Riflettere ancora sulle radici cristiane dell’Europa

Pubblicato da Rubbettino il nuovo libro del filosofo Philippe Nemo “La bella morte dell’ateismo moderno”

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Nelle settimane antecedenti la consultazione greca dei primi giorni di luglio di quest’anno, quando il primo ministro Tsipras ha chiamato alle urne i suoi connazionali per un avallo o meno alle politiche economiche richieste alla Grecia dalla Comunità Europea, è stato molto approfondito sui media il tema delle scelte democratiche all’interno dell’Europa ed il ricorso a forme di consultazioni popolari che travalichino i confini dello stato nazionale e diano ampio mandato per politiche sovranazionali.

Il pensiero, peraltro, è andato indietro nel tempo di un quarto di secolo, quando l’allora ministro sovietico Eduard Shevarnadze lanciava l’ipotesi di un referendum pan-europeo, con la partecipazione anche di Stati Uniti e Canada, per decidere sulla eventuale creazione di una Germania pacifica e unita [1]. Tra questi due eventi, nei primi anni del nuovo millennio e più precisamente tra il 2002 ed il 2006, vi fu il tentativo di redigere una “Costituzione Europea”, tappa che sarebbe stata fondamentale sulla articolazione di principi e percorsi decisionali all’interno dell’Europa. Il tema è ripreso nel libro di Philippe Nemo La bella morte dell’ateismo moderno, all’interno del quale un capitolo è intitolato “Le radici cristiane dell’Europa e la loro negazione” [2].  

In quel contesto, l’oggetto del contendere fu se si dovesse o meno menzionare nel preambolo della “Costituzione Europea” il cristianesimo tra gli elementi costitutivi dell’identità europea, insieme ad altre eredità storiche come la Grecia, Roma il Rinascimento, l’Umanesimo e l’Illuminismo. Il principale oppositore fu, come ricorda Nemo, il Presidente della Francia Chirac il quale sia per favorire l’ingresso della Turchia nell’Europa, sia per agevolare l’integrazione dei musulmani già presenti in Europa e sia per consolidare i legami con le “élite laiciste” francesi, mantenne fermo l’assunto che non vi fossero riferimenti esplicitamente religiosi nel preambolo della “Costituzione Europea”.

Nemo si applica, allora, nell’evidenziare l’errore commesso da chi si oppose al riferimento alle “radici cristiane” ricordando in che modo il cristianesimo sia parte integrante della cultura europea, partendo dall’evidenziare quali siano alcuni aspetti essenziali dell’Europa moderna e del ruolo determinante avuto dal cristianesimo nella genesi di questi valori: lo Stato di diritto e la preferenza per le vie del diritto, la democrazia, le libertà individuali, l’ideale del pensiero critico e scientifico, le libertà economiche, il rispetto della vita privata dell’individuo. Per ognuno dei valori sopra menzionati Nemo ne evidenzia i legami ai testi religiosi, alle prassi storiche ed alle ricadute sulla formazione del pensiero e dell’azione europea, con una particolare forza sui temi del diritto e della democrazia.

Sul diritto, dando riscontro di come i diritti europei non siano nati come semplice emanazione   dal diritto romano ma siano invece derivati dalla sua versione cristianizzata, ovvero il diritto canonico (orientativamente nei secoli XI – XIII). Questo perché il diritto canonico ha regolato non solo l’operato dei chierici ma tutti gli aspetti della vita civile in cui la religione era implicata, anche solo marginalmente, come ad esempio i giuramenti, i matrimoni o le ultime volontà di un moribondo in merito alla successione del patrimonio. Inoltre, si ricorda la distinzione proposta da Abelardo nel suo Etica del 1138 tra peccato (noto solo a Dio) e il crimine (che perturba l’ordine sociale).

Sul tema della democrazia, Nemo mostra invece come la democrazia moderna in Europa sia comparsa attraverso i protestanti, in particolare i calvinisti, i quali, partendo dall’assunzione che lo Stato sia una sorta di Babilonia del peccato ed essendo gli uomini di Stato più esposti al peccato, occorra porre dei limiti alla loro azione ed inserire delle forme di controllo che ne limitino l’arbitrio. Nascendo da qui l’idea di “Costituzionalismo”.  

In conclusione, merita ancora oggi una approfondita riflessione l’affermazione di Nemo, scritta peraltro diversi anni prima del “no” greco alle misure economiche europee: “L’Europa non può fondarsi su una menzogna. Una costruzione politica così ambiziosa e nuova richiede che i suoi cittadini capiscano quello che hanno davvero in comune, al di là delle regole formali, che si possono sempre aggirare e interpretare”.

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NOTE

[1] Per un approfondimento, consultare l’articolo di Ezio Mauro del 3 febbraio 1990 nell’archivio online di Repubblica.

[2] Nemo è un filosofo e professore all’ESCP Europa, autore di diversi lavori sulla storia delle idee politiche, oltre che di scritti sulla Bibbia, la musica e l’educazione. Il testo, pubblicato nel 2015 da Rubbettino, è apparso in Francia nel 2012 con il titolo La belle mort de l’athéisme moderne. Dalla quarta di copertina: “Per circa due secoli, un intero filone di ricerche intellettuali, sia sincere sia propagandistiche, ha cercato di convincerci degli errori, delle colpe e infine dell’insignificanza del cristianesimo. Oggi queste ricerche hanno esaurito la loro spinta iniziale: l’ateismo è morto di morte naturale. E’ morto perché non è riuscito, nonostante l’abbondante tempo a disposizione, a portare a compimento il programma di ricerca che si era assegnato. L’ateismo è morto, insomma, perché non ha saputo proporre una visione filosofica alternativa di un qualche valore e che offra un senso all’esistenza umana. 

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Antonio D'Angiò

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