Cardinal Peter Erdo during the presentation of instrumentum laboris in the vatican press room - 23 June 2015

ZENIT

Sinodo. Erdő apre lavori: "Accoglienza a divorziati, no comunione. Rispetto per gay, no matrimoni. Per contraccezione leggete Paolo VI"

Nella Relazione introduttiva dell’arcivescovo ungherese, in primo piano i temi di: indissolubilità matrimoniale, divorziati risposati, procreazione, aborto, eutanasia, unioni civili

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Apre i battenti il tanto atteso Sinodo ordinario dei vescovi sul tema: La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo. Oggi la prima Congregazione generale, in Aula del Sinodo, alla presenza di Francesco, con la presentazione della Relazione introduttiva da parte del cardinale Péter Erdő, relatore generale dell’assise. Sul tavolo, l’arcivescovo di Esztergom-Budapest mette i diversi temi su cui dovrà concentrarsi l’attenzione dei 270 Padri e dei circa 90 esperti, uditori e delegati di altre chiese cristiane fino al prossimo 25 ottobre. Ovvero i temi indicati dall’Instrumentum Laboris elaborato dopo la Relatio Synodi dell’assemblea 2014 ed emersi dalle risposte delle Conferenze Episcopali del mondo. Quindi: comunione a divorziati risposati, preparazione di giovani coppie al matrimonio, denatalità, assistenza a famiglie in crisi, discriminazione di omosessuali, aborto, eutanasia, unioni civili. Argomenti scottanti e questioni spinose, riguardo alle quali la Chiesa è invitata ad esprimere il proprio punto di vista. E a farlo con lo stesso sguardo di Cristo:  uno sguardo – spiega Erdő – che non è “di un sociologo o di un fotoreporter”, ma quello degli “occhi del cuore”. 

Cambiamenti antropologici

L’arcivescovo ungherese parte da una riflessione sull’attualità, nella quale si intrecciano le sfide che riguardano la famiglia: dagli effetti di ingiustizie sociali, violenze e guerre, che spingono milioni di persone a lasciare la loro terra d’origine, fino a problematiche come i salari così bassi da permettere a malapena a un uomo di sopravvivere, figuriamoci a creare una famiglia. Il cardinale analizza anche un altro fenomeno: “il cosiddetto ‘cambiamento antropologico’ che corre il rischio di risolversi in un ‘riduzionismo antropologico’”, per cui la persona “alla ricerca della propria libertà, cerca spesso di essere indipendente da ogni legame”: dalla religione, quale “legame con Dio”, ai legami sociali, specialmente quelli connessi a “forme istituzionali della vita”. 

Fuga dalle istituzioni e dalle responsabilità

Si assiste quindi ad una “fuga delle istituzioni” – dice il cardinale – che spiega la “crescita del numero delle coppie che vivono insieme stabilmente, ma non vogliono contrarre nessun tipo di matrimonio né religioso né civile”. D’altro canto, anche chi manifesta il desiderio di sposarsi è risucchiato da cambi antropologici che “toccano gli strati più profondi dell’essere umano”. “È diventata moda – osserva infatti Erdő – di progettare fino ai minimi dettagli le nozze, prevedendo tutto, dalla musica, al menù, fino alle tovaglie per le tavole. Si vedono i giovani nubendi completamente presi dall’ansia per la preoccupazione di realizzare nel migliore dei modi questi dettagli, ma che allo stesso tempo trascurano il vero significato del matrimonio”. In tal contesto, si inseriscono anche l’innalzamento dell’età in cui ci si sposa, ossia la paura dei giovani di assumersi delle responsabilità e degli impegni definitivi, come appunto matrimonio e famiglia. E soprattutto una crescente “instabilità istituzionale” che si manifesta nell’alta percentuale dei divorzi.  

Indissolubilità matrimoniale

A tal proposito, il relatore generale parla di indissolubilità del matrimonio, da non intendere come “‘giogo’ imposto agli uomini” bensì come “dono”. In virtù del sacramento del matrimonio, sottolinea infatti Erdő, “la famiglia cristiana diventa un bene per la Chiesa”, e, al contempo, essa trae beneficio dal suo inserimento nel contesto ecclesiale, perché “aiutata a livello spirituale e comunitario nelle difficoltà” e nel “custodire l’unione matrimoniale”. 

