Nel rito del consenso, durante la celebrazione del matrimonio, gli sposi leggono le seguenti parole: “Io, N., accolgo te, N., come mia sposa. Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita”. Immediatamente dopo il consenso, il sacerdote dice: “Il Signore onnipotente e misericordioso confermi il consenso che avete manifestato davanti alla Chiesa e vi ricolmi della sua benedizione. L’uomo non osi separare ciò che Dio unisce”.
Da quel momento l’uomo e la donna sono un’unica carne, uniti in un modo indissolubile. Il Signore evidenzia questo legame nel libro della Genesi: “Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne” (Gen 2,23; cfr. Mt 19,4-9). Davanti a un mistero così profondo è interessante capire come viene recepita, oggi, questa unione indissolubile del matrimonio cattolico.
Credo che a tutti sia capitato di imbattersi in situazioni nelle quali finisce una storia d’amore e di ascoltare la seguente espressione: “È finito tutto, per incompatibilità di carattere”. Ora, da un punto di vista cristiano, soffermandoci proprio su tali parole, si può davvero giustificare una simile affermazione ed essere davvero sicuri che si tratti di “incompatibilità” e non di altro?
Pensiamo al nostro rapporto con Dio. In sincerità, nessuno può negare che, per quanta buona volontà ci si metta per essere coerenti nella fede, spesso si cade nel male e si persiste in alcuni errori. Questi ultimi è come se snaturassero la nostra vita umana e la nostra dimensione spirituale. In altre parole, scegliamo il male e persistiamo in esso, perché decidiamo di vivere, per nostra volontà, in una sfera esistenziale incompatibile con quanto ci chiede Gesù. Non si vuole qui dire che la nostra natura umana e il Vangelo siano tra loro incompatibili; tuttavia, a volte, il limite umano e la fragilità sono tali che facilmente si compiono degli sbagli, vivendo secondo uno stile “difforme” rispetto alla verità del Vangelo.
Pensiamo, ora, al rapporto di Dio con noi. Nonostante il nostro atteggiamento d’incompatibilità, di non corrispondenza ai suoi desideri di bene e di amore, Gesù non cambia mai nei nostri confronti; Lui non viene meno nell’amore; non esaurisce la sua pazienza, ma ci ama sempre, donandoci la sua parola e la sua grazia. Suscita in noi il pentimento sincero con l’intento di farci entrare nuovamente nella sua amicizia per amarlo secondo verità. Un’attenzione così grande da parte di Gesù nei nostri confronti, ci svela anche il senso della frase evangelica: “Non voglio la morte del peccatore ma che si converta e viva”. Dio fa di tutto per ristabilire e rinsaldare la nostra comunione con Lui. Non si ferma neanche davanti al nostro peccato.
Tornando alla questione iniziale dell’indissolubilità del matrimonio, allora, la questione va affrontata non solo dal punto di vista degli effetti legati al sacramento, ma anche in base alle condizioni precise da vivere affinché questa indissolubilità sia custodita. Prima di tutto, occorre sapere che, quando Dio agisce a favore dell’uomo, impegna se stesso, è fedele alla sua parola e, per la forza creatrice della sua grazia, lascia nell’uomo la traccia indelebile della sua azione divina. Nel matrimonio, Dio, attraverso il rito del consenso, è chiamato in causa; dunque, egli agisce perché s’impegna in “prima persona”, dunque crea, trasforma, rinnova in modo incancellabile l’uomo, secondo quanto il sacramento attua. Questo significa che quanto Dio, in quel momento, crea negli sposi non può essere ritenuto qualcosa di superfluo o di modificabile nel futuro (non ci stiamo riferendo al caso in cui viene riconosciuto nullo il consenso). Una verità, questa, che può essere contemplata attraverso le parole che Dio rivolge al popolo, quando definisce tale unione come un patto sacro, quasi un unico soffio vitale (Mal cfr. 2,14-16). Il legame tra l’uomo e la donna, l’essere una sola carne, trasforma i due in una realtà indissolubile, mai suscettibile di “modifica”.
A questo punto sembra di sentire la frequente domanda: “…ma se due persone non vanno d’accordo?”. Cerchiamo di rispondere anche a questo interrogativo da un punto di vista logico e teologico. Partiamo, per prima cosa, dal fidanzamento. Esso rappresenta un tempo favorevole attraverso il quale due persone hanno la possibilità di conoscersi in modo adeguato. Ancor prima del “grande passo”, tale conoscenza fa sì che ciascuno prenda consapevolezza della varietà dei modi di essere di entrambi, modi legati al carattere, alla sensibilità, ai doni, agli orientamenti culturali. Tali caratteristiche specifiche dell’identità di ciascuno potrebbero, apparentemente, rientrare nella sfera delle “incompatibilità”, ma se sono orientate verso un cammino condiviso di fede e se vissute in un amore vero e rispettoso, rappresenteranno il terreno su cui edificare l’amore e trovare il giusto equilibrio nel rapporto sponsale. Questo principio vale, non solo per il fidanzamento, ma anche, in special modo, per il sacramento del matrimonio.
Le vere incompatibilità, invece, sono quelle che nascono da un rapporto fondato sull’assoluta assenza di principi morali, sulla mancanza di motivazioni spirituali, sull’effimero e non su fondamenti solidi di verità. Non sono incompatibili i modi di essere delle persone che, come si diceva prima, sono in ognuno specificità personali; sono incompatibili quei comportamenti mai corretti che si manifestano in mancanza di rispetto e, il più delle volte, sfociano in atteggiamenti violenti, di dominio, d’infedeltà, rendendo così inconciliabile una relazione. Tali comportamenti mutano la vita matrimoniale in una sofferta convivenza, per la semplice ragione che l’unione, derivante dal sacramento, non è alimentata dalla preghiera, dalla fede, non è sostenuta dalla grazia di Dio. Se il sacramento del matrimonio ha il suo fondamento nella Parola di Dio e nella divina grazia, si comprende bene che non potrà mai reggersi un rapporto di coppia basato unicamente sulle forze umane, privo di “quel terreno” essenziale, trascendente, su cui esso si edifica.
Indissolubilità, pertanto, significa credere che con la grazia di Dio è possibile vivere il matrimonio nella fedeltà, nella santità, superando ogni ostacolo. Vivere come una sola carne significa saper guardare al matrimonio con occhi di fede, riconoscendolo come l’espressione storica di quella comunione trinitaria che fa del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo un’unità eterna. Indissolubilità significa manifestare al mondo, attraverso l’amore degli sposi, il legame inscindibile tra Cristo e la sua Chiesa, un legame vitale che non verrà mai meno. Indissolubilità significa ancora fedeltà e dono reciproco degli sposi che devono prendere forza dall’Eucaristia e luce da una guida spirituale. Il sacramento del matrimonio, quindi, tramite la sua indissolubilità, è chiamato a rivelare una profonda ricchezza spirituale e, proprio, l’amore autentico dei coniugi, vissuto in Cristo, potrà dare alla società un volto nuovo.