L’Audax Pro Libertate è una società sportiva dilettantistica nata dalla passione per il calcio e il desiderio di dare ai ragazzi una formazione alle virtù, attraverso questo sport. L’atto costitutivo è stato firmato il 19 marzo 2010, data che è coincisa “casualmente” con la festa di San Giuseppe che è diventato subito il santo protettore della società.
A colloquio con ZENIT, Alberto Azzimonti, vicepresidente dell’Audax Pro Libertate, ripercorre la storia della nascita della società.
Perché proprio il calcio?
Avevamo tutti giocato a calcio a livello agonistico in gioventù e abbiamo pensato che quello sportivo sarebbe stato l’ambiente migliore per coinvolgere altre persone. Tuttavia, per raggiungere l’obiettivo, era necessario dare vita ad un ambiente attraente, sano e bello dove poter crescere come persone nelle virtù e nella formazione personale. Noi vogliamo insegnare ai ragazzi a giocare a calcio ma vogliamo che siano giocatori onesti, corretti, amanti del bel gioco e del buon gioco, che siano ‘nemici’ degli avversari solo per il tempo della partita.
In che senso la fondazione dell’Audax è un progetto apostolico?
Il nostro desiderio è sempre stato quello di annunciare il Vangelo anche e soprattutto attraverso l’attività sportiva. I tre fondatori sono tutti membri del Regnum Christi di Busto Arsizio; avevamo, da tempo, il desiderio di creare un’associazione sportiva e volevamo farlo come un apostolato, ma per impegni familiari e di lavoro, abbiamo rimandato a lungo di parlarne seriamente. Due sacerdoti, negli anni, ci hanno incoraggiato a dare vita alla società, perché avremmo potuto coinvolgere tanti ragazzi e le loro famiglie e trasmettere loro il grande dono della fede. Realisticamente, questo obbiettivo non è raggiungibile a breve termine, perché l’Audax accoglie tutti, senza distinzione di sesso e di religione, sia chi vive già un percorso di fede, sia chi ne è assolutamente digiuno.
L’Audax Pro Libertate nasce quindi come apostolato all’interno del Regnum Christi di Busto Arsizio, anche perché la consideriamo (forse con un po’ di presunzione) opera di Dio. Staccata dal Regnum Christi, non avrebbe motivo di esistere, perché verrebbe a mancare la linfa vitale che la sostiene e la vivifica. È Gesù che consideriamo il vero presidente, il vicepresidente, il segretario, ecc. Le nostre sono solo cariche onorarie. Finché sarà sua volontà, l’Audax continuerà ad esistere al servizio dei ragazzi.
Quanti siete oggi? E come siete organizzati?
L’Audax Pro Libertate ha oggi 90 tesserati, di età compresa tra 5 e 13 anni, più una ventina di adulti tra dirigenti, allenatori, il cappellano e l’assistente. Nel 2009 abbiamo cominciato a riunirci per programmare l’attività. Il 19 marzo 2010 è nata la società; i tre ruoli del direttivo li abbiamo stabiliti a tavolino; poi abbiamo voluto sottoporli al vaglio dello Spirito Santo il quale, tramite un sorteggio, ce li ha puntualmente tutti confermati… almeno ci piace pensare così! Si capisce, anche da questo episodio, che abbiamo iniziato con molta preghiera. A livello finanziario avevamo a disposizione solo un piccolo fondo cassa, frutto di qualche attività apostolica precedente che si è esaurito velocemente. Ovviamente le spese iniziali, necessarie per le prime iscrizioni sono state pagate di tasca nostra.
La prima stagione è iniziata nel settembre 2010: Avevamo 13 ragazzi di diverse età. Siamo riusciti a partecipare al campionato ufficiale delle Federazione Italiana Giuoco Calcio, solo nella primavera del 2011, nella categoria “Esordienti”.
La stagione 2015-16 inizierà nell’ultimo fine settimana di agosto, con i ragazzi, le famiglie e tre dirigenti di nuova nomina che abbiamo voluto quando è aumentato il numero di iscritti.
Mi incuriosisce il ruolo del cappellano: anche lui partecipa agli allenamenti?