Unioni civili e preparazione al matrimonio

La stessa attenzione “misericordiosa e realistica” – afferma l’arcivescovo – la Chiesa deve rivolgerla ai fedeli che convivono o vivono nel solo matrimonio civile “in quanto non si sentono preparati a celebrare il sacramento”. Occorre, secondo il cardinale, una “sana pedagogia”, perché “se la comunità riesce a dimostrarsi accogliente verso queste persone, nelle varie situazioni della vita, e presentare chiaramente la verità sul matrimonio, essa potrà aiutare questi fedeli ad arrivare ad una decisione per il matrimonio sacramentale”. 

Accoglienza e vicinanza per matrimoni e famiglie in crisi

Da questa “intima” connessione del sacramento del matrimonio con la realtà della Chiesa discende che la comunità ecclesiale “ha il dovere di farsi carico anche di quanti vivono in convivenze o situazioni matrimoniali e familiari che non possono trasformarsi in matrimonio valido e tanto meno sacramentale”. Dunque i divorziati e risposati civilmente, la cui integrazione nella vita della comunità ecclesiale – evidenzia Erdő – “può realizzarsi in varie forme, diverse dall’ammissione all’Eucarestia”. È doveroso – prosegue – “un accompagnamento pastorale misericordioso il quale però non lascia dubbi circa la verità dell’indissolubilità del matrimonio insegnata da Gesù Cristo”. 

Comunione a divorziati risposati

“La misericordia di Dio offre al peccatore il perdono, ma richiede la conversione”; tuttavia il peccato non è il naufragio del primo matrimonio, perché “è possibile che nel fallimento le parti non siano state ugualmente colpevoli”, precisa il cardinale, bensì “la convivenza nel secondo rapporto”. È questo “che impedisce l’accesso all’Eucarestia”, anche se “tutto ciò richiede, però, un’approfondita riflessione”.

Via penitenziale; continenza per divorziati e risposati

Per quanto riguarda la cosiddetta via penitenziale, l’arcivescovo di Budapest richiama la Familiaris consortio di san Giovanni Paolo II, e spiega che questa espressione si riferisce “a quanti divorziati e risposati, per necessità dei figli o propria non interrompono la vita comune, ma che possono praticare in forza della grazia la continenza vivendo la loro relazione di aiuto reciproco e di amicizia”. “Questi fedeli potranno accedere anche ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucarestia evitando però di provocare scandalo”, dice il cardinale. E precisa che “tale possibilità è lontana da essere fisicista e non riduce il matrimonio all’esercizio della sessualità, ma riconoscendone la natura e la finalità, l’applica coerentemente nella vita della persona umana”.

Aiutare separati e divorziati non risposati; figli “vittime”

Ci sono poi i separati e i divorziati non risposati, che la Chiesa può aiutare “nel cammino del perdono e se possibile della riconciliazione”. Soprattutto, la comunità ecclesiale deve contribuire all’ascolto dei figli, “vittime di queste situazioni”, e “incoraggiare i coniugi rimasti soli dopo un tale fallimento, di perseverare nella fede e nella vita cristiana”. A tal fine, esorta Erdő, “è  importante avere, almeno a livello diocesano, centri di ascolto” che possono aiutare nel momento sia antecedente che successivo alla crisi. 

Sostegno materiale a famiglie “povere”

Oltre all’aiuto spirituale, il cardinale esorta a creare “strutture economiche di sostegno” per famiglie particolarmente colpite da povertà, disoccupazione, precarietà lavorativa, mancanza di assistenza socio-sanitaria o vittime dell’usura. “Tutta la comunità ecclesiale deve cercare di assistere le famiglie vittime di guerre e persecuzioni”, dice.

Omosessuali. Sì ad accoglienza e rispetto… 

In tema di accoglienza e vicinanza, Erdő sposta poi l’attenzione sulla questione di persone con tendenza omossessuale: tema c
he non riguarda direttamente la famiglia, ma che può influenzarne la vita. Il Sinodo ribadisce che “ogni persona va rispettata nella sua dignità indipendentemente dalla sua tendenza sessuale” e auspica “che i programmi pastorali riservino una specifica attenzione alle famiglie in cui vivono persone con tendenze omossessuali ed a queste stesse persone”. 

