Lettura:
Nella prima lettura, la Sapienza manda le sue ancelle per invitare le persone semplici, inesperte, al banchetto che sta preparando. Nel Vangelo, Gesù, vera Sapienza, invita a mangiare la sua carne e a bere il suo sangue per avere la vita eterna. Nella seconda lettura, Paolo suggerisce di vivere da saggi facendo buon uso del tempo e imparando a rendere grazie per ogni cosa a Dio Padre.
Meditazione
In quest’ultima parte del discorso di Gesù scompaiono il verbo “credere” sostituito da “mangiare e bere” e l’espressione “pane del cielo” sostituita da “carne e sangue”. “Carne e sangue” rimanda alla persona di Gesù che si dona: è questo il cibo che siamo invitati a mangiare, a fare nostro, perché ci doni “la vita eterna”. Questa espressione evoca subito in noi la realtà della vita dopo la morte, ma non è questo il significato che gli attribuisce Gesù. Egli, infatti, per due volte parla di chi mangia la sua carne e beve il suo sangue: nel primo caso, la conseguenza di questo gesto è avere la vita eterna, con il verbo “avere” al presente, non al futuro; nel secondo, invece, il dono è il rimanere di colui che mangia in Gesù e di quest’ultimo in lui. Dunque, il dono della vita eterna è questo rimanere reciproco tra Gesù e il credente. Questa “vita eterna” rispecchia la vita trinitaria in cui il Figlio vive “a causa, a motivo” del Padre: il credente, che fa sua la vita donata da Gesù, entra in questa logica vivendo “a causa, a motivo” del Figlio. Chi ha un po’ di dimestichezza con il Vangelo di Giovanni, non potrà non ricordare che questa realtà del “rimanere” viene ribadita da Gesù durante i discorsi dell’ultima cena, in cui afferma: «Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla. […] Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto» (15,5.7). Come singoli e come comunità cristiana, spesso ci interroghiamo su come essere testimoni credibili del Vangelo. La parola di Gesù ci indica la strada: rimanere in lui e lasciare che egli rimanga in noi. Questo è possibile mangiando la sua carne e bevendo il suo sangue, cioè facendo nostra la sua vita donata e lasciando che la sua parola rimanga in noi.
Preghiera:
«A chi cerca il Signore non manca alcun bene» (Sal 34,11): ripetendo le parole del salmo, lascio crescere in me la fiducia nel Signore.
Agire:
Ringrazierò il Signore per il dono della sua vita che diventa in me fonte di vita eterna.