Uno dei fondamenti di questa rubrica è illustrare ai lettori la persistenza di rapporti fecondi tra la letteratura e il cattolicesimo. A tal proposito, vale la pena ricordare una memorabile giornata di riflessione e di studio che si svolse presso il Pontificio Consiglio della Cultura, il 1° febbraio 2000, l’anno del Grande Giubileo.
Di grande interesse le riflessioni del cardinale Paul Poupard, all’epoca presidente dell’alta istituzione ecclesiale. Riflessioni che possiamo considerare un punto fermo sul tema: “Spesso arte, letteratura e cattolicesimo sono stati visti, da una critica oziosa (se non faziosa), in contrapposizione. Invece esiste e resiste una grande armonia e contiguità tra la ricerca letteraria e quella spirituale anche nei casi degli scrittori più controversi e tormentati. La fede, in essi, non è stata cammino tranquillo, momento di consolazione, ma via tormentata e faticosa, a volte tragica, intessuta di lotte interiori e di drammatiche incomprensioni”.
In quella giornata si confrontarono alcuni grandi autori e studiosi della poesia italiana – da Mario Luzi a Dacia Maraini, da Giovanni Raboni a Patrizia Valduga, da Elisabetta Rasy a Jacqueline Risset – presentando ciascuno di essi un “collega”, un poeta che in qualche modo ha caratterizzato, con i suoi scritti, il dialogo tra la fede e l’arte, tra la religione e la letteratura.
Dagli atti del convegno proponiamo alcuni estratti, abbinati a brani poetici degli autori presentati, perché offrono la misura di un concetto che lo scrittore Mario Pomilio sintetizzò con queste parole: “se si volesse rappresentare con un grafico la letteratura mondiale che, nei secoli, si è interessata direttamente a Cristo, il ‘900 risulterebbe un momento di picco, di grande intensità cristologica”.
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Il poeta Giovanni Raboni, grande firma del Corriere della Sera, presenta Paul Claudel, celebre autore francese che focalizzò il suo lavoro poetico intorno a due nuclei fondamentali: Dio e l’uomo peccatore o santo. “Prima di essere un grande poeta – scrive Raboni – Claudel è il poeta della grandezza. E se la grandezza è, oltre e più che un attributo o una conquista della sua poesia, un suo tema, anzi il suo tema, è perché le preesiste, la precede, le sta davanti. La grandezza – la grandezza del mondo, rigorosamente inteso come Mondo Creato – c’è, sta lì; e renderne conto è lo scopo, il compito, il dovere della poesia”.
SE TU SAPESSI
di Paul Claudel
Se tu sapessi con quanto amore seguo i tuoi passi
Se tu sapessi con quanto amore
asciugo le tue lacrime
Se tu sapessi con quanto amore
ti prendo per mano affinché tu non cada
Se tu sapessi con quanto amore ti guardo
mentre annaspi nel caos della vita
e ogni istante, minuto, ora
della giornata ti sono accanto.
In ogni tuo respiro prende vita il mio battito d’ali
In ogni tuo sguardo prende vita il mio sorriso
Vorrei volare assieme a te,
e forse un giorno lo faremo
quando sarai consapevole della tua divinità
aprirai le ali e volerai felice
capirai cosa sono, e quanto ti amo.
Ora non volo ma cammino assieme a te
a fianco a te. Io sono il tuo angelo
quello della tua anima, del tuo cuore
quell’angelo che ogni mattina ti sveglia con un bacio
e ogni notte, apre le sue ali per riscaldarti il cuore.
Io sono il tuo angelo,
quello che mai ti abbandonerà
quell’angelo che aspetta solo un tuo… sì…
per rivelarsi al tuo cuore.
Se tu sapessi con quanto amore guardo il tuo sguardo
che a volte è così triste e non ce la fa a vedere la luce.
Se tu sapessi con quanto amore stringo la tua mano
quando scrivi parole che non riesci a condividere,
se tu sapessi con quanta gioia
mi stringo al tuo cuore quando regali un sorriso.
Se tu sapessi… che ti sono accanto sempre
in ogni istante e maggiormente nei momenti difficili.
Raccolgo i ricordi più belli che a volte tendi a dimenticare
raccolgo l’amore seppellito nel tuo cuore
e te lo ripropongo attraverso gli incontri casuali
attraverso il tuo stesso sguardo riflesso su uno specchio.
Se solo sapessi quanto soffro insieme a te dell’amaro della vita
Vorrei accarezzarti con mani di carne…
ma lo sussurro a chi ti sta accanto…
vorrei dirti le parole più vere dell’amore,
ma lo suggerisco a chi ti regala una parola.
Vorrei vederti raccogliere tutto l’amore che semini
per sentirti soddisfatto della tua vita
ma come ogni cosa… il tempo lascerà crescere il frutto
che tu stesso hai fatto nascere.
Gioisci perché attraverso le tue mani
io regalo l’amore a chi ha la fortuna di incontrarti.
Tu non lo sai forse ma io sono il tuo angelo…
quello che mai ti abbandonerà e che è qui solo per te
e grazie a te può amare il mondo.
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La grandezza di un poeta – scrive Patrizia Valduga – è direttamente proporzionale alla quantità di “pensiero emozione” che riesce a fissare nel lavoro formale. Sulla base di questa considerazione, la Valduga individua quattro tappe nell’opera di Clemente Rebora: “incantamento, emozione pensante, conoscenza completa, esposizione alla morte”.
MUSICA
di Clemente Rebora
O musica, soave conoscenza,
tanto innaturi l’anima fin ch’ella
delle imagini vere la più bella
in sua voce ritrova e in sua movenza;
e come a noi perman l’intelligenza
se vada in labilsuono di favella,
armoniosa in te non si cancella
l’eterna verità mentre è parvenza.
Virtù ti crea che non par segreta,
ma il ritmo snuda l’amor che discende
dall’universo a rivelar la meta:
amor che nel cammino nostro accende
l’inconsapevol brama triste o lieta,
e in te, raggiunto il tempo, lo trascende.
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“Ciò che era importante per Cristina Campo – scrive Elisabetta Rasy – non coincideva con ciò che era importante per il tempo in cui si era trovata a vivere. Nel suo stile assertorio l’amore per ciò che è singolare, che lei spesso chiama ‘il destino interiore’, la necessità di opporsi al frastuono di ciò che è confusamente collettivo, assumono la forza di una fede appassionata”.
DEVOTA COME RAMO CURVATO
di Cristina Campo
Devota come ramo
curvato da molte nevi
allegra come falò
per colline d’oblio,
su acutissime làmine
in bianca maglia d’ortiche,
ti insegnerò, mia anima,
questo passo d’addio…
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