Rio Sole: cronache di “santi” dal Paraguay

In un libro-intervista, padre Aldo Trento racconta la sua esperienza accanto a tante persone salvate dalla morte fisica e morale

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Il suo volto è diventato universalmente noto un paio di giorni fa, quando a sorpresa papa Francesco ha visitato l’Istituto San Rafael da lui fondato ad Asunción.

Padre Aldo Trento, missionario della Fraternità di San Carlo Borromeo, vive ed opera da 23 anni in Paraguay, dove ha creato insieme con i suoi collaboratori una serie di opere sociali come la scuola primaria e secondaria, una clinica per malati terminali con un’ala dedicata ai bambini, un centro aiuto alla vita e un banco di solidarietà.

Il libro Rio sole (Ares, 2015), a cura di Alfredo Tradigo, con fotografie di Nino Leto, racconta di come in Paraguay, padre Aldo abbia recuperato l’esperienza delle antiche reducciónes, dando vita a una nuova, prospera comunità cristiana.

Ma la forza di questo racconto e di questa esperienza sta nel fatto che questo indomito missionario – che chi conosce da vicino non esita ad associare per carità e dedizione alla figura dolcissima e generosa di Madre Teresa – facendosi carico ogni giorno degli ultimi delle favelas di Asunción, con particolare attenzione ai malati terminali, guarda ogni giorno la morte in faccia, ma sempre con la speranza che genera l’amore di chi svolge questo tipo di servizio.

Raccontando della morte in presa diretta, svelandone il lato naturale e umano, si fa qui «cultura della vita», con ragionamenti essenziali, ma efficaci, e puntuali rimandi alle riflessioni filosofiche e ai fondamenti della fede, con grande ricchezza di esempi evangelici.

E il lettore, pagina dopo pagina, assisterà a un continuo miracolo, che non sta nella guarigione fisica dei malati assistiti nella Clinica della Provvidenza, ma nella Pace con cui queste persone, anche quelle che per tutta la vita sono state lontane da Dio e dai Sacramenti, affrontano il passaggio alla vita ultraterrena, veramente nell’abbraccio e nella certezza di Gesù Risorto.

Il vero parroco della parrocchia di San Rafael e il direttore della Clinica per malati terminali è, infatti, Lui, Cristo, il Rio Sole, la luce divina che splende su questa terra ancestrale e benedetta dove il popolo guaraní aveva trovato la sua tierra sin mal nelle reducciones fondate dai padri gesuiti (note al grande pubblico per il film Mission, on Robert De Niro). Oggi quel popolo vive in condizioni di schiavitù morale e fisica, ma ha trovato nell’opera di padre Aldo una nuova esperienza di vita comunitaria e cristiana sull’esempio di quegli antichi e splendenti insediamenti dei gesuiti. E il sole che splende sul Chaco, un tempo il loro territorio di caccia, si trasforma nell’Altro Sole, l’ostia dell’Eucaristia che splende nell’ostensorio con cui padre Aldo benedice tre volte al giorno i suoi malati. Le cure mediche ad alto livello, le attenzioni umane, l’ordine e la pulizia fanno il resto; così la Clinica per malati terminali si trasforma per tanti nell’anticamera del Paradiso, mentre nel cortile gli oltre 300 bambini salvati dalla strada giocano, studiano, imparano un lavoro che darà speranza al loro futuro.

A proposito del titolo scelto per il volume così annota il curatore – il giornalista Alfredo Tradigo – nella sua Prefazione: «Nelle favelas padre Aldo è di casa e viene spesso a visitare i suoi “santi”, a tenere d’occhio quei bambini abbandonati che prima o poi adotterà, strappandoli alla miseria. Da questi luoghi nascono le storie “estreme” raccontate in questo libro, storie di speranza che si riaccende come la luce di un accendino nel nero baratro dell’abbandono e della disperazione. E come tanti ex-voto le storie si allineano e fioriscono in queste pagine: dietro ciascuna volti, teneri germogli, fiori raccolti prima di appassire, corpi lavati, curati e resi belli. Volti che ormai fanno parte della vita di padre Aldo, sono la sua casa, la sua famiglia. Un famiglia di santi dove “santo” appunto significa “salvato”. Uomini e donne e bambini che nella Clinica Divina Provvidenza hanno scoperto l’anticamera del Paradiso. Per questo sono “santi”. Perché il santo non è chi è senza peccato, ma chi, riconoscendo il proprio peccato, si lascia salvare da un Altro».

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ZENIT Staff

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