The Return of the Prodigal Son

WIKIMEDIA COMMONS

Perché perdonare è così difficile?

A volte il perdono arriva dopo anni di lavoro interiore. Ma non scoraggiamoci: con un perdono leviamo tossine nell’aria e rimettiamo ossigeno dappertutto!

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

“Carissima Cristina, Giuda è stato molto cattivo nei confronti di Gesù e l’ha tradito. Gesù però era una persona buona. Perché io, qualora venissi tradita da qualcuno che amo moltissimo (nota bene, Gesù era buono, non scemo, quindi non credo perdonasse tutti a destra e manca) non dovrei perdonarlo? Sia chiaro, questo perdono intaccherebbe in maniera profonda il mio orgoglio!”.

Carissima Ginevra,

sei unica ed il tuo stile è inconfondibile. Sei partita addirittura da Giuda e da Gesù, per dirmi: “Aiutooo! Voglio perdonarlo ed ho bisogno di convincermi che non sto facendo una boiata pazzesca!”. E che dire della ciliegina che rende la tua torta più intrigante, cioè il riferimento al tuo orgoglio? Praticamente mi/ ti domandi: “Sto facendo un atto di eroismo affettivo, perdonandolo, o sto indecorosamente calpestando il mio orgoglio? Questo perdono mi renderà più felice o sarà solo un marchio indelebile della mia fallimentare ingenuità?”.

1. Che il perdono sia una cosa bella ed utile, oramai è assodato. Nessun psicoterapeuta direbbe ad un suo paziente: “Guardi, curi il suo rancore e progetti anche di notte i suoi propositi di vendetta. Vedrà come starà meglio!!!”. La persona che non vuole perdonare, infatti, si aggancia con ostinazione al passato e si condanna a sciupare il presente. Oltretutto se apriamo una lite tra il presente e il passato, rischiamo di perdere anche il futuro!

2. Che perdonare se stessi sia l’anticamera per la rinascita, oramai è chiarissimo. Prima o poi capita a tutti di cadere. Aspettiamocelo. Accettiamolo. Siamo solo esseri umani, Perdoniamoci e rialziamoci! Pian piano impareremo ad essere forti. Quando ho deciso di fare la mia tesi universitaria sul senso di colpa, non immaginavo in quale mare magnum dell’interiorità umana, mi sarei cacciata. Per mesi sono entrata nelle questioni irrisolte del nostro subconscio, sballottolata tra sentimenti negativi e tiranni come la paura, la menzogna o la vigliaccheria.

Pian piano capivo che col tempo, un senso di colpa sedimentato, maciulla l’anima. Ci riempiamo l’anima di tossine che ci fanno vedere l’errore non come possibilità per capire e migliorarci, ma solo come un’ulteriore e tragica possibilità di sminuirci. Eppure basterebbe essere consapevoli che è una condizione comune, per sentirci meno soli, meno vulnerabili, meno sbagliati.

3. Ma perché è così faticoso perdonare? Cara Ginevra, ben arrivata all’ultimo punto. Assodato che perdonare ci fa bene. Capito che l’orgoglio, troppo spesso, ci fa male. Rimane la domanda: se è tutto così chiaro, perché è così difficile perdonare?. “Per-donare” significa “concedere un dono”: è così in tutte le lingue. Dall’inglese ‘forgive’ al francese  ‘pardonner’ e al tedesco ‘vergeben’. Fare un dono è bello e gratificante; ma farlo a chi ci ha ferito, ha del miracoloso!

Quando si è vittima di un’offesa, ci si sente subito smarriti, indifesi, impotenti e si vivono emozioni fortemente  negative come il rancore, la delusione, la frustrazione, la rabbia. Fra la vittima e l’offensore viene a crearsi un legame colmo di tensione che rischia di diventare un pensiero invadente nella quotidianità della persona offesa. Ma tutto parte da lì: dal nostro sentirci smarriti, indifesi ed impotenti.

Li ripeto questi tre termini perché sono come un trifoglio: rappresentano l’ultima frontiera della nostra più intima paura. Una paura che, spesso, è nascosta anche alla nostra parte più consapevole. Più è grande la paura e più si attivano i meccanismi di difesa. È per questo che perdonare non è normale, non è naturale, non è umano. Ma se ci fermiamo a questo stadio, siamo fregati.

Perché c’è una cosa che è ancora meno normale, meno naturale, meno umano: restare da soli. Rancore dopo rancore …e restiamo nel buio della nostra solitudine. Rabbia dopo rabbia…e cadiamo nel ventre del soliloquio. Paura dopo paura…ed impazziamo nella mania di persecuzione. È il perdono che ci salva. Questo regalo che facciamo agli altri, spalanca la porta del nostro “io” alla vita, facendo scappare l’insonnia per la vendetta senza pietà e la paura del tunnel senza luce.

Al nostro “io” si affianca una sola lettera e diventiamo proprio come “Dio”: felici di essere con qualcuno accanto. Quel “qualcuno” può essere l’amica, un padre, un collega, il fidanzato, il vicino di casa, persino una persona morta. E non è neanche fondamentale che questi “qualcuno” vengano a sapere del nostro perdono. È un regalo intimo che facciamo e che porterà solo del bene: a noi stessi ed all’intero mondo. Con un per-dono leviamo tante tossine che girano nell’aria e rimettiamo ossigeno dappertutto. A volte il perdono arriva dopo anni di lavoro interiore: non scoraggiamoci. È un atto di eroismo, perdonare. 

Anzi: sii prudente sul perdono facile. Stai alla larga dal perdonismo, che banalizza le colpe ed assolve tutti a prescindere. Leggi tanti libri su esperienze vere di perdono, allenati nelle piccole cose e guarda a Dio. Lui è pronto a perdonare chiunque glielo chieda: “Poiché tu, o Signore, sei buono, pronto a perdonare, e misericordioso verso tutti quanti t’invocano” (Salmo 86,5). Se Dio fa così, un motivo ci sarà!

[Tratto da www.intemirifugio.it]

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Maria Cristina Corvo

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione