1938. Obiettivo: ideare un monumento architettonico in onore di Dante Alighieri, dalla sua Divina Commedia al pensiero politico, in tempo per la celebrazione ventennale del regime fascista, cioè il 1942.
L’architetto Terragni ipotizzò la soluzione al tema di unire architettura e letteratura, attraverso una chiusa struttura rettangolare, in travertino al cui interno, lo spazio sarebbe stato suddiviso in stanze simboliche, distribuite come il percorso in ascesa compiuto da Dante, cioè dalla Selva oscura, all’Inferno, al Purgatorio e infine, al Paradiso; tutto caratterizzato da un progressivo prevalere della luce sull’oscurità iniziale (era prevista anche una sala dedicata all’impero con la presenza di un bassorilievo di un’aquila, ed all’uscita, a livello strada, un monolite simboleggiante il “veltro”).
L’edificio, ideato come trasposizione della struttura numerica e geometrica della Divina Commedia, sarebbe diventato una traduzione del poema nei ritmi dell’architettura, nelle dimensioni e nelle proporzioni di pareti e colonne.
Soprattutto, il “rettangolo aureo” e la sua scomposizione interna si sarebbe posto come il principale riferimento geometrico e simbolico alla struttura della Divina Commedia (anche se il rapporto aureo non era effettivamente presente nella numerologia del poema).
Secondo il ridisegno dei grafici originali e della realizzazione del modello (1), verificati sui disegni di Terragni, il primario dimensionamento del rettangolo aureo avrebbe avuto una pianta di 66,66 x 41,20 metri.
Per quanto concerne la dimensione dell’alzata, in base anche delle indicazioni fornite nel concorso (si sarebbe dovuto tenere conto delle progressioni numeriche 1,3,7,10 che si ritrovano nel poema dantesco), le tre sale sono situate a tre livelli, rispettivamente mt. 2.70, 7.40, 8.10 e, anche le realizzazioni in muratura sono impostate su riferimenti numerici.
Per la ricostruzione del Paradiso, invece, sulla base delle indicazioni fornite nella relazione, per le colonne, erano previsti mattoni in vetro molato e per la copertura, un sistema in vetro e acciaio.
Infine, il muro esterno che avrebbe separato l’edificio da via dei Fori Imperiali, secondo una interpretazione in corso di studio, doveva essere formato da 99 blocchi di dimensioni variabili in funzione delle terzine di ogni canto, sui quali dovevano essere scritte incisioni e scolpiti rilievi che facevano riferimento a ciascun canto.
Questa dimensione creativa di arte – architettura, sviluppata da Mario Sironi (2), era la conferma che non vi era più soluzione di continuità tra le due discipline.
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NOTE
[1] Questo e altro (ad esempio, i progetti per l’Esposizione Universale del 1942) possono essere visti sia su pannelli cartonati che in formato digitale nell’ambito della mostra in corso alla Casa dell’Architettura a Roma (Piazza Manfredo Fanti 47, www.casadellarchitettura.it) intitolata “Giuseppe Terragni a Roma” che sarà aperta sino metà settembre. L’obiettivo della mostra è quello di rileggere criticamente l’opera di Terragni (morto a Como nel luglio del 1943, all’età di trentanove anni) prendendo in esame i progetti che l’architetto comasco ha realizzato per la città di Roma. Inoltre, anche quello di mettere in evidenza il rapporto tra Terragni e gli artisti che hanno avuto un ruolo importante nell’elaborazione di progetti architettonici. La ricerca, nata da una idea di Flavio Mangione, ha avuto come partner per la realizzazione anche la Società Dante Alighieri (Su youtube, al link. https://youtu.be/Iq_c8lVzRTs; https://youtube.com/ladanteit, lo streaming della giornata di studi organizzata dalla Società Dante Alighieri il 10 giugno su Terragni e “Il Danteum”) [2] Mario Sironi, nato a Sassari nel 1985 e morto a Roma nel 1961, oltre ad essere stato un pittore, è stato anche scultore, architetto e scenografo. Pietro Lingeri, architetto, aderisce al Movimento Italiano Architettura Razionale.