… No a unioni tra persone dello stesso sesso

Tuttavia, il cardinale rimarca che “non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”. Uomini e donne omosessuali devono essere accolti “con rispetto e delicatezza” e bisogna evitare nei loro confronti “ogni marchio di ingiusta discriminazione”, ma – afferma il cardinale – è “inaccettabile” che “che i Pastori della Chiesa subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il ‘matrimonio’ fra persone dello stesso sesso”.

Sfruttamento corpo femminile; genitorialità violata

Nella Relazione introduttiva c’è spazio anche per una denuncia contro “lo sfruttamento e la violenza esercitati sul corpo delle donne”, che in paesi in via di sviluppo si traduce in “aborti e sterilizzazioni forzate”, in altri in “conseguenze negative con pratiche legate con la procreazione”, come affitto dell’utero e gameti, forzate dal “desiderio di avere un figlio ad ogni costo”. La cosiddetta “rivoluzione bio-tecnologica” – dice il porporato – “ha introdotto nuove possibilità di manipolare l’atto generativo”, rendendo la vita umana e la genitorialità “realtà componibili e scomponibili”.

Immaturità affettiva. Pornografia. Commercializzazione corpo umano

In tal ambito, l’arcivescovo ungherese inquadra anche la problematica delle immaturità e fragilità affettive, “effetto di una vera mancanza di educazione effettiva ed affettiva in famiglia, in quanto i genitori non hanno tempo per i figli, ovvero divorziano”. E i figli “non vedendo l’esempio degli adulti, si confrontano solo con il comportamento dei loro coetanei”. Così – soggiunge – “la maturità affettiva rimane tarpata e non le viene permesso di svilupparsi”. Si colloca in questo contesto la pornografia e la commercializzazione del corpo favorita da un uso “distorto” di internet: “Così – avverte Erdő – la crisi della coppia destabilizza la famiglia ed indebolisce i legami tra le generazioni”. 

Procreazione e natalità

Causa di tale indebolimento, ammonisce il cardinale, può diventare anche una “visione individualista della procreazione” a cui consegue un forte calo della natalità. Rimarcando che “l’apertura alla vita è un’esigenza intrinseca dell’amore coniugale” e che “la generazione della vita non si riduce ad una variabile della progettazione individuale o di coppia”, il porporato chiede una maggiore divulgazione dei documenti del Magistero della Chiesa “che promuovono la cultura della vita di fronte alla sempre più diffusa cultura di morte”. 

Contraccezione e adozione

Quanto alla responsabilità generativa, l’arcivescovo afferma che “non si può scindere la sessualità dalla procreazione” e che “va riscoperto il messaggio dell’Enciclica Humanae Vitae del beato Paolo VI, che sottolinea il bisogno di rispettare la dignità della persona nella valutazione morale dei metodi di regolazione della natalità”. Inoltre, aggiunge, “l’adozione di bambini, orfani e abbandonati, accolti come propri figli, è una forma specifica di apostolato familiare”, incoraggiata dal magistero.

Aborto e eutanasia: vita umana è sacra

Compito della famiglia è dunque di “accogliere la vita nascente e prendersi cura della sua fase ultima”. Riguardo al dramma dell’aborto la Chiesa – sottolinea Erdő – “riafferma il carattere inviolabile della vita umana”, “offre consulenza alle gestanti, sostiene le ragazze madri, assiste i bambini abbandonati e si fa compagna di coloro che hanno sofferto l’aborto ed hanno preso coscienza del loro sbaglio”. Ugualmente “riafferma il diritto alla morte naturale, evitando allo stesso tempo sia l’accanimento terapeutico che l’eutanasia”. Perché “la morte, nella realtà, non è un fatto privato ed individuale”.

Conclusione: lo Spirito Santo ci indichi la strada…

Affidando i lavori alla Santa Famiglia di Nazareth, il cardinale invoca un risveglio comunitario per affrontare la sfida della famiglia oggi, chiedendo “la luce dello Spirito Santo affinché ci indichi anche i passi concreti da fare”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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