Beatrice Vio detta Bebe è una bella e coraggiosissima giovane ragazza, la cui vita ha rischiato di essere stroncata da una meningite ma la gravità delle conseguenze della malattia non l’hanno abbattuta né depressa, al contrario l’hanno liberata dalle paure e così è diventata un esempio vivente dell’ottimismo.
All’età di cinque anni e mezzo ha iniziato a tirare di scherma. A 11 anni era già brava, aveva grinta e talento.
A 11 anni però, fu colpita da una menginite fulminante. In tre giorni rischiò di morire. Si salvò ma le conseguenze della meningite furono devastanti. Le dovettero amputare la gambe sotto il ginocchio e gli avanbracci sotto il gomito.
Era viva, era parte di quel 4% che sopravvive ad una meningite di quel tipo, ma non aveva più né avanbracci né gambe.
Dopo tre mesi e mezzo di dolorosissime operazioni di chirurgia plastica, con la pelle che veniva presa da diverse parti del corpo per coprire i monconi di braccia e gambe, Bebe riprese la scuola.
Per un anno imparò a usare le protesi e cercò di rimettere in attività i muscoli. Riprese a tirare di scherma e nonostante le immani difficoltà (unica schermitrice al mondo senza braccia), ricominciò a gareggiare nella categoria paralimpici.
Il suo talento e la sua voglia di vivere sono emersi prepotentemente, così dopo essere stata scelta tra i teodofori (coloro che portano la fiamma olimpica) alle Paralimpiadi di Londra del 2012, ha vinto il titolo europeo assoluto paralimpico nel fioretto categoria B individuale e a squadre ai campionati continentali di Strasburgo, il titolo mondiale Under 17 al campionato mondiale paralimpico di scherma di Varsavia, mentre è notizia di tre giorni fa la sua vittoria nel fioretto femminile alla prova di Coppa del mondo che si sta svolgendo a Varsavia, categoria B, ponendo una seria ipoteca alla qualificazione ai Giochi Paralimpici di Rio 2016.
La meningite fulminante di cui Bebe è stata vittima avrebbe ucciso anche un toro e, soprattutto avrebbe seppellito ogni speranza, eppure Bebe nel libro Mi hanno regalato un sogno (Rizzoli), ha scritto: “Ciao Mondo! Sono una ragazza fortunata!”, perché “mi sono accorta di avere tanti amici e ogni giorno realizzo quanto è bello lo sport, quanto è bella la vita” (…). Sono ambiziosa? Può darsi, ma io l’ho sempre detto fin da quando ero in ospedale “datemi le gambe e vedrete!”.
Ed ancora: “Io così sto benissimo. Con le mie quattro paia di gambe, le mie mani da Robocop e le mie cicatrici sul viso (neanche mi riconoscerei più senza)”.
Nella prefazione al libro il cantante Jovanotti ha scritto: “Tu sei pazzesca Bebe. Quando qualcuno ti conosce succede che vuole essere migliore”.
Jovanotti ha descritto Bebe come una sognatrice e i sognatori si assomigliano tutti perché “sono lottatori ma non te lo fanno pesare, hanno un senso del dovere fortissimo ma non lo impongono a nessuno, espongono il sorriso come fosse un arcobaleno. Non ce la fanno a vedere il bicchiere mezzo vuoto, per loro anche la metà vuota non è vuota, è piena di aria, e l’aria è buona da respirare, è come bere, fa vivere”.
Nel libro Bebe ha spiegato che il racconto della sua malattia e della permanenza all’ospedale potrebbe essere di aiuto a qualcuno per capire che “nella vita bisogna sempre, ma proprio sempre, essere assolutamente ottimisti, perché la vita è una figata sul serio”.
L’aspetto che più colpisce nel leggere il libro di Bebe Vio è che lei trabocca di entusiasmo e di gioia di vivere.
La terribile malattia non ha scalfito il suo buon umore, anzi sembra che l’abbia acceso ancora di più.
Si comporta con grande normalità, è solare, aperta simpatica. Non rinuncia a nessuna delle attività di una giovane diciottenne. Va al centro commerciale, ai concerti con le amiche, al mare, con gli scout, e per uscire la sera si è fatta fare anche le protesi per portare i tacchi di 11 cm e mezzo.
È un atleta di eccezionale talento. Lei dice che le amputazioni l’hanno aiutata, perché nella scherma paralimpica deve stare in carrozzella che non può indietreggiare e quindi può solo attaccare, e Bebe è una furia quando attacca.
Insieme ai suoi genitori, che si sono dimostrati di una forza incredibile, Bebe ha fondato la aArt4sport – lo sport come terapia per bambini amputati (http://www.art4sport.org) una che avvicina i ragazzi con disabilità fisiche allo sport che organizza tra l’altro “i giochi senza barriere”.
È scritto nel sito dell’associazione: “Crediamo nello sport come terapia per bambini portatori di protesi di arto. Art4sport aiuta i bambini amputati a gioire della bellezza della vita ed integrarsi nella società attraverso lo sport”.
Bebe ha girato il mondo come testimonial, è andata nelle carceri, nella scuole, nelle Tv, nelle diverse associazioni, a tutti ha portato ottimismo, speranza ed una gran voglia di vivere.