Nuns are checked by security army upon their arrival at the St. Mary's school to attend a meeting of Pope Francis and the clergy and religious in Nairobi

ANSA

Papa a religiosi Nairobi: "Non cadere nel 'mercato' della tiepidezza. Questo fa vomitare Dio"

“Piangere, pregare, servire”, le tre parole chiave del Pontefice nell’incontro con il clero alla St. Mary School, a cui ricorda che “Dio ci ha scelti” e che “nella vita consacrata, si entra dalla porta non dalla finestra”

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Piangere, pregare, servire gli altri (e non servirsene), e mai e poi mai dimenticare Cristo crocifisso, perché un sacerdote, un consacrato, un religioso o una religiosa che fa questo vuol dire che è caduto in un “brutto peccato”, la tiepidezza. Un peccato che fa “vomitare” Dio.  A braccio, principalmente in spagnolo ma oscillando tra l’inglese e l’italiano, Francesco si mostra paterno ma incisivo con il clero di Nairobi che incontra nel pomeriggio alla St Mary’s School, istituto fondato dai Padri Spiritati che ospita al suo interno la chiesa di St. Austin. 

Nel campo sportivo il Papa abbraccia tutti i presenti, poi ascolta due testimonianze: quella di p. Felix J. Phiri Mafr, presidente della Religious Superior’Conference of Kenya (RSCK) e quella di suor Michael Marie Rottinghaus, presidente della Association of Sisterhoods of Kenya (AOSK), che raccontano il loro impegno per “promuovere instancabilmente la dignità della persona umana indipendentemente dal retroterra etnico e religioso” e anche il lavoro

per la cura della casa comune.

Un impegno, anzi un servizio, per cui il Papa esprime profonda gratitudine. “Vorrei dirvi tante cose ad ognuno di voi”, aggiunge, “però mi fa paura parlare in inglese e preferirei parlare nella mia lingua”. In spagnolo, Bergoglio affronta quindi un primo, fondamentale, punto: la vocazione. “Il Signore ci ha scelto tutti. Ha iniziato la sua opera il giorno in cui ci ha guardato dopo il Battesimo, dopo e oltre, e ha detto ‘vieni con me’. E lì ci siamo messi in fila e abbiamo iniziato il cammino. Ma il cammino l’ha iniziato lui non noi”. 

Questo non va mai dimenticato: “Nella sequela di Gesù Cristo, nel sacerdozio o nella vita consacrata, si entra dalla porta, e la porta è Cristo. È lui che comincia, che fa il lavoro”. Tuttavia, sottolinea il Papa, “ci sono alcuni che vogliono entrare dalla finestra. Questo non va bene. E se qualcuno ha qualche compagna o compagno che vuole entrare dalla finestra, abbracciatelo e ditegli che è meglio che vada via e che segua Dio da un’altra parte, perché non farà mai un’opera che Gesù ha avviato”. 

È necessaria infatti la “consapevolezza di essere persone scelte”. E anche se ci sono alcuni “che non sanno perché Dio li chiama, però sentono che Dio li ha chiamati, tranquilli! Dio vi farà capire perché vi ha chiamati”. Bisogna stare attenti invece a chi vuole seguire il Signore per qualche interesse. Un po’ come la madre di Giacomo e Giovanni che, ricorda il Pontefice, domanda: “Signore, ti voglio chiedere che quando dividi la torta puoi dare la fetta più grande ai miei figli? Che uno stia alla tua destra e una alla tua sinistra”. 

È “la tentazione di seguire Gesù per ambizione – osserva il Papa – l’ambizione del denaro, l’ambizione del potere”. Il fatto è che “nella sequela di Gesù non c’è posto per ricchezze o per essere una persona importante nel mondo”. Anzi, “Gesù lo si segue nell’ultimo passo della sua vita terrena, la croce, poi Lui si preoccupa di risuscitarti, ma fino a quel punto devi arrivarci tu”. Francesco rimarca dunque uno dei suoi cavalli di battaglia: “La Chiesa non è una azienda, né una ong, la chiesa è un mistero: il mistero dello sguardo di Gesù su ognuno che gli dice ‘Vieni’. Quindi questo è chiaro: che quelli che Gesù chiama devono entrare per la porta non dalla finestra. Poi bisogna seguire il cammino di Gesù”.

