Si è svolto ieri al Meeting di Rimini un incontro di quelli che stupiscono e commuovono. Protagonisti suor Angela Bertelli, missionaria saveriana in Thailandia, e Timothy Shriver, nipote di John e Robert Kennedy, chairman degli Special Olympics, le olimpiadi per persone che soffrono di disabilità fisiche e intellettive. Nel presentare l’incontro, Letizia Bardazzi, presidente dell’Associazione Italiana centri culturali, ha parlato di due testimoni che raccontano del “valore della fragilità e della debolezza come opportunità per conoscere la propria umanità e quella dell’altro”.
Suor Angela è la fondatrice della Casa degli Angeli, un centro di accoglienza per bambini disabili, orfani e rifiutati. La saveriana ha raccontato che, secondo il Buddismo Therawada, “l’uomo si salva da sé: ciascuno è il suo rifugio”. Non c’è dialogo con Dio e per tutti quelli che non ce la fanno, cioè i sofferenti, i non efficienti, i disabili, non c’è possibilità di riscatto. Inoltre è pensiero comune che la disabilità sia il risultato di un Karma negativo. “I problemi di questi bambini – ha raccontato – vengono visti come la punizione per il male fatto nella vita precedente e per questo vengono rifiutati da tutti”. Un rifiuto che si estende anche alle mamme, ai padri ed ai parenti dei piccoli sfortunati.
Dal 2008 insieme a 130 volontari La Casa degli Angeli accoglie e assiste tutte queste persone sofferenti. Sono 15 i bambini, la metà dei quali abbandonati, insieme ai loro genitori, che godono della cura e dell’assistenza del centro. Per far capire il contesto sociale in cui si opera, la religiosa ha sottolineato che la gratuità con cui mamme e bambini vengono assistiti in Thailandia è unica, tanto che “la parola gratuità non esiste… Occorre formare una frase per spiegarne il concetto”.
“Vivere e testimoniare la gratuità” è, secondo suor Angela, “la bellezza del cristianesimo”. “Noi veniamo da una grazia enorme chi ha conosciuto Cristo ha conosciuto l’amore e la gratuità”, ha aggiunto. Alle mamme, la suora non chiede di cambiare religione, ma gli racconta questa bellezza: “Un Dio che si fa povero e debole è inimmaginabile ed io posso dire alle mamme che i loro figli da maledizione diventano grazia”. Le madri cominciano così a esprimere il loro amore senza vergogna e, di fronte alla bellezza di una tale accoglienza, cura e amore, c’è chi chiede di battezzare il figlio. Tutte queste esperienze suor Bertelli le ha raccolte in un libro dal titolo La casa degli angeli, pubblicato da ITACA.
In tutt’altro campo opera invece Timothy Shiver, direttore delle Special Olympics, evento mondiale creato mezzo secolo fa da sua nonna Eunice Kennedy, sorella maggiore di John e di Robert. Agli Special Olympics svoltisi quast’anno a Los Angeles hanno partecipato delegazioni di 170 Paesi, quattro milioni sono gli atleti iscritti e 70mila le gare di selezione con relative finali.
Shiver ha cominciato a riflettere sull’attenzione e la cura per i sofferenti, quando ha dovuto assistere sua madre Rose Kennedy. Un’esperienza che lo ha segnato. Nello sport ha trovato un percorso che potrebbe superare il muro di indifferenza, paura, discriminazione, timore che molta gente prova nei confronti delle disabilità mentali . “Non di tratta di paraolimpiadi – ha spiegato – bensì di Olimpiadi speciali per persone diverse”.
Attualmente il 2% della popolazione mondiale soffre di disabilità intellettive e “la disabilità – ha sottolineato Shriver – è una parola che li definisce in modo negativo e caratterizza solo una parte della loro umanità”. Il chairman ha osservato che purtroppo si tende a indicare il valore di ogni persona nella capacità di essere indipendenti nel guadagno e nel lavoro. “Una società in cui le parole ‘idiota’ e ‘ritardato’ sono le più usate per descrivere gente affetta da questa disabilità, è una società che attacca un’etichetta e non guarda alla totalità della persona”, ha affermato. E ha rimarcato che invece “nella debolezza c’è la presenza di Dio”, perché “nella debolezza che noi rifiutiamo c’è la forza per aprire la porta all’inclusione”. Quindi, ha concluso, “occorre lasciare andare la paura della vulnerabilità”, perché “sappiamo che sia nella bellezza che nella debolezza c’è la presenza di Dio”.