Di fronte ai recenti, gravi, scontri registrati a Treviso e a Roma, originati da chi crede, a torto, di essere davanti ad un’“invasione” di stranieri, è “necessario calmare gli animi e riflettere”.
Lo dichiara in un comunicato stampa, la Comunità di Sant’Egidio, con riferimento alle proteste per l’arrivo di un centinaio di profughi nell’ex scuola “Socrate”, mentre un altro centinaio sono stati ospitati in un residence in Veneto e poi, dopo le proteste dei residenti, trasferiti presso l’ex caserma “Serena”.
“Siamo infatti di fronte a proteste – prosegue la nota – che riguardano piccolissimi gruppi di richiedenti asilo (appena un centinaio sia a Treviso che a Roma) – in fuga da Paesi in guerra o dove esistono dittature che non garantiscono i più elementari diritti – che abbiamo il dovere di accogliere in attesa che venga esaminata la loro domanda, così come avviene negli altri Paesi europei”.
Sant’Egidio ricorda poi che “l’Italia accoglie ancora oggi un numero di rifugiati (poco più di uno ogni mille abitanti) largamente inferiore a quello di Germania (2 ogni 1.000 cittadini), Francia (4 ogni 1.000) e Svezia (14 ogni 1.000)”. Al tempo stesso il Libano “ne ospita, da solo, un milione e mezzo (su 4 milioni e mezzo di abitanti)”.
“L’allarme sociale, alimentato ad arte da gruppi di diversa denominazione, è quindi ampiamente ingiustificato, soprattutto se si pensa al desiderio dei rifugiati di una vita migliore”, si legge nella nota.
“Invece di far crescere la paura e le incomprensioni bisogna fare emergere la realtà che stanno vivendo tante città italiane, proprio nei quartieri dove sono presenti profughi e transitanti: la crescita della solidarietà – soprattutto in queste ore con l’emergenza caldo – di tanti italiani che offrono cibo, sostegno e il loro tempo libero a chi ne ha bisogno”.
“L’accoglienza è molto più larga della protesta anche se fa meno rumore. Ne siamo testimoni diretti là dove, accanto alle stazioni di Roma e Milano e in tante altre città come Catania, le iniziative della Comunità di Sant’Egidio hanno coinvolto non solo altre associazioni ma anche un rilevante numero di uomini e donne che spontaneamente hanno offerto il loro aiuto”.
La Comunità di Sant’Egidio rilancia inoltre le sue proposte per evitare nuove morti in mare e gestire il fenomeno degli arrivi in Europa:
- Sponsorship – da aprire o riattivare – ad opera di associazioni, Chiese, privati, parenti per i richiedenti asilo: si chiama direttamente dai Paesi di partenza o di transito (si può cominciare con Siria, Iraq, Libano attraversati dalla guerra) evitando i rischiosissimi viaggi della speranza. Lo sponsorship garantirebbe accoglienza e assistenza per il rifugiato, per un periodo determinato.
- Humanitarian desk: accoglienza da parte di alcuni Paesi europei (o da parte dell’Unione) dei richiedenti asilo già arrivati in alcuni Paesi, come Marocco o Libano. Si tratta di persone che sono già uscite dal loro Stato, hanno già fatto una parte del viaggio, ma eviterebbero comunque l’ultimo tragitto, quello in mare.
- Modifiche agli accordi di Dublino allargando le maglie che obbligano a chiedere asilo solo ai Paesi di arrivo. Occorre ricordare che molti casi potrebbero essere risolti con i ricongiungimenti familiari.
- Visti per motivi umanitari per chi non è ancora entrato in Europa: è previsto dall’articolo 25 del regolamento europeo dei visti. Ogni Paese può concederli autonomamente.
- Permessi per motivi umanitari, ai sensi dell’art. 20 della legge italiana sull’immigrazione, per coloro che sono già in Italia. E’ una decisione che può prendere il presidente del Consiglio con un decreto. Dà la possibilità di lavorare. È successo già per alcune nazionalità, come per esempio gli albanesi che oggi sono largamente integrati in Italia (ma anche per ex jugoslavi, tunisini ecc.).</li>
- Incremento dei fondi per la cooperazione in modo da intervenire nei Paesi di origine dei flussi migratori.