Inoltre quando Cristo ci sceglie mica “ci canonizza”, “continuiamo ad essere gli stessi peccatori” di sempre. “Se c’è qui qualcuno qualche sacerdote o religioso che non si sente peccatore alzi la mano. Tutti siamo peccatori, io per primo e poi voi. Però quello che ci porta avanti è la tenerezza e l’amore di Gesù”, afferma il Santo Padre. A tal proposito, sottopone tutti i presenti ad un test: “Vi ricordate il Vangelo in cui l’apostolo Giacomo ha pianto? No! E quando ha pianto l’apostolo Giovanni? No! E quando ha pianto qualcun altro degli apostoli? No! Uno solo dice il Vangelo che ha pianto, colui che si è reso conto che era peccatore. Era così peccatore che aveva tradito il Signore e quando si è reso conto di questo ha pianto. Poi Gesù l’ha fatto Papa. Chi lo capisce a Gesù? È un mistero!”.

Tutto per dire che i consacrati non devono mai “smettere di piangere”, perché “quando un sacerdote, un religioso o una religiosa si asciugano le lacrime c’è qualcosa che non funziona”. Bisogna piangere, ribadisce il Papa, “piangere per le proprie infedeltà, per il dolore del mondo, per la gente scartata, per i vecchietti abbandonati, per i bambini assassinati, per le cose che non capiamo”. Piangere “quando ci chiedono perché?”. “Nessuno di noi ha tutte le risposte ai perché”, ammette Francesco, “ogni volta che saluto un bambino che ha un cancro o una malattia rara mi chiedo perché quel bambino soffre e io non ho la risposta a questo, solo guardo a Gesù sulla croce. Ci sono situazioni nella vita che ci portano a piangere guardando Gesù sulla croce e questa è l’unica risposta a certi dolori, a certe situazioni della vita”.

“Ricordatevi di Cristo crocifisso”, esortava infatti San Paolo. Nel senso che “quando un consacrato, un sacerdote, un religioso si dimentica di Cristo crocifisso – poveretto! – vuol dire che è caduto in un peccato molto brutto. Un peccato che dà orrore a Dio, un peccato che fa vomitare Dio”. Il peccato, cioè, della “tiepidezza”. “Fratelli, sorelle, state attenti a non cadere nel mercato della tiepidezza”, ammonisce il Santo Padre.

E dal profondo del suo cuore chiede ai religiosi di Nairobi di non smettere mai oltre che di piangere, anche di pregare. “‘Ma padre, qualche volta è così noioso pregare, ci si stanca, si addormenta’. ‘Va bene, dormite davanti al Signore. Questo è un modo di pregare. Ma rimanete lì davanti a Lui’”. Se si lascia la preghiera, infatti, “l’anima si secca, si inaridisce come quel fico secco che è tanto brutto”. E l’anima di un religioso che non prega “è un’anima brutta”. Ognuno, pertanto, si domandi in tutta coscienza: “Io tolgo del tempo al sonno? Quanto tempo tolgo alla radio, alla tv, alle riviste per pregare o preferisco queste cose?”.

Quindi piangere e pregare. Sempre. Ma anche servire. Questa è l’ultima raccomandazione del Pontefice: “Tutti coloro che si sono lasciati scegliere da Gesù sono lì per servire il popolo di Dio – rammenta -, per servire i più poveri, i più scartati, i più lontani dalla società, i bambini e gli anziani, per servire anche le persone che non hanno coscienza della superbia e del peccato che loro stessi vivono, per servire Gesù”. 

“Lasciarsi scegliere da Gesù significa lasciarsi scegliere per servire non per essere servito”, ribadisce il Santo Padre, raccontando un aneddoto di circa un anno fa, quando, durante degli Esercizi spirituali, ogni giorno c’era un turno di sacerdoti che dovevano servire a tavola. “Alcuni di loro si lamentavano: ‘Noi noi dobbiamo essere serviti, noi abbiamo pagato per essere serviti’. Per favore mai questo nella Chiesa!”.

Poi un’altra nota personale: “Mi diceva un cardinale anziano – in effetti aveva un anno più di me – che quando lui va ai cimiteri dove ci sono missionari, missionarie, religiosi che hanno dato la loro vita, si domanda: ‘Perché questa persona non viene canonizzata domani? Visto che hanno passato la loro vita servendo”. “A me – ammette inoltre Bergoglio – mi emoziona quando saluto dopo una Messa un sacerdote una religiosa che da 30-40 anni sono in quell’ospedale, in missione in questo posto o in quell’altro. Questo mi tocca l’anima. Perché costoro hanno capito che servire Gesù è servire gli altri e non servirsi degli altri”.

A loro va un profondo “grazie”. Ma un grazie va anche tutti i presenti: “Grazie per avere il coraggio di seguire Gesù – conclude il Papa -. Grazie per ogni volta che vi sen
tite peccatori, per ogni carezza di tenerezza che date a chi ha bisogno, per tutte e volte che avete aiutato qualcuno a morire in pace. Grazie per dare speranza nella vita, e grazie perché vi siete lasciati aiutare, correggere e perdonare ogni giorno”.

 

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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