“Sono passati 20 anni e dobbiamo constatare che nel nostro Paese cultura antropologica e cultura giuridica non sono state avare nel continuare a minacciare seriamente la vita umana”. Si sviluppa a partire da questa amara riflessione l’intervento di don Carmine Arice, direttore dell’Ufficio Cei per la pastorale della salute, durante il convegno Il Vangelo della vita per un nuovo umanesimo – Sfide e prospettive a 20 anni dalla pubblicazione dell’Evangelium Vitae, che si è aperto questa mattina a Roma per iniziativa del suddetto Ufficio Cei in collaborazione con diverse associazioni cattoliche del settore.
Don Arice rammenta la denuncia di Papa Francesco, pronunciata fin dai primi giorni di pontificato, di “una grave crisi antropologica origine e causa della cultura dello scarto” che “tende a diventare mentalità comune, che contagia tutti”, perché “la vita umana, la persona non sono più sentite come valore primario da rispettare e tutelare, specie se è povera o disabile, se non serve ancora – come il nascituro –, o non serve più – come l’anziano”. Come non essere preoccupati, poi – esclama il capo ufficio Cei – “della crescente difficoltà che hanno le persone più indigenti e povere del nostro Paese ad accedere alle necessarie cure sanitarie”.
Annuncia quindi di voler arrivare, entro questa sera, “ad avere elementi per la stesura di un Manifesto per la Vita che impegni tutti noi e in particolare gli operatori sanitari e pastorali, ad andare oltre la denuncia, pur necessaria e doverosa, e raccogliere indicazioni utili a promuovere percorsi concreti di accompagnamento delle persone fragili e delle situazioni a rischio, riaffermando, così, il valore della vita in tutte le sue fasi”.
Il tutto in virtù dei moniti di San Giovanni Paolo II, nella enciclica Evangelium Vitae, “sul valore e l’inviolabilità della vita umana”, e anche della Carta degli operatori sanitari, codice deontologico per quanti esercitano la professione sanitaria in nome del Vangelo, che descrive la vocazione dell’operatore sanitario come “servizio alla vita e strumento ministeriale dell’amore effusivo di Dio.
“La presenza a questo convegno di numerosi operatori sanitari (circa 200) – osserva inoltre don Arice – testimonia la loro volontà di svolgere il lavoro richiesto con coscienza e responsabilità, in un tempo non avaro di difficoltà e di sfide sia sul fronte etico che su quello più strettamente assistenziale e terapeutico”. Nel corso dell’intervento, ricorda poi le conclusioni del Sinodo sulla famiglia appena concluso, che nella relazione finale offerta al Papa “mostra grande attenzione al tema della Vita, sia esortando alla tutela, all’aiuto e all’accompagnamento delle famiglie che hanno in casa persone fragili (anziani, persone con disabilità, malati, persone morenti…) sia denunciando le conseguenze di una rivoluzione biotecnologica nel campo della procreazione umana che ha introdotto la possibilità di manipolare l’atto generativo, rendendolo indipendente dalla relazione sessuale tra uomo e donna”.
“Anche il nostro Convegno – aggiunge il direttore dell’Ufficio Cei per la pastorale della salute – non si propone tanto di ricordare i contenuti della Enciclica Evangelium vitae, spero adeguatamente conosciuti da quanti operano nel mondo sanitario con spirito evangelico e coscienza cristiana, quanto piuttosto di offrire attraverso le riflessioni dei relatori e le testimonianze alla tavola rotonda, concreti orientamenti per promuovere oggi, nei contesti attuali, una cultura della vita e per la vita, senza la quale il mondo non può conoscere né giustizia, né pace”.
L’altro versante che orienta i lavori del convegno di oggi è poi la celebrazione del Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze, il mese prossimo, sul tema “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. “Riconoscendo la centralità della questione antropologica nel dibattito culturale e nell’agire politico e sociale, l’odierna riflessione vuole essere un piccolo (ma speriamo utile) contributo al cammino intrapreso da tempo dalla Chiesa italiana in preparazione all’assise fiorentina”, sottolinea don Arice.
Richiama quindi la prolusione all’ultimo Consiglio permanente, svoltosi sempre a Firenze, nel settembre scorso, nella quale il cardinale presidente Angelo Bagnasco ha sottolineato che la promozione della cultura della Vita, presuppone “una visione antropologica vera e completa, aperta alla trascendenza, alla relazione e alla unitarietà della persona”, mentre “la distorsione antropologica porta a uno squilibrio sempre più vasto nelle relazioni con gli altri, con l’ambiente e con il mondo, con la vita”.