Le Beatitudini sono il Cuore stesso di Cristo e il Cuore di Maria, donati a noi come sublimi modelli, con i quali dobbiamo costantemente confrontarci e ai quali – pur con tutti i nostri limiti e le nostre povertà – dobbiamo conformarci.
Cuori santi, miti, umili, misericordiosi, purissimi: Cuore divino del Signore, “tempio santo di Dio” e “maestà infinita” e Cuore Immacolato di Sua Madre, “tabernacolo dell’Altissimo”. Cuore di Cristo, fonte di ogni Bene e di ogni luce; e Cuore di creatura – quello della Vergine – che più di ogni altro si è lasciato totalmente conquistare dall’Amore.
La “Legge nuova”, riassunta da Gesù nelle Beatitudini, suggerisce due “note” essenziali: in primo luogo, il cristiano non è “un perdente”, un eterno sconfitto dalla vita, che si rivolge alla fede quasi a colmare i suoi “deficit” e i suoi fallimenti. Il cuore di chi crede, al contrario, è un cuore forte, che sa amare anche quando è provocato; che sa perdonare quando è offeso; che sa rispondere con la mitezza alla violenza cieca; che sa tessere trame di pace, là dove prevalgono il conflitto, l’interesse, il tornaconto personale. È un cuore che predilige la purezza come “colore” dell’anima e non si lascia sedurre dalle false lusinghe del mondo. Il cristiano è un vincitore, insieme a Cristo, a Colui che, solo, “ha vinto il mondo” (Gv 16,33).
Il cuore di chi crede è un cuore che non si accontenta di facili ed effimeri successi: punta più in alto, punta al massimo. Vuole conquistare la vetta, non si ferma alle gratificazioni del presente, cerca un premio che valga una eternità. La “Terra Promessa” è il Cielo; il desiderio si spinge oltre l’orizzonte quotidiano, per rintracciare – nella vita comune di ogni giorno – i primi segni e le prime avvisaglie della vera felicità: quella che nulla e nessuno potranno più rapirci.
Le Beatitudini – come si dice – sono il nostro autentico “identikit”, la carta d’identità di chi segue il Signore. Sono una via da percorrere, una luce da seguire, una Grazia da accogliere e da donare, per essere strumenti di vera consolazione, per noi stessi e per il nostro prossimo.
Dentro questo orizzonte, si collocano anche l’acceso dibattito culturale e le profonde tensioni che segnano la nostra epoca. Il cristiano sa e vuole dialogare con tutti; intende certamente raccogliere gli innumerevoli semi di bene, diffusi dovunque, in ogni cuore: ma non patteggia con il mondo, non “abbassa il tiro” adeguandosi alle mode correnti, alle “pazzie” in voga. Non tradisce Cristo per i soliti miserabili “trenta denari”, che immancabilmente gli vengono offerti.
Di fronte alla folle e devastante ideologia gender (che pretende di sovvertire, partendo addirittura dalle scuole materne, i delicatissimi equilibri della crescita e della maturazione personale); dinanzi al disfacimento del concetto stesso di famiglia e alle facili “scorciatoie” proposte, evitando di affrontare il vero problema: rieducare le coscienze a una corretta visione della affettività; di fronte alla ignobile “parodia dell’amore”, di stampo arcobaleno, riaffermiamo la Verità di Cristo Signore e la dolce ed esigente legge evangelica delle Beatitudini. Non ci rassegniamo e non ci rassegneremo mai a vedere calpestata e distrutta la dignità dell’uomo. Non ci arrendiamo e non ci arrenderemo mai di fronte alla “dittatura” del pensiero unico, ormai dilagante.
La posta in gioco è altissima: è la santità, la salvezza eterna, la piena realizzazione del nostro destino. Tutto il resto è paglia, polvere, pula che il vento disperde (cfr. Sal 1).