Leggere una pagina del vangelo è sempre un atto d’amore, ma è anche una strada attuale da percorrere con gioia, per rafforzare la propria conoscenza. Ritengo che ancora oggi si faccia fatica a rendere viva dentro di sé questa verità universale, lasciando le redini della nostra quotidianità in mano ad un modello di vita, racchiuso spesso in una stanca cornice umana. Il mio maestro spirituale ricorda in diverse occasioni, come anche noi cristiani dimentichiamo spesso che “Gesù mai è stato una sola volta per la falsità, l’ambiguità, la scarsa chiarezza, la parzialità, l’equivoco. Mai ha permesso che qualcuno, solo per qualche istante, potesse pensare qualcosa di differente dalla più pura, celeste, divina, umana, terrena sua verità. Gesù è in tutto come il sole: è sempre purissima luce”. L’uomo si trasforma completamente nella sua giornaliera realtà. Agisce in base ad un suo personale giudizio sulle cose che lo circondano, per tutelare e garantire la sua convenienza immediata. Il resto non serve! Così facendo scava solchi pericolosi, capaci di far smottare, alle prime piogge della propria esistenza, il terreno sotto ogni suo passo, alla maniera in cui purtroppo avviene con le gravi alluvioni naturali del nostro Paese. L’uomo sceglie di continuo la menzogna, la falsità, l’ambiguità, il tradimento, la leggerezza, l’immoralità, l’imprudenza, il ricatto, la corruzione, per raggiungere la sua meta.
L’opposto di quel Cristo che tutti a parole adoriamo, ma che rimane racchiuso in convenzioni ideate dall’uomo, per non avere problemi di coscienza dinnanzi agli altri. Norme e principi ben incastonati in un moderno relativismo accattivante, ma fuori dalla storia della salvezza. Si convive perciò con delle teorie che se lette alla luce della Parola, pur rispettose in apparenza delle attese odierne, risultano fuori da ogni grazia di Dio. In questi termini prendono forma di riflesso una modalità e uno stile di vita non solo differenti da quelli di Gesù, ma in molti casi completamente orientati da tutt’altra parte. Eppure l’uomo è l’essere più intelligente del creato ed è riuscito a conquistare spazi impensabili, fino a riuscire ad analizzare da vicino persino la composizione delle stelle cometa. Ma mentre costruisce il futuro perde sempre di più la sua forza universale, nata con lui e santificata con il battesimo. Aumenta la paura dietro la maschera di una dorata sicurezza. In questo scenario si riducono gli spazi di condivisione effettiva e aumentano le occasioni e le tipicità di finte partecipazioni, più basate sulle esteriorità che sul senso vero della comunione. Il dolore stesso ha valore solo se è personale! Il fatto che si viva impastati di peccato in una società attenta spesso solo all’effimero, incide in modo profondo in tutta la sfera della nostra esistenza. Non c’è da meravigliarsi se a questo punto ogni valutazione soggettiva rischia di essere inficiata e le stesse interpretazioni di ognuno dirottate verso canali falsificati rispetto alla realtà! Lo stesso dolore degli altri diventa un pretesto per chiudersi e non certo per comprenderne meglio le sofferenze. Così mons. Di Bruno: “…A tutti è dovuta pietà, anche a coloro che vengono giustiziati. Dinanzi al dolore si interrompe ogni giudizio e ci si deve lasciare muovere solo dalla compassione”.
Il disagio del prossimo, in un tempo in cui tutto si valuta nella perfezione del comportamento e di ciò che si espone, diventa un problema da evitare o da esorcizzare. “Chiudere la finestra” rappresenta un modello di vita. Al chiuso di solito si attutiscono i rumori, si elimina il fastidio e non si vede più il sofferente. Non ci si accorge però di scadere lentamente in una povertà spirituale, che prepara l’infelicità personale e di quanti, amici o parenti, la condividano. A tale proposito illuminanti le parole di Giobbe:
“A chi è sfinito dal dolore è dovuto l’affetto degli amici, anche se ha abbandonato il timore di Dio. I miei fratelli sono incostanti come un torrente, come l’alveo dei torrenti che scompaiono: sono torbidi per il disgelo, si gonfiano allo sciogliersi della neve, ma al tempo della siccità svaniscono e all’arsura scompaiono dai loro letti”. Se l’uomo vivesse il vangelo in profondità, senza vergognarsi e senza nascondere la Parola di Dio, potrebbe leggere la storia nella sua “versione originale” e cambiare il mondo in Cristo, per farlo rivivere nel bene. Preferisce invece gonfiarsi nei suoi proclami giornalieri, legati alle mille insignificanti e truccate azioni della società odierna, delle quali mai arrossisce o ne dubita il valore. Chi si muove in questa direzione non capirà mai l’altro, ma lo colpirà con la mormorazione, l’ipocrisia, la maldicenza, il sorriso malizioso e di condanna. Alleviare o considerare la sofferenza altrui non va contro giustizia. Un fratello, dinnanzi al prossimo vittima di una disgrazia fisica o morale, non può vestirsi da giudice. Non ne ha la facoltà! Deve essere solo un uomo capace di offrire, in un qualsivoglia contesto, un minimo di vera fraternità umana per alleviare possibili forme di afflizione. Si interrompa perciò dinnanzi a qualsiasi dolore ogni giudizio.
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