Le nomine di Vallejo Balda e Chaouqui? Un errore. La lotta alla corruzione? Lavoro già iniziato da Ratzinger. La stampa? Denunci la corruzione ma sia professionale, non diffamatoria. L’Aids in Africa? Ci sono problemi più gravi. La guerra? Un affare di soldi e potere. I problemi climatici? Serve cambiamento, siamo sull’orlo del suicidio. L’Africa? Una bella sorpresa… Di spunti ce ne sono – e neanche pochi – nella intervista che Papa Francesco concede, come consuetudine, ai 74 giornalisti che lo accompagnano sul volo Bangui-Roma.
Intervista che, in un primo momento, sembrava venisse sostituita con un breve saluto del Pontefice, forse per evitare di entrare nel merito del processo del cosiddetto Vatileaks 2, tuttora in corso. Invece Francesco è partito proprio da lì, parlando di questo secondo nuovo caso di fuga di documenti riservati e arrivando a dire, senza troppi giri di parole – come da sempre gli è più consono – che la nomina del monsignore spagnolo e della pr calabro-marocchina alla Cosea “è stato un errore”.
Vatileaks. Nomina Balda e Chaoqui a Cosea, un “grave errore”
“Vallejo – ha spiegato il Papa – è entrato per la carica che aveva e che ha avuto fino ad ora: era il segretario della Prefettura degli Affari economici. Come è entrata lei? Non sono sicuro, ma credo di non sbagliare se dico che è stato lui a presentarla come una donna che conosceva il mondo dei rapporti commerciali. Hanno lavorato e quando è finito il lavoro, i membri della Cosea sono rimasti in alcuni posti in Vaticano. La signora Chaouqui non è rimasta in Vaticano: alcuni dicono che si è arrabbiata per questo. I giudici ci diranno la verità sulle loro intenzioni, come l’hanno fatto. Per me non è stata una sorpresa, non mi ha tolto il sonno, perché hanno fatto vedere il lavoro che si è cominciato con la commissione dei nove cardinali, quello di cercare la corruzione e le cose che non vanno”.
Il lavoro di Ratzinger contro la “sporcizia” della Chiesa
Parlando di corruzione, in Francesco si risveglia la memoria di quei 13 giorni antecedenti alla morte di san Giovanni Paolo II, quando, durante una indimenticabile Via Crucis, l’allora cardinale Ratzinger parlò della “sporcizia” della Chiesa. Un ricordo vivido e grato del Papa al suo predecessore: “Lui ha denunciato per primo”, afferma. “Noi lo abbiamo eletto per questa sua libertà di dire le cose. È da quel tempo che è nell’aria che in Vaticano c’è corruzione”.
“L’opera di pulizia va avanti!”
In ogni caso, “ringrazio Dio che non ci sia più Lucrezia Borgia!”, aggiunge Bergoglio. “Dobbiamo continuare con i cardinali e le commissioni l’opera di pulizia”. In quanto al processo, “non ho letto le accuse concrete…- spiega il Papa – dovrebbe finire prima del Giubileo, ma credo che non si potrà fare perché vorrei che tutti gli avvocati della difesa abbiano il tempo di svolgere il loro lavoro e che ci sia libertà di difesa”.
Disinformazione, calunnia, diffamazione: tre effetti che attentano alla professionalità della stampa
Un monito va anche alla stampa che, “libera, laica e anche confessionale”, deve comunque essere “professionale”. “L’importante – dice il Pontefice – è che siano professionisti e che le notizie non vengano manipolate. Per me è importante perché la denuncia delle ingiustizie e delle corruzioni è un bel lavoro. La stampa professionale deve dire tutto, ma senza cadere nei tre peccati più comuni: la disinformazione, cioè dire solo metà della verità e non l’altra; la calunnia, quando la stampa non professionale sporca le persone; la diffamazione, che è dire cose che tolgono la reputazione a una persona”. Inoltre “un vero giornalista professionista, se sbaglia chiede scusa”.
“L’Africa? Tanta sofferenza, ma anche una grande sorpresa”
Con uno sguardo sempre fisso sull’attualità, Papa Francesco ripercorre poi il suo viaggio appena concluso in Kenya, Uganda e Repubblica Centrafricana. Quindi il “grande dolore” provato tra la gente povera dello slum Kangemi o nell’ospedale pediatrico, l’unico di Bangui e del paese, dove “in terapia intensiva perché non hanno l’ossigeno, c’erano tanti bambini malnutriti”. Ma anche l’enorme “gioia” e “sorpresa” nel vedere “la folla… quella folla, quella capacità di festeggiare, di far festa pur avendo lo stomaco vuoto”. “Si sono sentiti ‘visitati’, hanno un senso dell’accoglienza molto grande…”, osserva il Papa. Ognuno con una sua “identità”: il Kenya “un po’ più moderno e sviluppato”; l’Uganda con la sua eredità dei martiri; la Repubblica Centrafricana con la sua “voglia di pace, riconciliazione, perdono”.
L’Africa è una vittima
In generale, l’Africa rimane comunque una “vittima”, denuncia il Santo Padre. “L’Africa è sempre stata sfruttata da altre potenze” che “cercano solo di prenderne le grandi ricchezze, ma non pensano di aiutare a crescere i Paesi, a far sì che tutti possano lavorare”. L’Africa è “martire dello sfruttamento. Quelli che dicono che dall’Africa vengono tutte le calamità e tutte le guerre non conoscono bene il danno che fanno all’umanità certe forme di sviluppo. E per questo io amo l’Africa, perché è stata una vittima di altre potenze”. Ci tornerà?, gli viene domandato. “Non lo so”, risponde Jorge Mario Bergoglio, “io sono anziano, i viaggi sono pesanti!”.
