La Chiesa eritrea sotto lo stretto controllo del governo

Ad Asmara la libertà religiosa e i diritti umani sono in grave pericolo

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Seminaristi costretti a prestare servizio militare, sacerdoti che non possono lasciare il paese e cristiani detenuti per motivi religiosi. È la situazione della libertà religiosa in Eritrea, descritta ad Aiuto alla Chiesa che Soffre da una fonte vicina alla Chiesa locale, che per motivi di sicurezza ha preferito rimanere anonima.

Come denuncia un rapporto delle Nazioni Unite, il governo di Asmara è responsabile di gravi violazioni dei diritti umani. Un’ampia parte della popolazione è detenuta e costretta al lavoro forzato, mentre il resto dei cittadini è soggetto ad uno stretto sistema di controllo, che non risparmia i gruppi religiosi.

La comunità cattolica eritrea è molto attiva. Ad Asmara, ad esempio, dove i cattolici rappresentano appena il 4% della popolazione locale, la Chiesa gestisce oltre 50 scuole e 30 strutture sanitarie. Anche nell’opera di denuncia l’episcopato cattolico è in prima linea e in occasione della Pasqua 2014, i vescovi hanno scritto un’accorata lettera pastorale per rendere nota la gravità della situazione nel paese che spinge un gran numero di eritrei ad emigrare.

“La lettera pastorale è stata molto apprezzata dai fedeli di tutte le religioni – dichiara la fonte ad ACS – In molti ci hanno detto che siamo la loro speranza. Non si poteva non denunciare quanto accade nel nostro paese, anche se la Chiesa deve procedere con prudenza, altrimenti il governo potrebbe chiudere le nostre strutture”.

Assieme all’Islam, alla Chiesa ortodossa eritrea e a quella evangelica luterana, la Chiesa cattolica è tra le sole quattro comunità religiose ufficialmente riconosciute. Tuttavia questo non comporta la piena libertà religiosa per i cattolici. “Sulla carta siamo liberi di assistere alle celebrazioni liturgiche, ma in realtà il governo fa di tutto per impedirne la partecipazione”.

Non di rado, infatti, durante la messa domenicale o in concomitanza con altre festività cristiane, le autorità organizzano raduni politici o manifestazioni sportive cui è obbligatorio assistere. “È accaduto anche quest’anno in occasione del venerdì santo”, aggiunge la fonte riferendo che anche molti corsi scolastici si tengono la domenica.

Purtroppo il controllo del governo di Asmara va ben oltre quanto descritto. Sono stati numerosi i tentativi di costringere il clero a prestare servizio militare, obbligatorio per tutti gli uomini con meno di 50 anni e le donne di età inferiore ai 40 anni. La fonte denuncia inoltre la sparizione di alcune decine di seminaristi che non sono mai rientrati dal periodo di leva. “Oggi non permettiamo più che ciò accada, ma le autorità non consentono a chi non ha prestato servizio militare di lasciare il paese e quindi i nostri sacerdoti non possono studiare all’estero”. Ciò ha importanti ricadute sulla formazione, giacché il corpo docente non può contare su nuovi membri.

“Abbiamo un unico insegnante di sacre scritture, se gli succedesse qualcosa non sapremmo come sostituirlo”. La fonte interpreta questo stretto controllo governativo come un tentativo di mettere a tacere la Chiesa cattolica. “Preferirebbero che non fossimo istruiti così potrebbero controllarci con maggiore facilità”.

La fonte conferma anche la tragica sorte di migliaia di eritrei detenuti per motivi politici e religiosi. “Sono internati in prigioni sotterranee, dimenticati da tutti. Neanche i loro parenti sanno dove si siano”. Come riportato dall’ultimo Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo di ACS, sarebbero almeno 1.200 cristiani in carcere, anche per motivi religiosi. I detenuti subiscono vere e proprie torture e tra loro vi sarebbero anche molti leader cristiani, soprattutto pentecostali, alcuni dei quali in carcere hanno trovato la morte. Perfino il patriarca ortodosso, eletto canonicamente, si troverebbe ora agli arresti domiciliari ed è stato sostituito da un patriarca vicino al regime. 

Le autorità hanno vietato anche la pubblicazione di alcuni testi della Chiesa cattolica – “colpevoli” di denunciare ingiustizie e abusi. Tra questi, la traduzione della Dottrina sociale della Chiesa in lingua tigrina. I censori sostengono che contenga temi politici.

 

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ZENIT Staff

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