Nell’essere umano sono costantemente all’opera due pulsioni contrastanti e sinergiche: l’io individuale e l’io collettivo.
L’io individuale è un’esperienza immediatamente avvertibile perché coincide con la vita stessa: non esiste infatti istanza emotivamente più forte dell’intima percezione del proprio ego, sia pure nelle mille e alternanti sfumature con cui costruiamo la nostra struttura identitaria.
Il fatto che l’uomo sia un animale sociale (e che debba a questa attitudine la sua sopravvivenza sulla terra) l’abbiamo appreso a scuola, ma prima ancora nell’ambiente familiare, cellula originaria della nostra interazione col mondo. E chissà, forse anche nel ventre materno, sperimentando a livello inconscio le esperienze di comunicazione prenatale.
La dialettica fra “io individuale” e “io collettivo” si ritrova anche nell’esperienza religiosa. La religiosità è il senso di stupore, connaturato all’uomo, di fronte al mistero dell’universo. Un sentimento trascendente che si manifesta in ogni epoca e cultura. Le religioni sono le forme storicizzate: il complesso dei dogmi, dei precetti e dei riti che costituiscono un dato culto. Le religioni, da sempre, s’intersecano con le tradizioni e i movimenti culturali che costellano la storia dell’umanità.
A conferma di quanto affermato, valgano due semplici esempi. Un turista che, in una calda notte romana, si trovi a passare per via della Conciliazione divenendo ad un tratto spettatore della sovrumana maestosità di San Pietro, ne riporterà un’emozione indelebile. Altro esempio (tratto anch’esso dalla vita vissuta): un amico laico che, per l’espletamento di incarichi legati alla sua professione, è stato autorizzato a recarsi in sedi monastiche, ci ha raccontato d’essere rimasto molto colpito dalla serenità, di più, dalla manifesta espressione di gioia che emanava dai volti delle monache. A fronte di una scelta di vita che potrebbe apparire, al senso comune, esclusivamente ispirata al sacrificio e alla rinuncia.
Entrambe queste esperienze appartengono alla dimensione del sacro. A quella “grande sfida che ci aspetta – scrisse S. Giovanni Paolo II nella Fides et Ratio – di saper compiere il passaggio, tanto necessario quanto urgente, dal fenomeno al fondamento”.
Il credente che sceglie la via religiosa, decidendo di consacrare se stesso alla ricerca del “fondamento”, s’impegna sovente in ardui studi teologici, a cui corrisponde un coerente percorso di vita. Il Concilio Vaticano II ci ricordava, nella Lumen Gentium, che “poiché il popolo di Dio non ha qui città permanente, ma va in cerca della futura, lo stato religioso, il quale rende più liberi i suoi seguaci dalle cure terrene, meglio manifesta a tutti i credenti i beni celesti già presenti in questo tempo…”.
La vita consacrata corrisponde, dunque, al senso di una missione: un impegno di carattere “collettivo”, potremmo dire richiamandoci ai concetti esplicitati in apertura. Ma al di là di questo, in ogni fervida vocazione religiosa, è presente un’esperienza individuale: il colloquio intimo e personale con Dio. Quella esperienza che a tutti è dato di sperimentare nella preghiera e che i grandi mistici hanno interpretato al di là del fragile vissuto umano.
A questo ambito individuale, a questa ricerca di un personale colloquio con Dio, appartiene la poesia della fede. Che non sostituisce la preghiera, non si sovrappone alla liturgia, ma conferisce ad entrambe un sovrappiù di umana esperienza, tesa e stabilire più profonde “sintonie col cielo e con la terra”.
Le parole virgolettate sono il titolo di un’opera poetica in due volumi a firma di Giancarlo Silveri, viceparroco della Parrocchia del Sacro Cuore di Grosseto. Don Silveri è nato a Roma nel 1940. Nel 1953 è entrato nel seminario minore dei Preti della Missione di S. Vincenzo de’ Paoli; nel 1966, dopo la sua ordinazione sacerdotale, ha conseguito la licenza in teologia presso l’Ateneo S. Anselmo; nel 1971 è entrato nel mondo della scuola ed ha insegnato religione cattolica fino al 2006, anno della sua messa in quiescenza.
“Dal 1995 – ci scrive don Silveri – cominciai a mettere per iscritto le mie ‘emozioni’ che sono state raccolte in due volumi dal titolo Sintonie col cielo e con la terra. Mi permetto di inviare due composizioni pubblicate nel secondo volume. Spero siano utili per aiutare a guardare oltre l’orizzonte della quotidianità…”.
Ringraziamo don Silveri per la sua testimonianza poetica e offriamo le sue belle composizioni all’attenzione dei nostri lettori, senza aggiungere parole che non siano la capacità di “vibrare insieme” ispirata dai versi del poeta.
SOLSTIZI
Mi inebrio di luce
in questo giorno
che spinge la notte lontano:
solstizio d’estate,
sosta di luce nel cielo.
Ma presto riprende
la lotta tra tenebre e luce
e lentamente
scivola il giorno
incontro al solstizio d’inverno:
sosta nel buio.
Eterna lotta
che accompagna
la vita dell’uomo
verso un eterno solstizio
che scioglierà
ogni tenebra e ombra
nel sole senza tramonto
di Dio.
*
PROFUMO DI SPERANZA
Un nespolo in fiore
irrora
di profumo intenso l’aria
di questo inoltrato autunno:
presagio
di stagione di frutti
oltre il gelido inverno.
Anche lo spirito
coglie un intenso profumo,
immateriale,
chiamato speranza:
presagio,
oltre il “gelido inverno”
che attende ogni uomo,
di frutti,
eterni,
di vita.
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