Non ha dubbi Francesco: “L’eredità che ci ha lasciato il cardinale Martini è un dono prezioso”. Lo scrive nell’appassionata prefazione – pubblicata oggi in esclusiva del Corriere della Sera – alla prima Opera omnia del confratello gesuita, ex arcivescovo di Milano, a cura di Virginio Pontiggia. Il volume, dal titolo “Le cattedre dei non credenti”, uscirà giovedì 22 ottobre per Bompiani e riunisce gli interventi della «Cattedra dei non credenti», iniziativa avviata nel 1987 che testimonia l’impegno di Martini al dialogo.
“La sua vita, le sue opere e le sue parole hanno infuso speranza e sostenuto molte persone nel loro cammino di ricerca”, scrive il Pontefice. A cominciare dall’Argentina: “Quanti di noi, alla fine del mondo, abbiamo fatto gli Esercizi spirituali a partire dai suoi testi!”, esclama il Papa. E quanti “uomini e donne di fedi diverse, non solo in ambito cristiano, hanno trovato e continuano a trovare incoraggiamento e luce nelle sue riflessioni”. È dunque una “responsabilità” valorizzare questo “patrimonio”, così che “possa ancora oggi alimentare percorsi di crescita e suscitare una autentica passione per la cura del mondo”.
In particolare il Pontefice pone in evidenza tre aspetti rilevanti della figura dell’indimenticato biblista ed esegeta: “Sinodalità, dialogo e Parola di Dio”. Martini fu molto attento “a promuovere e accompagnare all’ interno della comunità ecclesiale lo stile di sinodalità tanto auspicato dal Concilio Vaticano II”, che, da una parte, richiede “un atteggiamento di ascolto e di discernimento”; dall’altra, “la cura perché le differenze non degenerino in conflitto distruttivo”.
Il cardinale non ebbe paura “delle tensioni, o addirittura delle contestazioni”, che – sottolinea Bergoglio – “ogni spinta profetica necessariamente porta con sé”. Tanto che il suo motto episcopale era pro veritate adversa diligere. Lui – prosegue – “ha sempre cercato di disinnescarne la carica distruttiva e, con sensibilità e affetto per la Chiesa, di trasformarle in occasioni importanti di un processo di cambiamento e di crescita nella comunione”. Anche davanti a situazioni di contrasto, “ha sempre evitato la contrapposizione, che non conduce a nessuna soluzione, pensando piuttosto creativamente in termini di alternative”.
Tantomeno il card. Martini si è mai concesso “a mode o a indagini sociologiche”; a condurlo era “un’unica domanda di fondo: In che modo Gesù Cristo, vivente nella Chiesa, è oggi sorgente di speranza?”. Allo stesso tempo, “era consapevole della presenza nella Chiesa di tante sensibilità diverse a seconda dei contesti culturali, che non possono essere integrate senza un libero e umile dibattito”.
Per Martini, era necessario infatti “uno strumento di confronto universale”, perché “quando si cerca la volontà di Dio ci sono sempre punti di vista diversi e bisogna cercare spazi per ascoltare lo Spirito Santo e permettergli di operare in profondità”. È con questo “stile” pastorale e spirituale che il porporato “non ha cercato solo di coinvolgere i membri della comunità ecclesiale”, ma “anche attivamente di incontrare chi nella comunità dei credenti immediatamente non si riconosceva”.
Il secondo tratto rilevante del cardinale è infatti l’aver spinto “lo sguardo oltre i confini consolidati, favorendo una Chiesa missionaria ‘in uscita’ e non chiusa su se stessa”. Ne è prova il “modo nuovo di dialogare con il mondo contemporaneo che fu la Cattedra dei non credenti”, iniziativa che nacque dalla convinzione “che tutti, credenti e non credenti, siamo alla ricerca della verità e non possiamo dare nulla per scontato”.
“Ogni credente porta in sé la minaccia della non credenza e ogni non credente porta in sé il germe della fede – scrive il Papa – il punto d’ incontro è la disponibilità a riflettere sulle domande che tutti ci accomunano”. Lo stesso Martini “non ha mai smesso di essere un cristiano che si interrogava con onestà sulla propria fede, nella consapevolezza che questo non ostacolava, ma anzi rafforzava, il suo ministero di vescovo chiamato a pascere il gregge a lui affidato”.
Intuendo dunque “la fecondità del contributo che le comunità cristiane possono dare alla società civile oggi”, il cardinale ha testimoniato che “i principi della fede, lungi dal trasformarsi in motivo di conflitto e di contrapposizione all’ interno della convivenza civile, possono e devono risultare vivibili e appetibili anche per gli altri”.
L’ invito a “farsi prossimo” ha caratterizzato il suo magistero e “ha risuonato con forza ed efficacia all’interno della società civile e nel mondo della politica”, anche oltre gli ambiti della città di Milano. Eccoci al terzo aspetto, afferma Papa Francesco: la “familiarità” del cardinale con la Parola di Dio, che “si univa al talento pastorale di saperla comunicare a tutti, credenti e laici, intellettuali e persone semplici”.
La costante attenzione dell’arcivescovo ambrosiano al tesoro della Scrittura – evidenzia Papa Bergoglio – fa sì che le sue parole “non possono essere viste come considerazioni dettate dal buon senso o da teorie politiche” ma “esprimono tutta la ricchezza della tradizione giungendo a interpellare ogni persona e ogni popolo”. In particolare egli ha indicato “percorsi per collegare la Parola alla vita”, perché così essa potesse “divenire agente di conversione, alimentando una vita più fraterna e più giusta, impedendo di rifugiarsi all’ ombra di comode sicurezze preconfezionate”.
A proposito, il Papa ricorda l’iniziativa della «Scuola della Parola», promossa dal cardinale nell’arcidiocesi di Milano, diffusa anche in altri Paesi: ovvero “occasioni di lettura sapienziale della vita” che hanno consentito a molti, specie ai giovani, “di gustare la permanente novità che scaturisce dalla lettura del testo biblico”. Con questo approccio, il cardinale Martini ha valorizzato in modo “originale” anche la spiritualità della Compagnia di Gesù, attingendo ampiamente alla pedagogia ignaziana, in particolare agli Esercizi spirituali, “per coinvolgere nella preghiera tutte le dimensioni della persona, corporeità e affettività incluse”.
Tre aspetti riassumono, dunque, la figura del cardinale: sinodalità, dialogo e Parola di Dio. La riassumono ma certo – dice Francesco – non ne “esauriscono l’attualità”: molti altri aspetti “sarebbero da mettere in evidenza”. Per questo si dice “riconoscente” verso coloro che si impegnano nel “raccogliere, ordinare e mettere a disposizione in modo organico la grande quantità di interventi e di scritti del cardinale Martini, situandoli nel contesto storico e nelle circostanze in cui sono stati elaborati”.
A partire da questa Opera omnia, che il Pontefice auspica che possa costituire “un invito continuo a riflettere insieme sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del nostro pianeta e a cercare cammini condivisi di liberazione e di speranza”. Anche che possa essere “di grande aiuto nel nostro mondo così segnato da forze disgregatrici e disumanizzanti per ispirare una vita più ricca di senso e una convivenza più fraterna”.