Denuncio, denunciamo, e denunceremo chiunque offenda, abusi, violi, maltratti e trascuri un piccoli, un debole, un vulnerabile. Lo chiede il Vangelo e la grande e feconda tradizione profetica e della viva e vera predicazione di Gesù e della comunità credente e redenta cristiana. Dovere morale o giuridico?
La denuncia non è contro il Vangelo. Dico questo perché, dopo 25 anni di denunce, mi è stato detto che un cristiano, un prete e un vescovo non sono ‘obbligati’. Per esperienza dichiaro che la denuncia ha salvato tante persone. Non solo denuncia ma accompagnamento della vittima, della famiglia e, se si prospettasse, anche la possibilità per il reo: giustizia, accompagnamento e guarigione.
Le nuove forme di schiavitù, anzitutto la pedofilia e a seguire lo sfruttamento dei minori, il traffico di esseri umani, lavoro forzato, prostituzione, commercio di organi, sono crimini gravissimi, una piaga nel corpo dell’umanità contemporanea. Devono essere denunciati con fermezza e senza indietreggiare di un passo, a rischio dell’incolumità personale o ‘strutturale’ di chi denuncia. Come non alzare la voce, come sottomettersi al silenzio connivente dietro un obbligo o non obbligo giuridico?
Papa Francesco e prima Benedetto XVI hanno più volte esortato – senza tanti preconcetti o autodifese – che seguendo il messaggio di redenzione del Signore, siamo chiamati a denunciare e a combattere “questo nuovo male”. Omettere una denuncia, quando vera e riscontrabile, non aiuta nessuno. Non favorisce la consapevolezza del male e consente che il male proliferi e si diffonda. Si vuole occultare perché scandaloso, «politicamente e religiosamente scorretto».
L’autorevolezza delle parole di Papa Francesco sono una rivoluzione culturale, un monito e una prassi per chi è vittima e per chi deve tutelare le vittime. Il Papa non si è tirato indietro nel dire che bisogna “denunciare”, infatti ha affermato: “Si dovrebbe cercare le modalità più idonee per penalizzare quanti si rendono complici di questo mercato disumano. Deve aumentare la conoscenza delle autorità civili per questa tragedia che costituisce un regresso dell’umanità. Tante volte queste nuove forme di schiavitù sono protette dalle istituzioni che devono difendere la popolazione da questi crimini” (cfr. discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali dedicata alla tratta di persone, 18 aprile 2015).
Non solo queste nuove forme di schiavitù sono protette e nascoste dalle istituzioni civili, ma anche da quelle religiose. La storia recente riguardo allo scandalo della pedofilia ha confermato, tristemente, questa tendenza. L’esperienza di chi è dalla parte delle vittime ha dimostrato che se non denunciamo e segnaliamo con “forza sovversiva” – nonostante il tentativo del ‘clan’ di soffocare o censurare lo scandalo – qualcuno a nome di Dio, si fa carico di rompere il silenzio e di narrare le storie di abusi che sono nella società soffocate dal ‘potere’.
I perdenti della storia, chi non ha voce – immaginate i neonati abusati (non solo sessualmente) – hanno trovato ospitalità nella Bibbia e le loro storie sono già stati raccolte e raccontate per indicarci una strada possibile e percorribile: le storie di abusi anche se sommersi hanno una forza sovversiva anche se sembra che si censurino. Non parlarne per non creare scandalo…
Dio, in Gesù Cristo Suo Figlio, è garante e difensore del grido soffocato degli innocenti. Forse lo dimentichiamo tante volte. In primis, c’è il rischio che lo dimenticano chi è chiamato a svolgere un ufficio (un servizio) nei confronti del piccolo popolo. Forse dimentichiamo che dobbiamo essere capaci di strappare all’oblio le testimonianze scomode e non rimuoverle per ‘dormire sonni tranquilli’.
Non dormo da decine d’anni. E continuerò a denunciare perché voglio essere fedele al Vangelo per morire con la gioia di averne salvato almeno uno di quei piccoli violati. Di averlo liberato dalla schiavitù. E di ammonire, chi ha compiuto simili abomini, che se lo chiede c’è anche per lui una redenzione… un riscatto… una vita nuova.