Pace, giustizia, libertà, fraternità. Valori che la Chiesa ha sempre tentato di promuovere dialogando con il mondo. Lo ha ricordato mons. Paul Richard Gallagher, segretario della Santa Sede per i Rapporti con gli Stati, intervenendo a Brescia alla commemorazione del 50esimo anniversario della visita del Beato Paolo VI alle Nazioni Unite, il 4 ottobre 1965.
“Essendo nel mondo senza essere del mondo – le parole del presule – la Chiesa lungo i secoli ha dialogato con il mondo per trasformare tutte le realtà in Gesù Cristo per mezzo dell’amore e, tramite Lui, portare tutte le realtà al Padre. Tuttavia, in ogni momento storico, quel dialogo deve essere rinnovato e riproposto, in risposta agli sviluppi della storia e alle attese dei popoli. Così lo intendeva anche papa Montini, impegnandosi in un dialogo performativo con tutta la realtà e con tutti gli uomini, per il bene degli uomini e per il bene della Chiesa stessa”.
Ricordando che 15 anni di pontificato di Paolo VI sono stati una “ricchezza straordinaria”, mons. Gallagher ha parlato del contributo concreto che papa Montini diede in occasione della sua visita al Palazzo di Vetro. Egli invitò l’Onu ad offrire agli Stati una sorta di cittadinanza internazionale, “che si articola in un sistema ordinato e stabile di vita internazionale”.
Ma per contribuire alla pace, non basta solo la politica. Di qui – ha ricordato mons. Gallagher – parte l’auspicio di Paolo VI affinché “con lo spirito, con le idee, con le opere della pace” si promuovesse un clima di serenità tra i popoli. “In questo modo, secondo Paolo VI, la comunità internazionale organizzata interpreta la sfera superiore della sapienza umana e persino la sacralità dell’uomo”, rileva il segretario vaticano. E “il dialogo internazionale deve fare attenzione anzitutto alla vita dell’uomo che è sacra: nessuno può osare di offenderla – aggiunge ancora mons. Gallagher -, Il rispetto alla vita, anche per ciò che riguarda il grande problema della natalità, deve avere qui la sua più alta professione e la sua più ragionevole difesa”.
Secondo il presule, “il discorso di Paolo VI all’Onu è una traccia che guiderà anche le parole alle Nazioni Unite di Giovanni Paolo II, di Benedetto XVI e di Francesco”. In quanto “quelle parole dell’ottobre 1965 – ha concluso – sono anche le linee guide su cui è stata impostata tutta l’attività internazionale della Santa Sede fino ad oggi”.