L’esordio poetico di Deborah D’Agostino s’identifica con un titolo suggestivo: Gabbiani d’asfalto, la raccolta di liriche pubblicata nel 2006 che rivelò la giovane poetessa all’attenzione della critica, costituendo negli anni una sorta di “marchio di fabbrica” della sua produzione letteraria.
Il simbolismo poetico del “gabbiano” conferiva infatti al volume un’identità fortemente evocativa, sapientemente giocata dall’autrice attraverso un raffinato gioco di rimandi, che costituiva l’impalpabile tessuto connettivo del libro. Un’identità che, a distanza di quasi un decennio, ha suggerito la riproposizione dell’opera in versione aggiornata da parte delle Edizioni Edicampus di Roma, cui farà presto seguito l’edizione francese (Les goélands du béton) e l’edizione in lingua tedesca (Asphaltmöwen).
Gabbiani d’asfalto, l’omonima composizione a sfondo ambientale che dà il titolo alla silloge, racconta il dramma dei volatili, intrappolati in una città tentacolare ed ostile, che inibisce l’esperienza liberatoria del volo: “Tra i palazzi, / nelle città fumose, / i gabbiani sognano il mare, / seguendo un’onda grigia / verso una riva / che tarda ad arrivare. / (…) / cercano un mare / che non sanno trovare, / seguono un’onda / che non sa approdare, / e muoiono, / esausti, / tra alte vetrate…”.
È una composizione molto bella che esprime la condizione di smarrimento e di vuoto in cui siamo tutti, più o meno consapevolmente, precipitati, ma che si presta, al tempo stesso, ad essere letta come una proiezione spirituale verso un “altrove” che appartiene, per sua natura, al mistero. È la stessa autrice, del resto, a disvelare le radici della sua poetica allorché definisce l’esperienza letteraria come “un ‘so-stare’ nel mondo e, al tempo stesso, essere proiettati verso l’oltre atemporale, consapevoli della corrispondenza fra l’interiorità profonda e la dialettica della vita, aderenti alla realtà e aperti all’infinito”.
In sintonia con l’orizzonte di pensiero sopra esplicitato, troviamo all’interno della silloge alcune poesie di chiara matrice religiosa. Poesie che esplorano la dimensione del trascendente per portare alla luce il potere arcano che si cela nei suoni e nelle parole. Per avvertire l’eco della Creazione, al di là delle nostre limitate facoltà sensoriali.
DIO SILENZIOSO
Respiro l’Infinito,
disteso tronco d’albero
in una culla di terra.
I miei occhi Ti cercano.
Ogni cosa è maestosa
vista da quaggiù,
Dio della pace, Dio della guerra.
Ogni cosa appare immensa,
meravigliosa
da questo angolo
infinitesimale,
da questo misero nulla,
Dio del tempo e del silenzio.
In questo tentativo di mondo
in cui arano campi di dolore
e irrigano con il sangue,
in cui spezzano le mani giunte e protese,
in cui la vita è il primo dei mali,
Dio lontano,
dove la natura non devasta più
l’anima con la sua armonia,
spezzata a tratti da totem di modernità,
Una creatura è persa,
Dio, Dio del cielo e del silenzio.
Nella serenità monocolore
del Tuo regno, dove solo le stelle
trillano le loro melodie
come può giungerTi
il pianto della miseria?
In quell’arco scintillante
di vite infinite
come puoi udire tra mille
il canto del dolore?
No, non è Tua la colpa
del nostro male inconsolato.
Ogni cosa è bella
e perfetta vista dall’alto:
nessuna logica appare disarmonica,
nessuna imperfezione
è visibile di lassù,
Dio perfetto.
Non è Tua la colpa
del nostro vagare incerto.
Non siamo che scintille d’anima senza volto
nella macina del tempo.
Per questo continuo a pregare,
Dio del silenzio.
*
Deborah D’Agostino vive a Roma. Da molti anni organizza e presenta eventi culturali. Per la poesia ha ottenuto numerosi riconoscimenti nazionali ed internazionali. Cura testi e note critiche di poesia e narrativa contemporanea; conduce laboratori di scrittura creativa ed è membro di giuria di premi letterari. Le sue opere sono pubblicate in diverse antologie, tra le quali ci limitiamo a ricordare: Le relazioni – Scritture di Ciardella-Gronchi (Ed. Paoline, Progetto Cultura CEI); Da “I Parchi Letterari” ai poeti contemporanei (Ed. Artescrittura).
In quest’ultima antologia, pubblicata in occasione di una celebrazione culturale UNESCO, la poetessa puntualizza il suo pensiero in merito al valore di comunicazione della poesia: “Se è vero che nel secondo Novecento sono venuti meno quei codici poetici che hanno caratterizzato i secoli precedenti, se sempre maggiori spazi di riflessione sembrano essere divorati da una dilagante afasia, ciò non significa che la spinta creativa alla versificazione non continui a rispondere ad una sorta di legge naturale. Una legge che resta, in tutti i tempi, il canale comunicativo privilegiato per esprimere, anche in contesti difficili e dolorosi, la complessità emotiva ed intellettuale dell’essere umano, attraverso uno schema pieno di senso, di ritmo, di armonia”.
E una particolare forma di comunicazione è anche la preghiera, laddove favorisce la concentrazione nel nucleo profondo di noi stessi, inducendo una vibrazione “alta” che ci sintonizza con la nostra natura più autentica.
PREGHIERA PER LA PACE
Raggio di Luce,
arriva qui, se puoi,
in questa terra di confine
in cui l’inferno
copre il canto del mare,
dove le rive che non si toccano
sono per prime quelle delle anime,
poiché nessun suolo bagnato dal sangue
produce più frutto,
poiché nessuna pace è possibile
se uno solo soffre.
Arriva qui, se puoi, in noi tutti,
poiché il dolore è anche di chi
non può nulla.
*
Nella dimensione creativa di Gabbiani d’asfalto – e, più in generale, nel dramma umano rappresentato liricamente dalla D’Agostino – un ruolo centrale è svolto dall’amore, percorso di conoscenza che tende a violare la linea di confine imposta dalle leggi del mondo fisico.
Per la poetessa, l’amore sacro e l’amore umano non sono due esperienze fra loro inconciliabili o appartenenti a un contrapposto ordine di valori; sono piuttosto – come dire? – due facce di una stessa medaglia, due modalità diverse e convergenti per approdare al ricongiungimento con l’entità spirituale. E il poeta è una sorta di “scultore” della parola, che tenta di estrarre da una materia informe (come sono, in fondo, le parole affidate alla convenzionalità dell’uso comune) valenze simboliche ed emozioni impalpabili che riconducono alla verità della vita.
VENERDÌ SANTO
In questa sospensione
dal tempo
le stelle tacciono
dolenti.
Il sole è spento.
Dove sei Dio
dei mondi contenti?
Vieni ad accogliere i sorrisi
curiosi della primavera.
Vieni a liberare
le ali dei gabbiani-amanti.
Vieni a salvare
le anime erranti.
Dio dei mondi sereni
in cui non vi sono tramonti
in cui non esistono limiti
in cui l’anima non è
il primo dei mali
dove sei?
Ti avessi visto
nello scalzo
nello sconsolato
nel solo
nel depresso
ora sarei meno triste.
Non risorgere per me
se non ho ancora imparato
ad amare.
***
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