Oltre 1500 bambini tra i nove ed i quindici anni addestrati al jihad in alcuni campi della Repubblica Democratica del Congo. È quanto rivela un rapporto inviato nei giorni scorsi ad Aiuto alla Chiesa che Soffre.
Alcune fonti vicine alla fondazione pontificia – che per ragioni di sicurezza preferiscono mantenere l’anonimato – sostengono che nel paese africano molti ragazzi siano attratti con l’inganno in campi di addestramento per poi essere formati da ultrafondamentalisti islamici. Nell’est del paese, vicino alle montagne del Ruwenzori, vi sarebbero almeno tre centri di formazione jihadista, mascherati da campi di addestramento militare. Assieme ai giovani anche alcune ragazze detenute per poi essere date in mogli agli estremisti. Una volta sposate, i jihadisti le tratteranno come schiave sessuali.
“Le prove che ci sono state fornite non lasciano alcun dubbio sulla natura di questi centri”, afferma Maria Lozano, vicedirettore internazionale della comunicazione di ACS. Tra i documenti inviati ad ACS anche numerose fotografie che mostrano bambini e adolescenti in uniforme, costretti ad addestrarsi da uomini armati.
“Siamo molto preoccupati per la sorte di questi ragazzi – continua Lozano – che sono stati sottratti alla strada con la promessa di un’alternativa alla povertà. Molti di loro sono orfani mentre altri sono stati affidati ai fondamentalisti dalle famiglie, convinte che i propri figli avrebbero ricevuto un’istruzione in Europa, Medio Oriente o Canada”.
L’azione dei fondamentalisti spiegherebbe l’aumento della comunità islamica nella Repubblica Democratica del Congo, passata dall’1 al 10% della popolazione nel corso degli ultimi anni. Anche il numero dei luoghi di preghiera islamici è cresciuto notevolmente. Nella regione di Medina, ad esempio, 28 delle 44 moschee presenti sono sorte in tempi recenti – tra il 2005 ed il 2012 – e in aree di modestissima presenza musulmana.
Nel maggio scorso, i vescovi della provincia ecclesiastica di Bukavu hanno inviato una lettera aperta al presidente Joseph Kabila per denunciare l’ascesa del fondamentalismo islamico in una regione finora a maggioranza cristiana. “Ma le loro parole – nota Maria Lozano – sono rimaste inascoltate”.