Court of Human Rights in Strasbourg

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Corte di Strasburgo: il divieto di donazione degli embrioni non viola i diritti umani

Ai sensi della legge 40, è stato respinto il ricorso di Adelina Parrillo, compagna di una vittima della strage di Nassyriah

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Una buona notizia sul fronte pro life arriva da Strasburgo. Secondo la Corte europea per i diritti umani, l’Italia non ha violato la Convenzione europea sui diritti dell’uomo per non aver permesso la donazione a scopo scientifico di embrioni umani ottenuti attraverso la fecondazione in vitro.

Il caso nasce dal ricorso di Adelina Parrillo che, nel 2002 aveva ricorso alla fecondazione artificiale assieme al suo compagno, ottenendo cinque embrioni. Questi ultimi, tuttavia, non furono mai impiantati, essendo l’uomo morto nell’attentato di Nassyriah nel novembre 2003.

La Parrillo decise dunque di donare gli embrioni ai fini della ricerca scientifica, nonostante la legge italiana lo vieti espressamente.

Con riferimento alla legislazione italiana, la Corte di Strasburgo ha quindi “preso in considerazione l’interesse dello Stato nel proteggere l’embrione e l’interesse degli individui coinvolti”, si legge nella nota esplicativa della sentenza.

La Corte ha quindi stabilito che “il divieto è necessario in una società democratica”, mancando peraltro prove che il compagno della Parrillo fosse d’accordo nella donazione degli embrioni.

Secondo la Corte, inoltre, il divieto di sperimentazione sugli embrioni previsto dalla legge 40 non viola il diritto al rispetto della vita privata della donna.

Soddisfazione è stata espressa dall’associazione Scienza&Vita, secondo la cui presidente, Paola Ricci Sindoni, la sentenza “riafferma come gli esseri umani, in qualunque fase della loro esistenza, non sono mai cose, ma persone e come tali non è possibile pensare di renderli oggetti di ricerca”.

Ricci Sindoni sottolinea poi la “grande lungimiranza ed efficacia” con cui “la legge 40 vieta esperimenti su embrioni umani”, proteggendo i quali si “protegge l’umanità”.

Positiva anche la reazione del presidente onorario del Movimento per la Vita, Carlo Casini, secondo il quale  “la decisione è di grande rilievo anche perché la Parrillo aveva fondato il suo ricorso sulla esplicita qualificazione dell’embrione come cosa e conseguentemente sul diritto fondamentale di proprietà che, secondo lei, le consentiva di disporre a suo piacimento degli embrioni”.

Secondo Casini questa decisione della Corte di Strasburgo “potrebbe influenzare anche la sentenza attesa dalla Corte di Giustizia di Lussemburgo, davanti alla quale pende un ricorso contro il rifiuto della Commissione Europea di prendere in considerazione l’iniziativa dei cittadini europei UnoDiNoi”. Si tratta quindi di “una sentenza che potrebbe inaugurare un nuovo corso per le istituzioni comunitarie”, conclude poi Casini. [L.M.]

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ZENIT Staff

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