La tratta e sfruttamento anche di bambini e adolescenti si conferma un fenomeno persistente e feroce che colpisce soprattutto i minori migranti. Dal 2012 ad oggi sono 1.679 le vittime accertate di tratta in Italia, delle quali una quota significativa è costituita da minori. In particolare dal 2013 al 22 giugno 2015 sono 130 i minori vittime di tratta inseriti in progetti di protezione: la Nigeria il principale paese di provenienza, seguita da Romania, Marocco, Ghana, Senegal e Albania.
Sono alcune delle principali evidenze del Dossier 2015 “Piccoli schiavi invisibili – Le giovani vittime di tratta e sfruttamento” redatto da Save the Children, l’Organizzazione dedicata dal 1919 a salvare i bambini e tutelarne i diritti, diffuso oggi alla vigilia della Giornata Onu in ricordo della schiavitù e della sua abolizione. Le giovani vittime – rileva il rapporto – sono forzate soprattutto a prostituirsi e sfruttate sessualmente ma si rilevano anche altre forme di tratta e sfruttamento, quale quello in attività illegali, in particolare fra le adolescenti di origine rom e rumena, in associazione, spesso, a matrimoni precoci, e lo sfruttamento lavorativo fra i minori migranti, specie egiziani. Tra i piccoli a rischio anche i minori afgani ed eritrei in transito nel nostro paese. Circa 7.357 quest’ultimi, secondo il rapporto, arrivati in Italia via mare da soli dall’inizio dell’anno.
“La tratta e lo sfruttamento di bambini e adolescenti rappresenta uno dei risvolti più drammatici dei fenomeni migratori e nel momento in cui l’Italia e l’Europa sono chiamate a prendere decisioni chiave per le sorti di tanti migranti in arrivo”, dichiara Raffaela Milano, direttore programmi Italia-Europa di Save the Children. “Ricordiamoci che, fra di essi, ci sono centinaia di minori inseriti in circuiti di feroce sfruttamento o che rischiano di caderci e che quindi dobbiamo riuscire a intercettare, accogliere e proteggere adeguatamente, assicurando loro anche percorsi di scolarizzazione ed integrazione che diano un’alternativa al lavoro sfruttato”.
Il rapporto evidenzia che 300 minori nigeriani sono arrivati da soli via mare in Italia nel primo semestre del 2015. Un numero consistente sono ragazze e “presumiamo che la maggior parte siano vittime di tratta”, prosegue Milano. Giungono nel nostro paese prevalentemente via terra, transitando da Niger, Libia e attraversando poi il Mediterraneo. A convincerle con l’abbaglio di grandi guadagni e il sogno di diventare parrucchiere, modelle o lavorare come babysitter o commesse sono spesso un uomo o una donna chiamati “sponsor” o “trolley” che le accompagnano fino al paese di destinazione oppure ne organizzano i passaggi di paese in paese. Il loro sfruttamento inizia prestissimo, sin dal transito in Niger, dove vengono forzate alla prostituzione indoor.
Raggiunta la Libia vengono rinchiuse in guest house dove ugualmente sono costrette a prostituirsi, per mesi, prima della partenza per l’Italia. Qui, per coloro che arrivano via mare, la tappa successiva è solitamente Napoli, dove avviene la compravendita delle ragazze che non hanno già una destinazione prefissata. Per coloro che giungono in aereo invece la meta è solitamente Torino. Le ragazze vengono quindi consegnate a una sfruttatrice nigeriana in loco, la mamam, che da questo momento in poi gestirà le loro vite, stabilendo quando e dove debbano prostituirsi per ripagare il debito contratto dalle famiglie per il loro viaggio e “lavoro”: una cifra fra 30 e 60 mila euro, che vincola le ragazze a prostituirsi per 3-7 anni e a lavorare a ritmi intensissimi e per pochi euro (circa 20 euro a prestazione). Le ragazze sono inoltre costrette a pagare tutte le utenze domestiche e perfino l’ “affitto” periodico del marciapiede in cui si prostituiscono – circa 100/ 250 euro. A rafforzare il controllo, non solo materiale ma anche psicologico, vengono utilizzati rituali vodoo che suggellano e consolidano la relazione di sottomissione e l’accordo di “restituzione” del debito. Se le ragazze si ribellano può essere la stessa maman a usare violenza fisica e psicologica nei loro confronti, oppure il suo fidanzato.
“Lo sfruttamento e le costrizioni a cui sono sottoposte queste adolescenti sono talmente intense da rendere difficilissima la loro uscita dal circuito della tratta”, sottolinea Carlotta Bellini, responsabile Protezione Minori Save the Children Italia. “È necessario quindi rafforzare la rete delle case di fuga che sono uno degli strumenti principali del nostro sistema di protezione e assistenza alle vittime di tratta, garantendo la loro dislocazione su tutto il territorio nazionale con dei posti sempre disponibili, per rispondere immediatamente alla richiesta di una ragazza di uscire dallo sfruttamento. Bisogna poi stroncare il traffico nei paesi di origine, con un lavoro interforze, e in Italia intensificare il contrasto all’intero sistema di sfruttamento, inclusi i clienti, anche attraverso le unità di strada. È quindi di assoluta necessità l’adozione del Piano Nazionale d’Azione contro la tratta di esseri umani per un coordinamento e programmazione di tutti gli interventi, che includa fondi specifici per il supporto ai minori vittime di tratta”.
