Al termine del consiglio episcopale svoltosi a Brasilia il 25 e 26 agosto, i vescovi brasiliani hanno tuonato contro la corruzione nel paese. In una nota pubblicata al termine dell’assise, i presuli hanno denunciato la situazione di crisi economica e politica, che ha portato molte persone a scendere in piazza, chiedendo anche le dimissioni della presidente Dilma Rousseff.
“Coloro che vogliono arricchirsi, cadono nella tentazione, e in molte bramosie insensate e funeste, che fanno affogare gli uomini in rovina e perdizione”, scrivono i vescovi, citando la prima Lettera di San Paolo a Timoteo.
La nota prosegue, affermando come la disoccupazione, la povertà e l’inflazione, che stanno tornando ad affliggere il paese siano “un alto prezzo da pagare dovuto alla mancanza di volontà politica di fare riforme urgenti e necessari, in grado di collocare il Brasile sulla via dello sviluppo e della giustizia sociale”.
I vescovi chiedono riforme “politiche, tributarie, agrarie, urbane, previdenziali e del sistema giudiziario” e sottolineano come i tagli alla spesa pubblica, unitamente alla pressione fiscale, compromettano la “qualità dell’educazione”, rendendo “impossibile la sicurezza” ed impedendo “importanti conquiste sociali”.
“La corruzione – proseguono – è una metastasi che porta alla morte non solo i poteri costituiti, ma anche il mondo imprenditoriale ed il tessuto sociale e sfida la politica nel perseguimento del bene comune”.
Pertanto i vescovi brasiliani chiedono che la corruzione sia combattuta “in modo intransigente”, portando avanti “indagini giuste su tutte le denunce presentate, con la conseguente punizione dei corrotti e dei corruttori”.
In conclusione, i presuli raccomandano il rafforzamento di una “cultura inclusiva e democratica” che non sottometta il bene comune agli “interessi individuali, corporativi e partitici”.