“Stefano Saint Sixt esalò l’ultimo respiro il 17 maggio di quell’anno agli albori del millennio. Erano appena passate le sei del mattino”. Sono queste le parole d’esordio del romanzo Aldilà di Stanislao Nievo (1928-2006), un libro che – a parere di chi scrive – rappresenta un caposaldo della narrativa italiana a cavallo del millennio, per la spericolata creatività dello stile unita al lucido approfondimento delle fonti. Per scrivere questo romanzo, Nievo esplorò le punte più avanzate della ricerca neurologica (è nota la sua amicizia con Rita Levi Montalcini), arrivando ad intervistare quaranta persone sopravvissute al coma e reinterpretando creativamente le emozioni e le immagini che queste avevano vissuto “in assenza del corpo”.

Nel rileggere con commozione, a distanza di molti anni, le brevi ma intense parole che Nievo appose di suo pugno sulla copia del libro che volle dedicarmi – “Con amicizia e in cerca di una via vera, aldiquà e aldilà” – non posso fare a meno di considerare che queste parole racchiudono, in qualche modo, la filosofia di vita di Stanislao Nievo. In gioventù fu un grande viaggiatore: viaggiò per quarant’anni in tutto il mondo, fino in Antartide, come regista e giornalista. Alla continua ricerca della meraviglia, del mistero, della bellezza. La scrittura lo inseguiva da presso, ma lui si sottraeva riluttante, temendo il confronto con il suo grande avo: Ippolito Nievo. Finché, alla soglia dei cinquant’anni, “si arrese” al suo destino di scrittore. E proprio ad Ippolito dedicò un bellissimo romanzo, Il prato in fondo al mare, vincitore del Premio Campiello 1975: immaginario diario di bordo che racconta il naufragio del vascello Ercole, nel quale perse la vita, a soli trent’anni, l’autore de Le confessioni di un italiano. Un successo che bissò nel 1987, aggiudicandosi il Premio Strega con Le isole del Paradiso.

Nonostante questi insigni riconoscimenti, che ne fecero un personaggio di punta nel panorama letterario di quegli anni, Nievo rimase sempre distante dalle lusinghe dell’industria editoriale, sviluppando un suo ideale percorso, indifferente alle ragioni del successo. Nel suo intimo rimase sempre un viaggiatore, d’una religiosità laica ma non per questo meno intensa: “La mia scrittura – affermava – è una ricerca del reale nascosto nel panorama terrestre che ci circonda, e sul come avvicinarlo. La ricerca è diretta verso le origini che ci hanno dato vita e hanno determinato la nostra sensibilità. Paul Gauguin dipinse un famoso quadro dal titolo: Da dove veniamo, chi siamo, dove andiamo. Rappresenta quel che cerco. Soltanto rispondendo a queste domande possiamo renderci conto di cosa stiamo a fare nel mondo”.

Nel 2004 Stanislao Nievo pubblicò il suo ultimo romanzo, Gli ultimi cavalieri dell’Apocalisse (Marsilio Editori), scritto a quattro mani con Enzo Pennetta, un autore molto vicino al mondo cattolico, che collabora con varie testate come esperto di scienze naturali e tiene un interessantissimo blog intitolato Critica scientifica.

Questa lunga introduzione era quantomeno doverosa per un narratore della statura di Stanislao Nievo. Ma poiché, in questa rubrica, si parla soprattutto di poesia, l’occasione è propizia per ricordare l’altra faccia della sua produzione letteraria, quella poetica, che si tradusse in tre raccolte di forte intensità lirica. L’ultima di queste raccolte, pubblicata da Rubbettino Editore nel 2001, s’intitola Barca solare e descrive ancora una volta un viaggio: un viaggio poetico attraverso le grandi stagioni della vita, rappresentata in cinque quadri: Alba, Amore, Mezzogiorno, Barca solare, Notte. Ogni quadro è illustrato da una didascalia, alla quale fanno seguito una serie di poesie. Un originale “libro a storia d’uomo in cinque parti” (come lo definì l’autore) che siamo lieti di proporre ai nostri lettori, pubblicando integralmente le cinque didascalie, ciascuna accompagnata da una composizione in versi.

 

ALBA

Nasce un uomo e si guarda intorno. È l’alba. Tutte le considerazioni, le situazioni, sorgono a fior di pelle, nelle immagini di foresta, di luce che non raggiunge la soglia ma pulsa, di materiali primitivi che formano il tessuto che vuole esprimersi. Sensazioni primarie, pietrose, un primo amico-burattino e alcuni ambienti d’infanzia ne sono i motivi.

 

Mio amico è il vento

mi lava al mattino

con brividi tondi

schernisce di fresco i pensieri oleosi

mia nemica è l’assenza

di ogni essere vivo

anche la mia

accanto sei tu

la testa che guarda a occidente

i pensieri da riempire di vita

ed ora corriamo

con le mani nascoste

ad afferrare vento

dalla rugiada

 

***

 

AMORE

Si apre il periodo d’amore. Richiesto, atteso, timidamente conosciuto, si fa veemente fino a consumarsi.

 

Vorrei subito

la pace di entrarti

negli occhi

che hai dolci per me

e dormire

sul letto d’alghe

portato

dall’ oceano a sera

con immane silenzio

 

***

 

MEZZOGIORNO

Dopo l’amore l’esistenza si sviluppa in lotte, incontri, vittorie e sconfitte. È il giorno o il mezzogiorno del libro, il periodo più difficile, ambiguo, rivolto ai rapporti con l’esterno e specchio della vita interna, in un arco evolutivo, come una cronaca che partita al mattino transita al punto più alto prima di scendere verso la sera.

 

Attaccato ad un filo

un uomo saliva

sulla torre del tempo

e pesava

i metri di paura

la testa

perdeva i pensieri

libera

d’aria vertiginosa

e di purezza vuota

allora

gridò

e per vivere

si fermò sulla parete rugosa

pur di amare

almeno una pietra muta

 

***

 

BARCA SOLARE

Dopo l’infanzia, l’amore e la lotta meridiana, l’uomo cerca la sua identità fantastica. Appaiono viaggi surreali percorsi sulla barca del proprio slancio, del proprio sole qualunque esso sia. Un “viaggio inquieto” ricorda l’aurora che lo ha condotto alla vita. È una confessione eclettica, figurata, un’odissea non sempre amara, popolata di figure della propria mitologia.

 

Nelle vie d’emozione

che incrociano il tempo

luci riflesse

accarezzano il gusto

di una pena futura

serro il primo regalo

d’affetto in penombra

per la voglia d’avere

l’ombra stretta tra le braccia

il mare toglie la memoria

e un’onda appassionata

si rompe

in un crocicchio di foglie

a mezzanotte

nel mezzo dell’anno e del tempo

cercando di avere

una zaffata d’essere

riempio i polmoni

confondendo il corpo ignorante

così apro gli occhi sbattuti

e la prima realtà passa umida

nelle orbite scosse

 

***

 

NOTTE

L’avventura sprofonda nei campi notturni, sulla frontiera necessaria e oscura che porta la pace e l’annullamento ed è l’ultimo limite dell’avventura oltre il qu ale brilla una stella.

 

Una sola storia

si leva

per un attimo

nel cielo nerissimo

grande come un fiammifero

brucia l’universo

<p>che conosciamo

e torna nel nulla

dove oggi

nasce una stella

e splende d’amore

per sempre

 

***

 

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