Vivere alla presenza di Dio

Meditazione quotidiana sulla Parola di Dio — Mt 11,25-27

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Lettura

Il Vangelo di Matteo ci presenta la preghiera di Gesù nella quale emerge la sua coscienza di essere il “Figlio” in cui il Padre ha posto il suo compiacimento. Con questa intima elevazione dello Spirito, chiamata “inno di giubilo”, Gesù risponde alla testimonianza resagli dal Padre nel giorno in cui, mescolato tra la folla dei peccatori, fattosi umile come noi, aveva chiesto di essere anche lui battezzato nel Giordano. Con lo Spirito di Dio che discende su di lui e con la voce dal cielo che dice: «Questi è il Figlio mio» (Mt 3,16) si suggella la realizzazione delle promesse antiche. Gesù è veramente il Messia “il Figlio di Dio”, il Salvatore del mondo.

Meditazione

In una delle tante meditazioni fatte da Mons. Giovanni Montini, quando era ancora assistente della FUCI, si legge: «La preghiera non fa che mettere in evidenza la posizione stabilita nel battesimo. Mi ha reso in posizione di figlio, mi ha elevato a modello della natura di Dio, sono stato associato a quest’oceano di vita che è il Signore. Ebbene, in questo oceano sento che posso ormai dilatarmi e perdermi senza smarrirmi, perché così ha voluto la sua bontà». Gesù si manifesta figlio in modo particolare nella preghiera; nell’intensità e nell’intimità del suo amore si manifesta essere Dio. Il suo stare davanti al Padre diventa per noi una vera e propria teofania: Dio si svela. Effondendo il suo spirito «con gemiti inesprimibili» (Rm 8,26) rompe l’opacità della sua natura umana; l’effusione del suo amore di Figlio, intenso quanto quello del Padre, ci dice che lui e il Padre sono «una cosa sola» (Gv 10,30). L’amore che li lega è partecipato a noi tanto che, rivolgendoci al Padre nella preghiera, ne siamo totalmente avvolti. Siamo così intorpiditi che ci è difficile percepire, senza una grazia particolare, la grandezza di questa intimità e il dono con il quale Dio vuole arricchirci. Ma il segreto per entrare nella relazione d’amore divino sta nel sentirci un nulla. Quanto più avvertiamo la nostra povertà, tanto più il cielo scende in noi come un fremito di grazia. La preghiera perde allora ogni carattere umano, si fa silenzio adorante e diventa nostro uno spazio di cielo. Così l’ha deciso la benevolenza del Padre. L’“orazione di quiete”, lungi da essere un’attitudine passiva dello spirito, è dimensione in cui la conoscenza di Dio diventa esperienza, supera ogni intendimento umano, diventa pura intelligenza, dolcezza senza fine.

Preghiera: «Ti prego, o Signore Dio mio, insegna al mio cuore dove e come ti abbia a cercare, dove e come ti possa trovare. Signore se non sei qui, dove andrò a cercarti? Sono stato fatto per vederti» (sant’Anselmo).

Agire: Volgi il tuo pensiero a Dio e in lui riposati. Entra nella cella della tua mente ed escludi tutto ciò che non è lui. E poi prega: “Il tuo volto, o Signore, io cerco, non nascondermi il tuo volto”.

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Meditazione del giorno a cura di mons. Alberto Maria Careggio, vescovo emerito di Ventimiglia-San Remo, tratta dal mensile Messa Meditazione, per gentile concessione diEdizioni ART. Per abbonamenti  info@edizioniart.it

 

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ZENIT Staff

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