Dall’esperienza dell’allora superiore generale della Compagnia di Gesù, Pedro Arrupe, nel 1980 nacque il Jesuit Refugee Service, istituzione che ha precorso i tempi nell’accoglienza dei profughi ad ogni latitudine terrestre.
In occasione del 35° anniversario dalla fondazione, papa Francesco ha ricevuto in udienza i membri del Centro, rievocandone l’ispirazione originaria di padre Arrupe. “L’impressione e l’angoscia da lui sofferti di fronte alle condizioni dei boat people sud-vietnamiti, esposti agli attacchi dei pirati e alle tempeste nel Mar Cinese Meridionale, lo indussero a prendere questa iniziativa”, ha ricordato il Papa.
Testimone dell’esplosione della bomba atomica di Hiroshima, Arrupe ebbe a che fare con il “tragico esodo di profughi” in quell’occasione, e “vi riconobbe una sfida che i Gesuiti non potevano ignorare, se volevano rimanere fedeli alla loro vocazione”.
Il Superiore Generale dei gesuiti concepì dunque la necessità di una struttura che “andasse incontro ai bisogni sia umani sia spirituali dei rifugiati, quindi non soltanto alle loro immediate necessità di cibo e di asilo, ma anche all’esigenza di vedere rispettata la loro dignità umana ferita, e di essere ascoltati e confortati”.
Citando i dati più recenti sulle migrazioni, fenomeno “oggi drammaticamente aumentato”, con quasi 60 milioni di rifugiati nel mondo, “la cifra più alta dalla seconda Guerra Mondiale”, il Papa ha ricordato che “dietro queste statistiche ci sono persone, ciascuna con un nome, un volto, una storia, e la sua inalienabile dignità di figlio di Dio”.
Attivo in 45 paesi, il Jesuit Refugee Service ha permesso ai gesuiti di cooperare assieme numerosi laici e rifugiati, occupandosi anche di “migrazioni interne”, ha ricordato Bergoglio, menzionando in modo particolare le missioni attualmente attive in Siria, Afghanistan, Repubblica Centrafricana e nella zona orientale della Repubblica Democratica del Congo.
“Nel tempo – ha proseguito – siete sempre rimasti fedeli all’ideale di P. Arrupe e ai tre punti fondamentali della vostra missione: accompagnare, servire, difendere i diritti dei rifugiati”.
Un obiettivo importante del Jesuit Refugee Service è anche offrire “il servizio dell’educazione” ai rifugiati. Un servizio che, ha sottolineato il Pontefice, “è molto più che dispensare nozioni” ed implica il “mantenere viva la speranza” tra i migranti, “credere nel futuro e fare dei progetti” per loro, rafforzando la “fiducia in sé stessi” e mettendoli in grado di “difendere i propri diritti come singoli e come comunità”.
“Dare ai bambini un banco di scuola è il regalo più bello che possiate fare”, ha aggiunto il Santo Padre. In classe, infatti, essi guadagnano “uno spazio di libertà”, dove “vengono accuditi dagli insegnanti e sono protetti” e trovano “luoghi di condivisione, anche con bambini di culture, etnie e religioni differenti”.
In genere, ha osservato Francesco, “troppi bambini e giovani rifugiati non ricevono un’educazione di qualità” e per loro “l’accesso all’educazione è limitato”.
Anche per questo, il Jesuit Refugee Service, in occasione del Giubileo, attraverso l’iniziativa di “Educazione globale”, col motto “Mettiamo in moto la Misericordia”, ha lanciato un piano di aiuto per permettere ad altri 100mila giovani rifugiati di andare a scuola.
“Sono riconoscente per questo al gruppo di sostenitori e benefattori e al gruppo internazionale di sviluppo del Jesuit Refugee Service, che oggi si sono uniti a noi – ha commentato a tal proposito il Papa -. Grazie alla loro energia e al loro sostegno, la misericordia del Signore raggiungerà tanti bambini e famiglie nei prossimi anni”.
In conclusione, il Pontefice ha esortato gli operatori del Jesuit Refugee Service a pensare “pensate alla Santa Famiglia, la Madonna, san Giuseppe e Gesù bambino, fuggiti in Egitto per scampare alla violenza e cercare rifugio presso stranieri”, ricordando le parole di Gesù: «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt5,7).