Quando ho saputo che Marco, il marito di Beatrice, era giunto alla casa del Padre, ho provato una stretta al cuore. Dopo tanti anni quel che ricordo di Beatrice sono sempre due cose: le sue risate e la sua capacità di amare.
Bella, intelligente, con due occhi azzurri splendenti spontaneità, allegra ed autoironica. Quante risate fatte insieme!
Ed ora?
Dove si sarà nascosta la voglia di ridere di Beatrice, ora che l’amore della sua vita ha concluso il suo passaggio sulla terra, lasciando una moglie innamorata.
In punta di piedi, le scrivo.
“Carissima Beatrice, ho saputo ora che Marco ti ha preceduta in paradiso. Non so quante lacrime starai versando, ma, proprio perché le vedo impreziosite da un dolore profondo, non voglio scriverti belle parole. Non ne troverei qualcuna all’altezza. Ma un abbraccio ci tengo a mandartelo. Tutti noi arriviamo, prima o poi, alla scommessa finale. Quella per cui ci giochiamo la fondamentale domanda: è vero che siamo nati e non moriremo mai più? Farsi questa domanda mentre qualcuno ci abbraccia, credo che ci aiuti a togliere la risposta dagli scaffali della filosofia e della teologia per riporla lì dove deve stare: sulla nostra scrivania. Sui passi della nostra concreta vita. Sui fatti che ci piombano addosso provocando la nostra anima a reagire. Carissima Beatrice, che Dio benedica la tua anima fino a farle intuire con forza che siete vestiti di vita: tu e Marco. Che il Signore dell’universo apra gli occhi del tuo cuore, facendoti vedere la vicinanza invisibili di colui che la vita ti ha donato come marito. E che tu sia piena di felicità quando, un giorno, lo riabbraccerai ed insieme direte a Dio: “Grazie delle altre vite che sono nate dal nostro amore e di tutto quel che noi due abbiamo costruito insieme”…”
La sera stessa Beatrice mi risponde, donandomi “dolorosa saggezza”, con poche e vere parole.
“Cristina, sto attraversando un periodo di sofferenza. Credevo di essere preparata alla separazione da Marco perché lui ha cercato, durante la sua malattia, di prepararmi in tutti i modi. Mi diceva “Beatrice è il momento giusto, non voglio morire vecchio e decrepito, non voglio sentire il mio fisico perdere le forze, devo solo essere grato per la vita che ho avuto, sono stato un uomo fortunato. Pensa solo ai figli ed ai nipoti che sono nati tutti sani. Sono in pace e sereno”. Questo discorso me l’ha ripetuto e ripetuto quando ci prendevamo per mano e andavamo a fare la nostra passeggiata, quando lo curavo con tutto il mio amore e quando, con un calcolo molto preciso da medico qual era, mi ha detto “adesso basta, sono arrivato”.
E’ stato allora che mi ha chiesto “Ma tu pensi che ci rivedremo?”
“Credo di si”
“Allora ti aspetto”.
Ed io ho creduto che tutta questa serenità che mi ha sempre donato per cinquanta anni mi avrebbe accompagnato. Invece sto facendo i conti con un dolore cupo, con un pianto che anche mentre ti scrivo mi offusca la vista. Mi dico che ci sono mamme che soffrono dolori più duri, mi dico che ho condiviso la vita con un uomo buono, e mi dico che dovrei dire solo grazie. Ragiono, ragiono … ma Cristina, sto proprio male… e scusami ma questa sera avevo proprio bisogno di te…”
Non c’è niente da fare: quando Dio stesso scrive il nome di una persona sul tuo cuore, ti dona la capacità di guardarlo con i suoi stessi occhi. Allora te ne innamori e lui diventa “unico”.
Da quel momento il termine “provvisorio” viene cancellato dal tuo vocabolario interiore e la magia del “per sempre” entra nella tua anima, disseminandola di “noi”.
Noi ci ameremo.
Noi ci sposeremo.
Noi faremo dei figli.
Noi invecchieremo insieme.
Pian piano le nostre radici diventano così inestricabilmente intrecciate da rendere inconcepibile il solo pensiero di separarle.
Poi, inevitabilmente, arriva…
Cara Beatrice, appena te la senti, asciugati gli occhi e guarda bene: c’è dell’altro da acchiappare. Il tuo amore non è svanito nel nulla perché ha il sigillo con su scritto “più in là”.
Pian piano Dio strapperà il tuo futuro dalle grinfie della disperazione e lo colorerà con la fede negli abbracci eterni che ti aspettano.
E non pensare che Dio non stia agendo solo perché ti senti vuota, spersa, arrabbiata, disperata e irrimediabilmente rotta.
Non giudicarti male quando sentirai persino invidia (sentimento che, normalmente, non ti appartiene) verso coppie che vedrai ancora insieme; perdonati con facilità, per non aggiungere dolore a dolore.
Non catalogarti come donna di poca fede se penserai al paradiso con una bella dose di dubbi; fa parte del gioco.
Quando si affronta la morte, è necessario avere molta compassione di noi stessi. Stiamo faticando e soffrendo per arrivare alla vetta, ma è da lì che si vede il panorama completo del senso della vita.
Vicino al cielo, con un solo sguardo, si può vedere il passato, il presente e le colline future che ci attendono. E’ da lì che scoprirai come tutto abbia avuto un senso.
Il primo bacio che hai dato a Marco, ha avuto il tifo di tutto il paradiso!
Ogni risata fatta insieme, ogni difficoltà superata, ogni perdono regalato…tutto è stato protetto dal Cielo perché voi eravate la perla preziosa voluta da Dio.
“Siete” la Sua perla preziosa. Per sempre.
«Nel Signore, né la donna è senza l’uomo, né l’uomo è senza la donna. Come infatti la donna deriva dall’uomo, così l’uomo ha vita dalla donna; tutto poi proviene da Dio» (1 Cor 11,11-12).