Mi guarda negli occhi e, un po’ emozionata, mi consegna un bigliettino. E’ scritto a mano; con la calligrafia precisa di una settantenne abituata a dare importanza ad ogni singola lettera. Mi confida: “Quel giorno, all’improvviso, è stato come se qualcuno mi suggerisse queste parole. Stavo pregando quando ho sentito il forte impulso di mettere per iscritto quel che provavo e sentivo. Te la voglio far leggere”.
È una preghiera bellissima, scritta da una persona semplice, “con la quinta elementare” (come dice lei), che parla con Dio in continuazione. “Maria, lo posso scrivere nel blog? Mi dai il permesso di far conoscere questo tuo tesoro spirituale, a tanti?” le chiedo.
“Ma certo! Basta che non mi perdi quel biglietto”. “Tranquilla Maria! Lo copierò al pc e te lo ridarò subito”. E lei mi guarda sorridendo rassicurata.
18 – 9 – 96 Silenzio
Gesù, il silenzio davanti a te è la mia pace
Gesù, il silenzio davanti alla tua croce è il mio sostegno
Gesù, il silenzio davanti al tuo sangue versato è la mia salvezza
Gesù, il silenzio davanti al tuo cuore è amore per te
Gesù, il silenzio nella tua chiesa è oasi di consolazione
Gesù, il silenzio sulla cima della montagna è ammirazione del creato
Gesù, il silenzio mi aiuta a meditare le tue meraviglie
Gesù, il silenzio mi aiuta ma ancora non riesco a capire cosa vuoi da me.
Gesù chiedo aiuto a te.
Alleluia!!!
Che dire? Che aggiungere?
Il silenzio ci porta lontano da noi stessi e, contemporaneamente, sussurra proprio al centro della nostra anima. In questo misterioso movimento, percepiamo che questo mondo è un luogo d’esilio. E nel silenzio l’anima inizia a cantare melodie interiori eterne, andando al di là delle sette note conosciute.
Antoine de Saint-Exupèry diceva: “Ho sempre amato il deserto. Ci si siede su una duna di sabbia. Non si vede nulla. Non si sente nulla. E tuttavia qualche cosa risplende nel silenzio”. Il silenzio scelto, fa sentire la gentilezza dell’universo. Al contrario, quando non è scelto, il silenzio è “pieno di echi sinistri, tracce di richiami falliti, di grida soffocate, di segnali di fumo che il vento ha disperso” (Dacia Maraini). È solitudine dolorosa.
Dio ama il silenzio “scelto” e lì si infila come vento delicato. Scompiglia divertito i capelli dell’anima e ci aiuta a chiudere gli occhi, per farci essere sereni e tranquilli come bimbi in braccio alla propria mamma (cfr salmo 130)
Madre Teresa diceva: “Abbiamo bisogno di trovare Dio, ed Egli non può essere trovato nel rumore e nella irrequietezza. Dio è amico del silenzio. Guarda come la natura – gli alberi, i fiori, l’erba – crescono in silenzio; guarda le stelle, la luna e il sole, come si muovono in silenzio …. Abbiamo bisogno di silenzio per essere in grado di toccare le anime.”
L’ammiraglio Richard Evelyn Byrd (un militare ed esploratore statunitense) scrisse dei diari di viaggio durante le sue esplorazioni nell’Antartide: “Fatto la mia passeggiata quotidiana oggi a oltre 35° sotto zero … Mi sono fermato ad ascoltare il silenzio… Armonia, ecco che cos’era! Ecco, ciò che usciva dal silenzio era un ritmo delicato, il tono di un accordo perfetto, la musica delle sfere forse. Fu sufficiente afferrarne il ritmo perché io mi sentissi parte di esso. In quell’istante non ebbi alcun dubbio dell’unità dell’uomo con l’universo.”
Però sento che il silenzio non è solo “star zitti”, ma è anche il sacro viaggio verso un luogo che conosci solo tu. È riposarsi nell’utero divino, dove nasce ogni vita con impresso il sacro sigillo.È a quel punto che il silenzio diventa la voce di un altro alfabeto che ci parla dentro e ci dice: “Non temere, perché io sono con te; non smarrirti, perché io sono il tuo Dio” (Isaia 41).
È stato questo “non temere”, “non ti sentire solo”, che mi ha fatto venire in mente una cosa che santa Teresa di Lisieux aveva imparato per esperienza personale. Lei racconta che quando aveva tredici anni, due volte a settimana doveva andare all’Abbazia delle Benedettine di Lisieux per ricevere lezioni di lavoro manuale.
Quando terminava le sue lezioni nell’abbazia “nessuno mi degnava di uno sguardo; perciò salivo alla tribuna della cappella e restavo davanti al Santissimo Sacramento fino a quando papà veniva a prendermi: era la mia sola consolazione; non era Gesù il mio unico amico? Sapevo parlare solo a Lui, le conversazioni con le creature, perfino le conversazioni pie, mi stancavano l’anima. Sentivo che era meglio parlare a Dio che parlare di Dio, perché si mescola tanto amor proprio nelle conversazioni spirituali” (da “Storia di un’anima”)
Che silenzio “pieno” sarà stato quello di Santa Teresina! Non un semplice “stare zitta” ma un silenzio portatore di tutti i gemiti e le speranze che erano in lei. E pochi conoscono questo episodio di cui è stato testimone il curato d’Ars. Egli passava molto tempo nella sacrestia per preparare laboriosamente le sue prediche, poiché non aveva una profonda cultura. Si stupiva nel vedere ogni sera un contadino, un uomo molto semplice, senza istruzione, che, al ritorno dal lavoro, dopo aver lasciato i suoi zoccoli alla porta, entrava in chiesa, si metteva in un angolo e rimaneva per molto tempo immobile e silenzioso.
Il curato d’Ars stesso racconta che una volta non si trattenne dalla voglia di chiedergli: “Ma, amico mio, che cosa fa qui?”. L’uomo gli rispose nel suo dialetto della regione di Dombes: “Oh, signor curato, io lo guardo e lui mi guarda”.
È quello che ha fatto Maria, la dolce settantenne del bigliettino!