A un anno di distanza dal conflitto che l’estate scorsa provocò oltre 2000 vittime, la situazione a Gaza è ancora estremamente drammatica. Intervistato da Radio Vaticana, padre Raed Abusahilia, direttore generale di Caritas Gerusalemme, ha spiegato che nella Striscia “nulla è cambiato”, con la disoccupazione al 60% e la povertà all’80%.
“La gente, dunque, è delusa perché dice di aver pagato un prezzo molto alto, ma niente è cambiato nella vita quotidiana”, ha dichiarato padre Abusahilia.
Ciò di cui hanno più bisogno oggi gli abitanti di Gaza è la rimozione del blocco, l’apertura dei passaggi, l’entrata degli aiuti umanitari e in particolare delle materie prime per la ricostruzione.
“Quasi 15 mila case, infatti, sono state completamente distrutte e le macerie non sono state neppure rimosse. La cosa più importante per loro poi è trovare lavoro: non ce n’è”, ha sottolineato il direttore generale della Caritas di Gerusalemme, puntualizzando che saranno necessari “cinque anni e 5 miliardi di dollari per ricostruire quello che è stato distrutto in 50 giorni”.
Finora, però, a causa del blocco, non sono arrivati né soldi, né aiuti umanitari di nessun tipo. Tutte le parti in causa – Israele, Hamas, Autorità Palestinese – devono “sedere attorno ad un tavolo ed arrivare ad un accordo per risolvere i problemi che sono alla radice di questo conflitto”, ha aggiunto il sacerdote.
In caso contrario, il rischio è quello di una “quarta guerra, che sarà peggiore di quella dell’anno scorso”, con il rischio di infiltrazioni jihadiste, ha affermato, puntualizzando che “non c’è soluzione militare per questo conflitto”.
Presente a Gaza dal 1990, la Caritas dispone di un centro medico e di una clinica mobile nell’aria, accompagnati da un intervento di recupero per gli studenti nelle scuole.
“Abbiamo fatto, dunque, il possibile. Solo che gridiamo, gridiamo al mondo di aiutarci, ma non si vuole capire che noi siamo in uno stato di emergenza continuamente”, conclude poi padre Abusahilia.