Confermato viaggio in Messico. Il desiderio di visitare l’Armenia
Intanto sono già in programma le date in Messico, anche se “non ancora precise”. “I viaggi alla mia età non fanno bene, lasciano traccia”, ironizza il Papa, spiegando comunque di recarsi in Messico anzitutto per visitare “la Madre dell’America” (la Madonna di Guadalupe, ndr), poi “tre o quattro città che non siano mai state visitate dai Papi”: Chiapas, Morelia e Ciudad Juarez. Desiderio di Bergoglio sarebbe di visitare anche l’Armenia, in occasione del 101° anniversario del Metz Yeghern, il genocidio che colpì la popolazione un secolo fa. “L’anno scorso ho promesso ai tre patriarchi di andare. La promessa c’è”.
La guerra, un affare di interessi, dove dietro ci sono soldi e potere
Il problema è che “poi arrivano le guerre”, spiega tuttavia il Papa, commentando la recente crisi tra Russia e Turchia. Le guerre, sottolinea, “vengono per ambizione. Non parlo di quelle fatte per difendersi giustamente da un’ingiusta aggressione. Le guerre sono una industria, nella storia abbiamo visto tante volte che un Paese con il bilancio che non va bene decide di fare una guerra e così mette a posto il bilancio. La guerra è un affare. I terroristi, loro fabbricano le armi? Chi dà loro le armi? C’è tutta una rete di interessi, dove dietro ci sono i soldi, o il potere”.
“Noi da anni siamo in una guerra mondiale a pezzi e ogni volta i pezzi sono meno pezzi e sono sempre più grandi”, osserva ancora il Pontefice. “Le guerre sono un peccato, distruggono l’umanità, sono la causa di sfruttamento, traffico di persone. Si devono fermare… Le guerre non sono di Dio, Dio è il Dio della pace, ha creato il mondo tutto bello”.
Il fondamentalismo non è religioso, è idolatrico!
Di qui lo spunto per affrontare un altro tema spinoso: il fondamentalismo religioso che minaccia il pianeta intero, come hanno dimostrato gli ultimi attentati di Parigi. Il fondamentalismo, spiega il Papa, è “una cosa cattiva”, una “malattia” che “c’è in tutte le religioni”. “Anche noi cattolici ne abbiamo alcuni – tanti – che credono di avere la verità assoluta e vanno avanti sporcando gli altri con la calunnia, la diffamazione, e fanno male”. Pertanto si deve “combattere” il fondamentalismo religioso, semplice
mente perché “non è religioso, manca Dio, è idolatrico”.
Religiosi in politica? Meglio di no
E in particolare spetta ai leader religiosi contrastarlo. Questo significa che essi “debbano intervenire di più in campo politico?”, domanda un giornalista. “Se intervenire in campo politico vuol dire fare politica, no”, replica a bruciapelo Bergoglio, “facciano il prete, il pastore, l’imam, il rabbino. Ma si fa politica indirettamente predicando i valori veri, e uno dei più grandi è la fratellanza”.
Dialogo con l’islam: “Ha valori costruttivi”
Sulla stessa scia, il Vescovo di Roma evidenzia che con l’islam “si può dialogare”, perché “loro hanno tanti valori, e questi valori sono costruttivi”. “Non si può cancellare una religione perché ci sono alcuni o molti gruppi di fondamentalisti in un certo momento della storia. È vero, le guerre tra religioni ci sono sempre state, ma anche noi dobbiamo chiedere perdono… Quante guerre abbiamo fatto noi cristiani? Il sacco di Roma non l’hanno fatto i musulmani”.
Aids in Africa: “Guerra e traffico d’armi uccidono di più”
Circa l’uso dei preservativi per combattere l’Aids, piaga estremamente diffusa in Africa, Bergoglio glissa: “Sì è uno dei metodi. La morale della Chiesa si trova in questo punto davanti a una perplessità: difendere la vita o il rapporto sessuale aperto alla vita”. Tuttavia, secondo il Papa, “non è questo il problema”; ce ne sono di più grandi come “la malnutrizione, lo sfruttamento, il lavoro in schiavitù, la mancanza di acqua potabile”. “Non parliamo se si può usare tale cerotto per una tale ferita. La grande ingiustizia è una ingiustizia sociale, la grande ingiustizia è la malnutrizione”, rimarca il Papa. “A me non piace scendere a riflessioni casistiche quando la gente muore per mancanza di acqua e per fame. Pensiamo al traffico delle armi… Questo e le guerre sono il motivo di mortalità più grande”.
Cambiamenti climatici: “Siamo sull’orlo di un suicidio…”
Di pari, brutale, realismo è il punto di vista di Francesco sulla situazione dei cambiamenti climatici, alla luce anche della Cop21 aperta ieri a Parigi. “Ogni anno i problemi sono più gravi….”, afferma, “siamo al limite di un suicidio per dire una parola forte e io sono sicuro che quasi la totalità di quelli che sono a Parigi hanno questa coscienza e vogliono fare qualcosa. L’altro giorno ho letto che in Groenlandia i ghiacciai hanno perso miliardi di tonnellate. Nel Pacifico c’è un Paese che sta comprando un altro Paese per traslocare perché entro 20 anni non ci sarà più… Ho fiducia in questa gente, ho fiducia che faccia qualcosa”.