Avere gli stessi sentimenti di Cristo, attraverso una convinta devozione al suo Cuore trafitto; valorizzare il sacerdozio ministeriale, “amato, implorato e aiutato in tutte le forme possibili”; riparazione e immolazione “nascosta, silenziosa, costante per la fedeltà e la santità dei sacerdoti”. Su questi tre pilastri si basava tutta la spiritualità di Maria Teresa Casini, fondatrice della congregazione delle suore oblate del Sacro Cuore di Gesù, beatificata stamane a Frascati dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi.
Sin da bambina Maria Teresa, nata a Frascati il 28 ottobre 1864, sentì la vocazione alla vita religiosa, nonostante la famiglia fosse di agiata condizione economica visto che il papà Tommaso ingegnere era direttore di una fornace per la cottura dei mattoni. La mamma Melania, infatti, “piuttosto vanitosa”, prospettava per la sua piccola un buon matrimonio. Il padre, invece, “uomo pio e devoto”, volle formare la figlia cristianamente, accompagnandola anche in chiesa a pregare o dandole in mano dei soldi da consegnare ai poveri.
Il giorno del battesimo della bambina – ha ricordato il cardinale Amato – Tommaso Casini “invitò i poveri della città, ai quali elargì una generosa elemosina di denaro. Questo gesto di carità rimase per sempre impresso nella memoria di Teresa, che, crescendo, diventò sempre più generosa verso i bisognosi ai quali dava quanto aveva di suo, in silenzio e con discrezione”. Fu il padre per tutti gli anni dell’infanzia e della giovinezza il punto di riferimento della fanciulla, diventando per lei “padre, amico, educatore”. La sua morte, nel 1874, fu dunque una gravissima tragedia che lasciò la ragazza in uno stato di profonda prostrazione. La famiglia da Frascati si trasferì poi a Grottaferrata, dove fu accolta con bontà dai nonni materni, anch’essi economicamente agiati.
La fede eucaristica è stata “la leva della sua esistenza”, ha detto il porporato. Fin da piccola, infatti, era stata “un’adoratrice dell’Eucaristia, trascorrendo alcune ore del pomeriggio ai piedi del tabernacolo”. Ciò “permetteva al suo cuore di staccarsi dalla vanità delle giovani della nobiltà, rinunciando agli agi della sua condizione sociale e rifiutando gioielli e accessori alla moda”.
Entrata in monastero, il noviziato di Teresa fu travagliato: abbandonò la clausura per motivi di salute e il suo padre spirituale, l’abate Pellegrini, le trovò un gruppo di donne in cui poteva vivere momentaneamente da laica consacrata in una casa privata, praticando le preghiere. Obbedì, come sempre faceva. Divenne poi, l’animatrice di un gruppo di donne che scelsero di sottrarsi al mondo e chiamarsi le “Vittime del Sacro Cuore”.
“Teresa, infatti – ha raccontato il cardinale – meditava sempre più spesso la Passione del Signore, le sofferenze del Suo Cuore trafitto dai peccati degli uomini. Da piccola suora che era, non poteva che pregare e cercare di farsi carico di un po’ di quelle sofferenze, cercando di portare a Lui nuove anime. Così, nel 1910, le religiose abbandonarono la clausura per l’apostolato attivo e divennero le Oblate del Sacro Cuore di Gesù”.
La loro missione principale fu quella di “curare il fiorire delle vocazioni tra i fanciulli”, perciò nacquero i Piccoli Amici di Gesù, ovvero collegi e preseminari che avevno lo scopo di “preservare e coltivare” la vocazione dei giovani che il Signore chiamava al suo servizio. Tutto l’apostolato della nuova Beata si basava su una ragione: “Dare alla Chiesa santi sacerdoti”. Lei aveva intravisto per tempo “la carenza delle vocazioni sacerdotali, affrontandola con coraggio e concretezza e proponendosi di donare alle diocesi molti e santi sacerdoti, rinnovati dal fuoco della Pentecoste”.
Questa “coraggiosa e profetica pedagogia vocazionale” – ha detto Amato – fu attuata da Maria Teresa “con una materna disponibilità alla voce del Signore, con una preghiera assidua e fiduciosa e con una sorprendente creatività”. La sua carità e generosità la spinsero a occuparsi anche dell’assistenza dei sacerdoti anziani, ammalati, poveri e infedeli.
Dai frequenti e intensi colloqui eucaristici la Beata fu infatti “ispirata a consolare il Sacro Cuore di Gesù, ferito da quanti lo offendevano e soprattutto dalle spine dei sacerdoti che non corrispondevano alla loro vocazione”. Voleva quindi “sacerdoti santi, in modo che non fossero una spina sanguinante nel Cuore di Gesù”. Oltre all’aiuto spirituale, offriva anche aiuto materiale, donando ai preti bisognosi vestiti, denaro, biancheria, medicine. “Desiderava che i piccoli seminaristi fossero trattati bene e che il cibo fosse sano e abbondante”, ha ricordato il porporato, sottolineando che ancora oggi è questo lo scopo principale dell’Istituto.
Le suore Oblate, infatti, “provvedono all’assistenza dei sacerdoti in cura d’anime, dei sacerdoti malati, anziani e abbandonati”. Le loro opere educative in favore dei poveri e delle giovani donne sono diffuse in Italia, negli Stati Uniti d’America, in Brasile, India, Guinea Bissau, Perú, prestando servizio negli orfanotrofi e nelle parrocchie.
Un’opera grandiosa che tuttavia Maria Teresa non riuscì a vedere; neppure – ha detto Amato – riuscì ad assistere all’ordinazione sacerdotale del primo bambino che preparò al seminario perché morì nel 1937, un anno prima che egli prendesse i voti e celebrasse la sua prima Messa.
[S.C.]