L’appuntamento è per il 15 agosto prossimo a Dili, capitale di Timor Est. Qui il card. Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede, siglerà un accordo con il Governo del Paese asiatico per ufficializzare la piena sintonia nei rapporti tra Stato e Chiesa cattolica, in occasione del 500esimo anniversario dell’evangelizzazione del Paese. Timore Est, ad oggi, con il 96% di credenti sugli oltre 1,2 milioni di abitanti, è la prima nazione cattolica d’Asia per la percentuale di fedeli.
Il card. Parolin incontrerà il primo ministro di Timor Est, Rui Maria de Araujo, il quale ha definito l’accordo con la Santa Sede “una pietra miliare in un momento storico”. In una nota ufficiale de Araujo ha sottolineato l’importanza rivestita dalla Chiesa nella storia del suo Paese. “La Chiesa cattolica, in oltre 500 anni, ha dato un ottimo supporto spirituale, umano e materiale al popolo di Timor, contribuendo in modo decisivo al processo di liberazione di Timor Est”, si legge. “Oggi – prosegue la nota – la Chiesa cattolica resta un riferimento fondamentale per la popolazione, dato l’impegno che continua a manifestare nel sostenere percorsi di sviluppo della Nazione, in particolare nel campo dell’istruzione”.
La richiesta di stipulare un “Concordato” con la Chiesa, sul modello di quello italiano – ricorda Vatican Insider – affonda le radici nel 2008, quando la richiesta giunse dal presidente di Timor Est, Josè Ramos Horta, per dare alla religione cattolica un adeguato riconoscimento pubblico nell’intera società.
Timor Est ha un’indipendenza recente. Solo il 30 agosto 1999, dopo 25 anni di occupazione militare dell’Indonesia a seguito della fine del colonialismo portoghese, un referendum promosso dall’Onu fece ottenere l’indipendenza al Paese. Nel 1975, all’inizio dell’occupazione indonesiana, solo il 30% dei timoresi professava la fede cattolica. Negli anni, anche in chiave-anti indonesiana, dove la maggioranza dei cittadini è musulmana, crebbe in modo esponenziale l’avvicinamento del popolo al cristianesimo e alla Chiesa di Roma.