Aurora borealis appear in night's sky

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La notte delle parole

Nella babele dei linguaggi contemporanei si riafferma la necessità della Parola per una ricerca di senso

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In una felice esperienza d’ordine letterario, la redazione di ZENIT tende, sempre più, a diventare la “cartina al tornasole” di una rinascente poesia di segno religioso.

Si moltiplicano, infatti, i poeti che ci inviano le loro opere per la pubblicazione, attestando una ricerca di senso antitetica all’insufficienza esistenziale che caratterizza il nostro vivere quotidiano.

Le gamme creative sono diverse: da una poesia che si immedesima nell’esperienza religiosa come espressione catartica, dimensione di trascendenza che è garanzia di verità e bellezza, a una poesia che coglie nell’esperienza religiosa la contestazione dei paradigmi contemporanei, basati sui falsi miti di un progresso anti-umano, nei quali il messaggio del Vangelo viene vilipeso e tradito.

È una ricerca poetica che matura sotto traccia, come volutamente appartata è l’attività letteraria di molti poeti dotati di una linea di ispirazione schiettamente religiosa. Al punto che può risultare difficile effettuarne una verifica e una ricognizione critica. Ma non è questo il nostro intendimento. Il nostro fine non è quello di fare una “mappa georeferenziata” del territorio poetico, quanto mostrarne un’istantanea dove brillano alcune voci luminose. E per fortuna i contributi in tal senso non mancano.

Nei giorni scorsi è giunta in redazione una silloge poetica a firma della professoressa Paola Mancinelli, docente di filosofia e storia al Liceo Scientifico “G. Galilei” di Ancona. La Mancinelli fa parte del Coordinamento delle Teologhe Italiane (zona Umbria-Marche) ed è particolarmente impegnata sul fronte del dialogo tra filosofia e teologia, occupandosi tra l’altro del rapporto tra filosofia e mistica. Ha pubblicato diversi testi saggistici e, come poetessa, ha al suo attivo diverse raccolte.

Nel ventaglio delle poesie di Paola Mancinelli, che abbiamo apprezzato fin dalla prima lettura, siamo stati colpiti in particolare da due versi che aprono una delle composizioni. Due versi che pongono un interrogativo d’intensa drammaticità lirica: “Dissipata anche la Parola / nella notte delle parole?”.

La contrapposizione è evidente: la “notte delle parole”, ovvero la babele dei linguaggi contemporanei nella quale s’affollano dogmatismi ideologici, illusioni materialistiche ed egocentrismi di potere, sta diventando, sempre più, incapace di senso. Ossia incapace di rispondere alle domande che l’uomo (inteso sia come individuo che come specie collettiva) spontaneamente si pone circa il significato e il fine della vita. All’estremo opposto abbiamo la “Parola”, che rifiuta ogni accomodante transazione con l’hic et nunc, e s’incardina in un principio di trascendenza che ci fa sentire tutt’uno con l’intera creazione. Ci piace richiamare, a tale proposito, il paragrafo 79 della Laudato sì di papa Francesco: “In questo universo, composto da sistemi aperti che entrano in comunicazione gli uni con gli altri, possiamo scoprire innumerevoli forme di relazione e partecipazione. Questo ci porta anche a pensare l’insieme come aperto alla trascendenza di Dio, all’interno della quale si sviluppa. La fede ci permette di interpretare il significato e la bellezza misteriosa di ciò che accade”.

Quella della Mancinelli è, in tutta evidenza, una domanda retorica. La “notte delle parole”, che pure stiamo vivendo, non potrà mai dissipare la “Parola”, che si pone eternamente come metro di giudizio contro la fragilità e l’errato esercizio del libero arbitrio umano.

Una visione filosofica che, nelle intenzioni dell’autrice, rappresenta anche una verità teologica e una dichiarazione di poetica, come si evince dagli altri componimenti della silloge, nei quali si respira un’intensa apertura al trascendente ed una chiara vocazione mistica di matrice cristiana.

Dissipata anche la Parola
nella notte delle parole?
Come muto grido sta il Corpo dell’Agnello
ancora issato
sul monte vivo dei corpi violati,
ed è loro immagine più vera
di bellezza ricomposta
dopo l’inconcepibile della mente
e del cuore.
Sta ancora issato il Corpo dell’Agnello
come estremo Shemah ripetuto
nella polvere di Dio

*

Da quella polvere
riplasmata,
e da quei nomi mescolati
a ghiaccio e sangue,
da quella congestione di dolore
addensata nella memoria
possa, nuova, inedita
posarsi la Grazia come spiro
di luminosa
pneumatica aurora che fughi
la lunga eclissi

*

Il canto può, per la sua radice
che s’espande nell’eterno,
figurarlo come puro sorgere,
e così dare forma compiuta
alla creazione,
vivendone al di dentro
il segreto divino

*

Così sarà poetare
urgenza d’eterno
che assedia l’anima
per librarla in alata
coscienza
della più alta bellezza
discesa
alla sua sete di creazione

***

I poeti interessati a pubblicare le loro opere nella rubrica di poesia di ZENIT, possono inviare i testi all’indirizzo email: poesia@zenit.org

I testi dovranno essere accompagnati dai dati personali dell’autore (nome, cognome, data di nascita, città di residenza) e da una breve nota biografica.

Le opere da pubblicare saranno scelte a cura della Redazione, privilegiando la qualità espressiva e la coerenza con la linea editoriale della testata.

Inviando le loro opere alla Redazione di ZENIT, gli autori acconsentono implicitamente alla pubblicazione sulla testata senza nulla a pretendere a titolo di diritto d’autore.

Qualora i componimenti poetici fossero troppo lunghi per l’integrale pubblicazione, ZENIT si riserva di pubblicarne un estratto.

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Massimo Nardi

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