Fedeltà nel servizio, speranza che vengano dichiarati beati e santi i martiri cristiani in Medio Oriente, diaspora dei caldei dalla propria terra e necessità di sviluppare una “pastorale dell’emigrazione”. Intorno a questi punti si è snodato il discorso che Louis Raphael I Sako, Patriarca di Babilonia dei Caldei, ha rivolto a papa Francesco, nel corso dell’Udienza particolare che il 26 ottobre quest’ultimo ha concesso ai partecipanti al Sinodo caldeo.
Sako ha ricordato – come riporta il sito Baghdadhope – che “è un tempo forte per la nostra Chiesa e d’incoraggiamento nella drammatica situazione in cui viviamo insieme ai nostri fedeli perseguitati, scacciati e derubati di tutto, a motivo della nostra fede in Cristo”. In questa situazione – ha aggiunto il Patriarca – “noi sentiamo sempre la Sua vicinanza, la Sua preghiera e i suoi appelli, e recentemente il 9 ottobre durante il Sinodo, l’ha espresso con l’affetto di Padre che soffre per i suoi figli. Grazie di cuore Santità. Auspichiamo ed attendiamo la Sua visita quando sarà possibile per confermarci più nella nostra fedeltà al Cristo e darci conforto e speranza”.
Il Patriarca ricorda quindi la “fedeltà” dei pastori caldei “nel servire tutti senza distinzione fino alla fine e con grande amore e dedizione. Siamo consapevoli dei rischi, ma la nostra fede ci dona il coraggio di continuare a sperare e amare. Dobbiamo avere il coraggio di nostro Padre Abramo che sperò contro ogni speranza”.
Un passaggio del suo discorso è dunque dedicato al martirio. “La nostra Chiesa è apostolica non solo perché è stata fondata dagli apostoli, ma perché è martire come lo è stata la Chiesa primitiva degli apostoli – afferma il Patriarca -. Seguendo l’esempio dei nostri martiri iracheni, che non possiamo certo dimenticare, noi troviamo la forza di perseverare, sperando in un cambiamento dei cuori di tutti gli uomini, là dove germoglia la Grazia divina ci sarà un futuro migliore per tutti”. Di qui la speranza affinché “un giorno vengano dichiarati beati e santi tutti coloro che sono stati uccisi per la fede, il vescovo Raho ed i sacerdoti come Raghid e gli altri, con i laici”.
Persecuzione dei cristiani che in Medio Oriente è un ricorso storico. “I cristiani del Medio Oriente sempre sono stati sottoposti a pressioni e nulla lascia pensare che presto troveranno la pace – commenta amaro Sako -. La tolleranza di cui si parla non significa per nulla libertà e uguaglianza. Tolleranza è un termine peggiorativo. Vogliamo vivere nel nostro Paese e nella nostra terra, senza distinzione tra una maggioranza e una minoranza, ma come cittadini che hanno i loro diritti e doveri, sia che siano cristiani o musulmani, e di lavorare per il consolidamento dei valori di libertà e dignità, unità e la sovranità”.
Ricordando il “ruolo cruciale” della Santa Sede in questo contesto, Sako propone al Papa “di convocare i patriarchi per studiare la situazione e presentare delle prospettive pratiche per questi Paesi”. Il Patriarca caldeo afferma quindi che “i Pastori delle Chiese orientali cattoliche sui iris constatano, con preoccupazione e dolore, che il numero dei loro fedeli si riduce sui territori tradizionalmente patriarcali e, da qualche tempo, sono obbligati a sviluppare una pastorale dell’emigrazione. Sono certo che essi fanno il possibile per esortare i propri fedeli alla speranza, a restare nel loro Paese ed a non vendere i loro beni. Anche qui un patriarca come padre di un popolo e non di una terra geografica ha a cuore tutte le problematiche e le difficoltà che oggi le nostre comunità al di fuori del territorio patriarcale vivono”.