A un anno dalla fine dell’offensiva missilistica israeliana su Gaza, nella Striscia, la ricostruzione stenta a partire. Lo denuncia il parroco di Gaza Mario Da Silva, intervistato da Radio Vaticana, secondo il quale “le persone che hanno perso le loro case vivono ancora tra le macerie e i bambini vanno a scuola tra le macerie e tante scuole sono usate per coloro che hanno perso tutto”.
A Gaza manca tutto, dal cibo al gas, le importazioni sono scarsissime ed acquisite a “prezzi altissimi”. Ogni tanto giungono aiuti umanitari, come è avvenuto oggi dall’Italia: “è come una goccia d’acqua nel deserto. Ma loro sono contenti”, ha dichiarato il parroco.
Nella Striscia “la disoccupazione arriva fino al 40%, alcuni dicono fino al 45%, ma fra i cristiani è ancora più alta perché i cristiani sono una minoranza” e anche nella ricerca del lavoro sono discriminati rispetto ai musulmani, ha aggiunto.
Per padre Da Silva, predicare il perdono dei nemici è una sfida difficile e “deve avere una forza speciale”, anche perché si vive come “in un carcere” e “questo genera un odio grande”.
Al momento a Gaza “la fine del tunnel non la vediamo, quello che aspettiamo è solo un miracolo” che riguarda “un diritto essenziale per ogni uomo, che è la libertà”, a partire dalla libertà religiosa.
In generale, i cristiani sono “spaventati” per il possibile arrivo dell’Isis a Gaza: sull’edificio della Caritas è apparso un simbolo del sedicente Stato islamico.
“Padre, almeno in Siria, se arriva l’Is, loro possono fuggire da un’altra parte, in un altro Stato; ma se arrivano qui, a Gaza, che cosa faremo noi se non possiamo passare dal muro che ci separa da Israele? Dove andremo?”, hanno domandato al loro parroco.