Lo scorso 8 giugno il Ministero dell’Ambiente ha definitivamente autorizzato le prospezioni geosismiche per la ricerca di petrolio a largo delle coste pugliesi. La decisione ha provocato reazioni critiche da parte della popolazione, preoccupata per l’impatto ambientale che le trivelle potrebbero avere sul territorio e sulle possibili ripercussioni sulle attività economiche legate al turismo.
La ferma condanna giunge anche dall’episcopato. Mons. Vito Angiuli, vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca, osserva che “il problema è innanzitutto di politica generale; una politica energetica di carattere generale, perché anche il governo più volte ha sostenuto che la politica portata avanti fino ad oggi deve essere assolutamente cambiata e che bisogna cercare altre fonti energetiche”. Secondo il presule, intervistato dalla Radio Vaticana, c’è quindi “una questione di carattere strategico che riguarda l’impostazione di questa politica”.
Mons. Angiuli spiega poi che sembrerebbe “acclarato” che in Puglia “ci sia poco petrolio, oltretutto di scarso valore”. E “non si vede quindi il motivo di impegnare questo nostro territorio, che si fonda sul turismo e non si capisce perché si debba deturparlo senza poi avere dei vantaggi, perché non ce ne sarà nessuno di carattere economico. La scelta non sembra quindi razionale. Questo è il punto fondamentale”.
Il problema è anche un altro, secondo il vescovo. “Non risulta comprensibile perché si debba dare addirittura a sette multinazionali il compito di portare avanti delle ricerche che non porteranno alcun vantaggio economico ma che sicuramente deturperanno il territorio”, afferma. “Se si tiene conto che l’unica risorsa del Meridione e del Sud Salento è il turismo, vuol dire che si aggiunge danno a danno; se poi si pensa che abbiamo già il grave problema della Xylella ancora non risolto, non so come si possa prevedere qualcosa del genere”.
Infine, mons. Angiuli chiama in causa anche il problema dell’Ilva a Taranto. “Insomma il Sud non può diventare una pattumiera con tutti questi problemi – riflette -. Non si può aggiungere problema a problema. Non si vede il motivo per cui con i problemi che già abbiamo, si debba intervenire anche nel mare, tanto più che non ci sarà nessun guadagno dal punto di vista economico”.