Arson attack against catholic monastery of the Multiplication at Tabgha

ACN

Rabbini contribuiscono alla ricostruzione della Chiesa di Tabgha

Il santuario edificato sul luogo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, era stato danneggiato da un gruppo estremisti sionisti

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Il santuario di Tabgha, danneggiato da un gruppo di fondamentalisti sionisti lo scorso 18 giugno, sarà riparato con il contributo degli ebrei israeliani.

La chiesa, costruita nel luogo dove Gesù Cristo compì il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci ed oggi retta dai monaci benedettini, era stata data alle fiamme, con la conseguente distruzione di un atrio esterno, mentre erano rimasti intatti i mosaici pavimentali risalenti al V secolo.

Oltre all’incendio, erano state riscontrate delle scritte rosse di un versetto in ebraico contro “i falsi dei”, che furono correttamente interpretate come la ‘firma’ rivendicatoria di un gruppo estremista sionista: poco dopo, infatti, erano stati arrestati e poi rilasciati sedici giovani, appartenenti alla fazione ultraortodossa di Yitzhar.

Ispirandosi a un detto del Rabbino Nachman di Breslov (1772-1810) – “Se credi che puoi distruggere, credi che puoi anche riparare” – un gruppo di rabbini ha lanciato una campagna per la ricostruzione completa della chiesa di Tabgha. Un’operazione che vuole suggellare la ritrovata amicizia ebreo-cristiana dopo il terribile episodio.

L’iniziativa ha trovato il consenso non solo dei rabbini ma anche della comunità ebraica in generale e dei singoli cittadini, oltre che della comunità cristiana della Terra Santa e di altre parti del mondo.

Secondo Alon Goshen-Gottstein, ebreo, fondatore e direttore dell’Eliah Interfaith Institute, riconosciuto a livello internazionale come una delle figure più eminenti impegnate nel dialogo interreligioso, il contributo ebreo alla ricostruzione di Tabgha è qualcosa che va molto al di là del ripristino di buone relazioni tra gruppi religiosi diversi.

“Si tratta di permettere ai nostri più profondi dolori e tensioni spirituali di modellare la nostra attitudine verso gli altri”, scrive Goshen-Gottstein sull’Huffington Post.

Poiché gli ebrei continuano a soffrire per la distruzione del Tempio, prosegue l’intellettuale ebreo, essi hanno il dovere di mostrarsi “sensibili alla santità di tutti i luoghi di culto di qualunque religione”.

È quindi in questo spirito di sensibilità verso il dolore dei propri fratelli cristiani, che gli ebrei “continuano a pregare per la ricostruzione del Tempio”, conclude poi Goshen-Gottstein. [L.M.]

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ZENIT Staff

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