Regina Coeli

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Italia: calano i detenuti, ma è ancora sovraffollamento

Dal “pre-rapporto” dell’associazione Antigone emerge che sono scese a 52 mila le persone in carcere. Ancora 3 mila oltre la capienza regolamentare

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Diminuiscono i detenuti nelle carceri italiane. Il “pre-rapporto” dell’associazione Antigone, che si occupa della tutela dei diritti dei detenutini, spiega che al 30 giugno 2015 52.754 persone si trovano dietro le sbarre, contro il picco del 2010, quando nei penitenziari c’erano oltre 68 mila persone. Il sovraffolamento, tuttavia, resta un problema: sono 3 mila i detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare.

“Le riforme messe in campo a partire dal 2012 e consolidate di recente hanno prodotto finalmente una situazione di minore affollamento – afferma il testo -. Il Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) afferma che i posti letto regolamentari sarebbero 49.552 ma precisa anche che il dato sulla capienza non tiene conto di eventuali situazioni transitorie che comportano scostamenti temporanei dal valore indicato. In ogni caso ci sono per certo 3.232 detenuti oltre la capienza massima. Gli ingressi dalla libertà nel primo semestre del 2015 sono stati 24.071, in netto calo rispetto al passato”.

Calano anche gli imputati, spiega il documento: “Gli imputati, presunti innocenti, sono il 33,8 per cento del totale della popolazione detenuta. Erano il 43,4 per cento nel 2010. E’ questo l’esito delle riforme che hanno ridotto l’uso della custodia cautelare”.

Antigone affronta anche il tema delle misure alternative. Il Ministero della Giustizia parla di 33.247 persone detenute in misura alternativa, ma secondo l’associazione potrebbero essere di più. “Sono ben 19.130 i detenuti che devono scontare meno di 3 anni e potrebbero accedere a una misura alternativa alla detenzione – spiega il testo -. Invece sono in carcere, sia a causa di preclusioni di legge che per decisione della magistratura di sorveglianza. Sono il 55,8 per cento del totale dei detenuti condannati”.

Per Antigone occorre aprire un dibattito approfondito sul sistema carcerario. “Dobbiamo riscrivere il sistema delle pene – spiega l’associazione -, togliendo centralità al carcere fin dal momento della sentenza, dando spazio a pene di comunità che risultano nella stragrande maggioranza dei casi ben più utili e che non recidono il rapporto tra la società e colui che ha deviato dalle sue regole. Dobbiamo riscrivere l’elenco dei reati, cancellando da esso quei comportamenti che non rispondono a un serio principio di offensività e riscalando le pene abbinate ai rimanenti nel senso della minimizzazione. Dobbiamo riscrivere le procedure penali nella direzione di una riduzione dei tempi processuali e di un’esecuzione penale imposta solamente quando essa sia in grado di non ledere i diritti della persona”.

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ZENIT Staff

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