Migranti a Calais: "Non numeri ma persone, riconoscere disperazione di chi chiede asilo"

Pax Christi Francia e Conferenza Episcopale inglese commentano i fatti avvenuti nei giorni scorsi nell’Eurotunnel

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Un’altra nottata difficile, ieri, a Calais: numerosi migranti hanno tentato di introdursi nell’Eurotunnel sotto la Manica per arrivare nel Regno Unito. Già nella notte tra il 2 ed il 3 agosto, circa 1.700 profughi erano stati respinti, mentre tra lunedì e martedì sono stati bloccati altri 600 tentativi di passaggio oltremanica. 

Una situazione insostenibile, sulla quale è intervenuto vigorosamente mons. Marc Stenger, vescovo di Troyes e presidente di Pax Christi Francia, che – in una dichiarazione – ricorda che i migranti sono “esseri umani che hanno una storia ed una dignità, e non numeri da incolonnare nelle statistiche”.

“I migranti non sono terroristi”, prosegue il presule, “spesso sono giovani che hanno rischiato il tutto per tutto in cerca di una vita migliore, lontana dai conflitti e dalle persecuzioni nelle loro terre d’origine”. “Se è legittimo prendere misure di sicurezza e di controllo”, afferma, bisogna tuttavia considerare che “la questione dei migranti non potrà essere regolata unicamente con soluzioni tecniche”. Anche perché “ciò che le violenze a Calais rivelano è innanzitutto la mancanza di coerenza, a livello europeo, nelle politiche di accoglienza e nelle legislazioni del lavoro”.

Di fronte, poi, al moltiplicarsi dei centri di detenzione amministrativa, all’emarginazione dei migranti nelle zone di frontiera, alle politiche migratorie europee basate sulle quote, il presidente di Pax Christi stigmatizza “il rifiuto di cercare nuovi metodi di integrazione in Europa o di risoluzione dei conflitti nei Paesi di provenienza dei migranti, che potrebbero invertire veramente la rotta”. 

Infatti la situazione di Calais “rivela anche l’esistenza di un flusso di popolazioni provenienti da Siria, Sud Sudan, Eritrea e da altre zone di conflitto, così come l’esistenza di una rete di trafficanti che organizzano queste filiere della miseria con la forza, la violenza, il furto”.

Tuttavia mons. Stenger denota anche degli aspetti positivi, ad esempio il fatto che gli avvenimenti dell’Eurotunnel abbiamo fatto emergere una rete di solidarietà tra persone che offrono “un pasto, una doccia, un tetto a coloro che vivono in esilio”. Ad esse il vescovo, a nome di Pax Christi, dice grazie ed offre il suo sostegno. 
 
Sulla questione migrazione è intervenuta poi la Conferenza Episcopale inglese, tramite una lettera al Telegraph a firma del vescovo responsabile per i migranti, monsignor Patrick Lynch, in cui si invitano i leader politici di Francia e Inghilterra a riconoscere “la disperazione di chi cerca asilo” e a mettere in atto, soprattutto in Francia, “procedure più efficienti per valutare in modo equo e rapido i richiedenti asilo”.
 
“Mi ha rincuorato  leggere l’impegno congiunto di Theresa May, il ministro degli Interni, e di Bernard Cazeneuve, il suo omologo francese, per fornire una protezione a chi fugge da un conflitto e perseguire invece i criminali spietati che incoraggiano così tante persone a intraprendere un viaggio pericoloso”, scrive Lynch.
 
Esorta quindi a “rispondere alla situazione a Calais riconoscendo la disperazione di coloro che chiedono asilo, e contribuendo a mettere in atto (soprattutto in Francia) procedure più efficienti per valutare in modo equo e rapido i richiedenti asilo. Dobbiamo lavorare con la Francia – dice – per migliorare le misure di sicurezza, e sostenere chi (come in Italia, Grecia, Spagna e Malta) è impegnato in missioni di soccorso per le migliaia di migranti che attraversano il Mediterraneo”.  
 

Di qui l’incoraggiamento al governo britannico a collaborare “a stretto contatto” e “a livello globale” con governi, agenzie umanitarie e comunità di fede dei Paesi da cui provengono i migranti e dei Paesi che li accolgono. “Le cause di questa migrazione di massa sono complesse – conflitti armati, guerre civili, l’ascesa di Isis, il fallimento di alcuni Stati e la loro incapacità a funzionare adeguatamente, la depressione sociale e la povertà. Tutti questi fattori – rileva mons. Lynch – acuiscono la disperazione. Le Chiese e le comunità di fede in alcuni di questi Paesi agiscono unicamente per offrire assistenza a coloro che fuggono dal conflitto, ma anche per aiutare le persone, soprattutto i più vulnerabili, a non cadere nelle false promesse dei trafficanti degli esseri umani”.

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ZENIT Staff

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