonare, una dipendenza dalla quale è difficile liberarsi, perché prende mente, corpo ed anima. Siamo abituati a pensare che si dipenda da sostanze o situazioni dannose. In realtà si dipende soprattutto da “cose buone”: gli affetti, il lavoro, le passioni, il cibo, i comportamenti ripetitivi… e quando queste cose ci vengono meno rischiamo di perdere la nostra identità. 

Kobe Bryant ha accettato il declino fisico degli anni di agonismo ed il logorio della concentrazione mentale. Ha tenuto il basket ed i suoi fedelissimi tifosi attaccati alle sue gesta di campione, ora è giunto il momento dell’addio, di staccare il basket dal suo mito ed il suo corpo, la sua mente e il suo spirito dal basket. Un’ultima grande emozione ha attraversato l’anima dei suoi tifosi che hanno trovato la lettera di addio su ciascuno dei seggiolini dello Staples Centre di Los Angeles: ciao Black Mamba, serpente veloce, il basket, lo sport e noi tutti ti siamo riconoscenti.

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ZENIT Staff

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