Oltre alla minori nigeriane – documenta il Dossier 2015 – sono vittime di sfruttamento sessuale nel nostro Paese anche molte ragazze dell’Est, soprattutto adolescenti tra i 16 e i 17 anni, provenienti da contesti molto poveri e marginali di paesi quali Romania, Albania, Bulgaria, Moldavia. Anch’esse vengono adescate da conoscenti o giovani uomini che le portano in Italia con la promessa di un lavoro da parrucchiera o da baby sitter per poi obbligarle a prostituirsi, sia in strada che al chiuso, in appartamenti o night club. Dell’Est, prevalentemente rumene, sono pure le adolescenti – tra cui anche ragazze italiane di origine rom – spostate dai loro paesi in Italia per essere sfruttate in borseggi e furti in appartamento. Uno sfruttamento spesso collegato al matrimonio precoce forzato, dopo il quale vengono obbligate a compiere attività illegali per restituire ai suoceri il debito contratto per il loro “acquisto” che può variare dai 5 ai 50 mila euro.
Tra le vittime di sfruttamento, soprattutto lavorativo, ci sono anche altri gruppi di migranti quali gli egiziani, il cui numero – in diminuzione nei primi mesi del 2015 – sta registrando nuovamente una crescita, con quasi 400 approdati via mare tra giugno e agosto. “Un campanello d’allarme che non dobbiamo sottovalutare”, rileva ancora Carlotta Bellini. Povertà e carenza di opportunità lavorative nel loro paese sono i principali fattori che spingono i minori egiziani a venire in Italia, con le famiglie che si sobbarcano un debito di viaggio con i trafficanti compreso fra i 2.000 e i 5.000 euro e che i ragazzi dovranno quindi ripagare con il loro lavoro.
A rischio di vita e sotto il controllo dei trafficanti, affrontano il viaggio in mare, partendo o da Alessandria o dalla Libia, dove vengono condotti anche con pulmini. Una volta approdati in Italia vengono collocati in strutture di accoglienza da cui però solitamente scappano per raggiungere Roma, o altre città del nord come Torino o Milano, dove loro stessi hanno raccontato agli operatori di Save the Children le loro esperienze di sfruttamento. A Roma, in particolare, nei mercati generali di frutta e verdura (CAR), presso autolavaggi e in frutterie o pizzerie. 10 euro per caricare un camion di frutta e verdura e 50 centesimi per ogni cassetta riempita.. Negli autolavaggi si lavora ininterrottamente anche per 12 ore, per 2-3 euro all’ora, come nelle pizzerie e frutterie.
Situazioni di sfruttamento si registrano anche fra i minor
i afgani non accompagnati – 850 presenti in Italia al 30 giugno 2015 – in relazione soprattutto al lungo viaggio che essi intraprendono dall’Afganistan, passando per il Pakistan, Iran, Turchia, Grecia e da qui, per i paesi balcanici o l’Italia, alla volta del Nord Europa. Un viaggio che può costare 3-4.000 euro, per ripagare il quale i minori si fermano anche mesi a lavorare in Turchia o Grecia, subendo sfruttamento, violenze e abusi. Talvolta coloro che non hanno disponibilità economica vengono usati dai trafficanti per manovrare il gommone dalla Turchia alla Grecia. In questo modo, non pagano la tratta. Secondo alcune testimonianze sembra addirittura che, al fine di garantire l’arrivo, i trafficanti facciano fare loro una giornata di prova per imparare a guidare l’imbarcazione.
Ad alto rischio di sfruttamento sono infine i numerosi minori eritrei – 1.600 arrivati in Italia via mare dal 1° gennaio al 30 giugno 2015 – che, da soli, transitano in Italia, diretti soprattutto in Svizzera, Germania, Norvegia e Svezia, per lo più adolescenti maschi di 16-17 anni, benché sia in crescita anche il numero di ragazze. Scappano dalla dittatura e dall’arruolamento obbligatorio nel loro paese, intraprendendo un lunghissimo e sempre più rischioso viaggio del costo, in media, di 6.000 euro, passando dal Sudan e quindi Libia o Egitto, per poi attraversare il mare verso l’Italia. Durante il viaggio possono essere vittime di tratta, sfruttamento e violenze: alcuni, intervistati da Save the Children, hanno raccontato di violenze subite durante l’attraversamento del deserto libico o la detenzione in Libia. Nel transito in Italia le loro condizioni di vita sono precarie e spesso caratterizzate da un forte controllo da parte di connazionali, e una forte promiscuità che, nel caso delle ragazze, può purtroppo sfociare in violenze e abusi sessuali.
“Chiediamo al Parlamento – conclude Carlotta Bellini – di sbloccare e approvare in tempi rapidi il Disegno di Legge. C. 1658, sostenuto dai parlamentari dei principali partiti politici di maggioranza e opposizione, che disciplina in modo organico, sul territorio nazionale, la protezione e l’accoglienza dei minorenni stranieri non accompagnati e che prevede anche misure particolari di tutela, assistenza e accoglienza per i minori vittime di tratta”.