Mgr. Claude Rault

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“Per amarsi occorre prima conoscersi”

In un incontro a Torino, mons. Claude Rault, missionario dei Padri Bianchi, ha presentato il suo nuovo libro Il deserto è la mia cattedrale

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“Il dialogo interreligioso si esplica nella nostra vita quotidiana perché il linguaggio dell’amicizia e dell’amore reciproco sono più forti dei singoli dogmi”. È quanto ha dichiarato giovedì 8 ottobre, monsignor Claude Rault, missionario dei Padri Bianchi e vescovo della diocesi di Laghouat-Ghardaia, in Algeria, durante un incontro a Torino.

Un’occasione per presentare il suo libro, Il deserto è la mia cattedrale (EMI), veritiera testimonianza di un vescovo la cui diocesi, nel Sahara, misura 2,5 milioni di Kmq e conta solo poche decine di cattolici.

Come rendere allora efficace il suo compito di successore degli apostoli, in un territorio in cui la Chiesa è povera e sono molteplici le problematiche politiche e sociali da affrontare?

Nel volume il presule ha cercato di far comprendere ai lettori come le storie dei cristiani si siano inserite nella storia del popolo algerino e come lui, in questo contesto, abbia potuto vivere la propria vocazione di uomo, sacerdote e vescovo.

Negli anni ‘50 la Chiesa Cattolica in Algeria era composta principalmente da circa un milione di pieds noirs. La pastorale era quindi incentrata sui bisogni dei fedeli europei, ma in seguito ai tragici eventi della guerra d’indipendenza, la maggior parte di essi dovette fuggire in patria. Il 7 ottobre del 1956 anche il cardinal Duval, vescovo di Algeri, chiedeva che l’Algeria potesse decidere, tramite elezioni, del proprio destino. Per questo si meritò il soprannome di Mohammed, da lui molto apprezzato.

Dall’indipendenza del 7 luglio 1962, le difficoltà per la vita della diocesi non sono diminuite, anzi si sono accentuate con la nazionalizzazione del 1976, che non risparmiò ospedali, scuole e centri di formazione cattolici. I sacerdoti rimasti riuscirono ad inserirsi nell’educazione nazionale, integrandosi sempre di più nel tessuto sociale algerino e instaurando proficui rapporti con la popolazione.

La Chiesa è sempre stata a fianco del popolo algerino nei momenti più critici della sua storia contemporanea, dalla crisi economica del 1986, causata dalla caduta del prezzo del petrolio, alla violenza della guerra civile degli anni ‘90.

Essa non fu di certo risparmiata: membri del clero arrestati, diversi tentativi di occupazione dei santuari, fino a vere e proprie stragi. In una notte di marzo del 1996, come è tristemente noto, sette monaci di Tibhirine vennero rapiti dal loro monastero da un gruppo islamico armato, e assassinati pochi giorni dopo (21 marzo 1996). Il sangue cattolico si mescolò con quello algerino durante l’attentato in cui venne assassinato il   Servo di Dio Pierre-Lucien Claverie. Oltre al vescovo domenicano, morì infatti anche il suo autista Mohamed Bouchikhi, un giovane musulmano di 21 anni.

Tuttavia gli insegnamenti di Charles de Foucault, l’apostolo della bontà, che cammina a fianco dei più poveri e umili per farsi prossimo alle loro condizioni, hanno animato la vita quotidiana della Chiesa in Algeria e ispirano ancora oggi gruppi di ascolto reciproco, in un dialogo che continua nonostante le difficoltà.

“Il cammino da percorrere – come infine ricorda mons. Rault – può sembrarci assai lungo. Tuttavia Dio non ci chiede l’impossibile: ce lo dona!”.

 

 

 

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Giorgia Innocenti

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