È un formatore, sul piano umano e su quello spirituale; segue gli atleti, gli allenatori, i dirigenti e le famiglie. Celebra la messa, all’inizio di ogni anno sociale e a Natale. È presente agli eventi sportivi più significativi e qualche volta lo invitiamo anche agli allenamenti, per rendere la sua figura quanto più possibile familiare a chi non ha l’abitudine a relazionarsi con i sacerdoti, dato che all’Audax, come ho detto, accogliamo tutti (abbiamo avuto anche un paio di ragazzi musulmani). Il nostro cappellano, attualmente, è un giovane sacerdote legionario di Cristo, ma potrebbe essere anche un sacerdote diocesano o il parroco stesso del campo dove ci alleniamo. Il cappellano è presente anche agli appuntamenti non strettamente calcistici, come ad esempio il Family Day. Quando scende in campo, durante gli allenamenti infrasettimanali, guida la preghiera, all’inizio delle attività. Iniziamo sempre l’allenamento e le partite con una preghiera e in genere sono gli allenatori che la guidano, anche in campo, se negli spogliatoi non è possibile. Il cappellano organizza, a scadenza regolare, gli incontri di formazione per gli allenatori, perché noi vogliamo che i ragazzi dell’Audax crescano nelle virtù e non solo dal punto di vista tecnico. Organizza incontri anche per i genitori, per esempio c’è un ritiro di inizio stagione che trascorriamo in montagna, alla fine di agosto: non si tratta di catechesi ma di conferenze su diversi argomenti legati all’educazione dei ragazzi. La sua è una presenza discreta, che contribuisce a caratterizzare l’ambiente Audax: familiare, ma improntato all’edificazione reciproca, per la vigorosa crescita umana e spirituale dei ragazzi che vanno dai 5 ai 15-16 anni, insieme con le loro famiglie.
Il calcio, quello professionale, è spesso segnato da eventi di violenza, di falsità…
L’Audax nasce, come detto, con l’idea di creare un ambiente sano e pulito per educare alle virtù e alla fede, i ragazzi, attraverso lo sport. Questa vocazione educativa, che deve essere legata strettamente a Cristo, altrimenti tutto decade, è l’essenza dell’Audax; la nostra più grande preoccupazione è rimanere fedeli a questo spirito, anche forse in risposta a questi eventi tristi.
Le incombenze della gestione amministrativa e tecnica sono parecchie e c’è sempre il rischio concreto di concentrarsi solo sull’organizzativo o sull’allenamento per ottenere risultati in campo.
Il lavoro però deve essere svolto insieme alle famiglie. Noi possiamo fare molto, ma non tutto, soprattutto quando i ragazzi arrivano in campo allettati dall’idea di divertirsi per un paio d’ore, facendo quello che gli pare. I valori che insegniamo loro in campo, dovrebbero essere condivisi anche dai genitori, a casa.
Davvero è possibile fare amicizia con gli avversari?
Noi abbiamo pensato di organizzare il “terzo tempo”, coinvolgendo anche i genitori dei nostri ragazzi. È un’idea che abbiamo preso dal rugby: a fine partita i genitori dei nostri ragazzi preparano la merenda da condividere con i ragazzi della squadra avversaria. Anche ai genitori chiediamo che si comportino in maniera corretta quando assistono alle partite: è giusto dare sostegno alla squadra, anche il tifo “caldo” ci piace ma deve essere sempre “per” la squadra del cuore e mai “contro” gli avversari.
Ci sono state incomprensioni in questi anni?
Poco tempo fa, stavo arbitrando una partita di campionato (fino ai Giovanissimi, le partite di calcio della FIGC sono arbitrate dai dirigenti e non dagli arbitri federali) e uno dei nostri giocatori si è rivolto, a me, in maniera piuttosto volgare, in un eccesso di rabbia, per una ingiustizia, secondo lui, subita. Negli spogliatoi l’ho ripreso con fermezza davanti a tutti, per far comprendere la gravità del gesto, ma senza alcuna intenzione di mortificare il ragazzo. Il genitore, che aveva sentito il mio intervento, fuori dagli spogliatoi, è intervenuto, perché il rimprovero gli è sembrato eccessivo. Abbiamo avuto un duro scontro e poi ci siamo chiariti. Come direttivo, abbiamo deciso di non far partecipare la squadra alla successiva partita di campionato, perdendola a tavolino e prendendo la relativa sanzione da parte della Federazione; nella successiva partita abbiamo tenuto fermo, per un turno, anche il nostro giocatore, che si era macchiato del brutto gesto. Abbiamo voluto dare un segnale, soprattutto ai genitori, affinché tutti comprendano quali sono le nostre priorità e come vogliamo che ci si comporti durante le partite, sia in campo sia sugli spalti.
Questo è uno dei segni dell’emergenza educativa di cui hanno parlato gli ultimi due pontefici e che riscontriamo stando a contatto con i ragazzi.
L’ho detto e lo ripeto: la vittoria non è l’idolo cui tutto deve sottostare.
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Per info: www.audaxprolibertate.it
Audax Pro Libertate: come imparare a vivere giocando a calcio
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