Card. Angelo Scola

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Scola: “Attivare corridoi umanitari per i profughi”

Il cardinale chiede una “accoglienza diffusa” in ogni parrocchia della diocesi di Milano

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«Bisogna pensare a un’accoglienza  diffusa, fatta di piccoli gruppi, in ognuna delle 1107 parrocchie della Diocesi di Milano: i parroci parlino con i fedeli per superare le paure comprensibili ma che non portano da nessuna parte. Possiamo dare una grande prova di civiltà. È la soluzione giusta». Lo ha detto l’Arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola, visitando questa mattina il centro di accoglienza per profughi “Casa Suraya”.

Il porporato ha quindi rilanciato l’appello che poco prima del suo intervento ha fatto il direttore di Caritas Ambrosiana, don Roberto Davanzo: «Auspico che altri istituti religiosi seguano l’esempio della suore della Riparazione che hanno reso possibile l’allestimento di questo centro, concedendoci la struttura. E che anche i parroci facciano la loro parte, mettendo a disposizione qualche appartamento inutilizzato, per pochi mesi o per periodi più lunghi, in base alle disponibilità. Caritas si farà carico della responsabilità ultima della presenza dei profughi e di tutti gli aspetti economici e gestionali. Alle parrocchie chiediamo solo di favorire l’inserimento nel tessuto sociale del territorio. Possono contare su Caritas per l’organizzazione dell’accoglienza e il coordinamento con le istituzioni. Insieme possiamo dimostrare che la migrazione non è solo un problema, ma un motivo di arricchimento».

Nel corso del suo intervento il cardinale Scola si è detto favorevole e ha fatto sua anche la proposta di istituire corridoi umanitari. Una proposta illustrata da Luciano Gualzetti, vicedirettore di Caritas Ambrosiana: «Lo diciamo da tempo ai governi e alle istituzioni: per uscire da questa fase di emergenza che ormai dura da troppo tempo la sola via praticabile è quella di organizzare l’arrivo dei richiedenti asilo che hanno diritto secondo gli statuti internazionali a ricevere protezione. In questo modo eviteremmo la morte di tanti profughi, che molti dilapidino i loro patrimoni per arricchire le organizzazioni criminali che li portano da noi con viaggi che spesso finiscono in tragedia e comunque sempre in condizioni disumane; come Nazione eviteremmo di spendere i soldi per andare a salvarli in mezzo al mare. Non è tollerabile piangere lacrime per la morte di alcuni e poi dimenticarci degli altri».

Il Cardinale, prima di visitare il Centro, ha ascoltato le testimonianze di tre ospiti.

«Sono scappata dal Congo in Libia nel ‘98 per via della guerra e poi anche da questo paese quando l’ostilità nei confronti di noi stranieri era diventata tale che era meglio partire anche a costo di rischiare la vita in mare», ha raccontato, Marlen, 30 anni, arrivata a Casa Suraya a ottobre dello scorso anno. Ha attraversato il Mediterraneo su un gommone, incinta di 8 mesi. Ora la sua bambina è al centro sorridente con la mamma.

«Chiedo aiuto all’Italia per far crescere i miei figli», ha detto Chancelvie, anche lei originaria del Congo che vive nella struttura con i suoi tre figli di 1, 4 anni e 10 mesi.

«Sono venuta in Italia perché voglio che i miei figli possano studiare e crescere liberi», ha spiegato Lamiya, 48 anni, siriana di origine palestinese, ospite della casa da fine maggio con i suoi figli di 8 e 10 anni.

Queste parole hanno in particolare colpito l’Arcivescovo Scola: «La signora Lamiya ha detto una cosa bellissima che ripaga la nostra generosità e richiama le coscienze di noi europei distratti. Tutti parlano di diritti, di libertà, ma se le libertà e i diritti non vengono realizzati,  non esistono».

«Come Vescovo – ha aggiunto – sono grato di questa esperienza di Casa Suraya che dimostra come l’accoglienza sia affrontabile, nel rispetto di tutti e senza danno a nessuno. Se lavoriamo così potremmo trasformare questo processo drammatico che è il meticciato di civiltà nella costruzione della nuova Europa e della nuova Milano metropolitana».

Il cardinale è arrivato a Casa Suraya alle 11. Ad accoglierlo all’ingresso alcune religiose e due bambine palestinesi che hanno mostrato un cartello di benvenuto.

All’incontro sono intervenuti – oltre al cardinale Scola, il direttore di Caritas Ambrosiana, don Davanzo, il vicedirettore Gualzetti – la presidente della cooperativa Farsi Prossimo, Annamaria Lodi, e l’assessore Pierfrancesco Majorino. Dopo gli interventi, il Cardinale ha visitato gli ambienti della struttura.     

Dal giugno 2014 ad oggi Casa Suraya ha dato ospitalità a 12.500 mila profughi. Attualmente il centro ne accoglie 100: metà siriani, inviati dal Comune, metà provenienti dall’Africa subsahariana e dal Corno d’Africa inviati dalla Prefettura.

Casa Suraya è un immobile di proprietà dell’Istituto delle Suore della Riparazione concesso in comodato gratuito per sette anni alla cooperativa Farsi Prossimo di Caritas Ambrosiana che l’ha ristrutturata, spendendo 300mila euro, la metà dei quali derivanti dal recupero degli abiti usati raccolti nei cassonetti gialli di Caritas Ambrosiana.

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ZENIT Staff

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