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Essere poeta nel tempo della miseria

Nei versi di Carlo Andreoli, parabole e storie di vita capaci di testimoniare la presenza di Dio

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Nata con l’intento di costituire uno spazio aperto per la pubblicazione degli autori emergenti, la rubrica di poesia di ZENIT sta diventando, sempre più, una mappa di orientamento per chi desidera approfondire la poesia del nostro tempo in rapporto a suggestioni di matrice cristiana.

Leggendo le nuove opere inviate e/o segnalate dai nostri lettori, e recuperando alcuni autori di ispirazione cristiana del secondo ‘900 (pressoché dimenticati nonostante il loro indubbio valore letterario), abbiamo colto un filo di continuità: il travaglio della poesia del nostro tempo che, di fronte al naufragio delle ideologie materialistiche che avevano offerto illusorie soluzioni ai problemi del mondo, si appella, più o meno consapevolmente, ad una ricerca di tipo spirituale. “Essere poeta nel tempo della miseria significa, cantando, ispirarsi alla traccia degli Dei fuggiti. Ecco perché, nel tempo della notte del mondo, il poeta canta il Sacro”, scriveva il filosofo Martin Heidegger.

L’esperienza sfuggente della vita, il senso di autocoscienza, i nodi insolubili del male e della nostra oggettiva limitatezza… e, al tempo stesso, la proiezione verso una dimensione che ci trascende ma che offre chiavi rivelatrici a chi voglia disporsi con purezza all’ascolto: sono queste le linee emergenti di ricerca, attraverso un crescendo di voci poetiche che sono anche un sensibile e inquietante documento della crisi del nostro tempo. Una crisi rispetto alla quale il ritorno a forme espressive che parlano il linguaggio di una nuova religio, nei termini di un rinnovato umanesimo cristiano, costituisce – anche dal punto di vista poetico – il ritorno ad un porto sicuro.

Una “candida fede riordinatrice”, per dirla con le parole del poeta novecentesco Carlo Betocchi, che offre nuova linfa alla poesia d’ispirazione cristiana, e che costituisce il tratto dominante della poetica di numerosi autori con i quali siamo entrati in contatto attraverso la nostra rubrica.

Una “fede riordinatrice” che possiamo ritrovare anche nell’opera di Carlo Andreoli, diacono permanente della Diocesi di Orvieto-Todi, insegnante di religione nella scuola pubblica ed impegnato nella pastorale parrocchiale. Quella di Andreoli è una poesia che non si affida a particolari soluzioni stilistiche, ma che trae la propria vitalità dall’intima adesione alla voce dello spirito, quale si manifesta nelle parabole e nelle storie di vita vissuta, capaci, anche nella tragicità, di testimoniare la presenza di Dio. Ad esemplificazione del suo percorso letterario, ecco tre poesie tratte dalla silloge che l’autore ha inviato alla Redazione di ZENIT.

LA MOLTIPLICAZIONE DEI PANI

Porgete voi l’orecchio, voi tutti che ascoltate:

denaro non occorre per sfamare la gente,

il cibo c’è per tutti, prendetene e mangiate!

Perché spendete invano denaro pe’l presente?

Non sai se è una notizia, o favola o utopia,

che senti oggi annunciare nelle chiese del mondo:

per tutti c’è un convito, gratis dice Isaia.

Apre la mano il Padre, ti sazia nel profondo.

Non lascia che tu a casa possa fare ritorno

senza essere appagato, pieno di contentezza.

E se hai le mani vuote t’insegna che ogni giorno

un pane solo basta se Lui con te lo spezza.

***

LA PARABOLA DELLA ZIZZANIA

Chi ha orecchi ascolti ancora la Parola…

Nel mondo la zizzania si dilaga:

sboccia, fiorisce, cresce in ogni aiuola,

in mezzo al grano e nella vigna vaga,

anche la linfa succhia alle radici,

sembra voler morire ogni speranza.

La voglia sorge d’essere felici

usando diserbante con iattanza,

spargendolo qua e là per estirpare

ovunque anche il ricordo dell’erbaccia.

L’invito del Maestro è di lasciare

che bene e male in terra si confaccia

perché non spetta all’uomo giudicare.

Il grande Agricoltore al suo raccolto

provvede il male e il bene a separare

perché a ciascuno venga dato e tolto.

***

IL SOSPIRO DI DIO

Sovraffollate barche spinte al largo,

da gente disperata abitate in brulichio,

muovon verso il destino incerto:

a correr loro incontro non c’è Dio

camminando sulle acque

e placar la tempesta come quel giorno

sul mar di Galilea.

Eppure non fu Lui

a costringerci sulla barca?

Con il vento contrario e la tempesta

che si leva improvvisa

intravedendo appena un fantasma

e un’impercettibile voce:

“Coraggio, sono io, non aver paura”.

Cessar come d’incanto l’intemperie

e accogliere l’invito: “Vieni!”

camminando sul mare.

Ma affondo, sto per affogare…

“Hai poca fede, perché dubiti di me?”

È il dubbio che ci frega sempre

e spazio non lascia alla speranza.

Il vento impetuoso, il maremoto,

e dopo… il sussurro di leggera brezza

e in quella il sospiro di Dio.

***

I poeti interessati a pubblicare le loro opere nella rubrica di poesia di ZENIT, possono inviare i testi all’indirizzo email: poesia@zenit.org

I testi dovranno essere accompagnati dai dati personali dell’autore (nome, cognome, data di nascita, città di residenza) e da una breve nota biografica.

Le opere da pubblicare saranno scelte a cura della Redazione, privilegiando la qualità espressiva e la coerenza con la linea editoriale della testata.

Inviando le loro opere alla Redazione di Zenit, gli autori acconsentono implicitamente alla pubblicazione sulla testata senza nulla a pretendere a titolo di diritto d’autore.

Qualora i componimenti poetici fossero troppo lunghi per l’integrale pubblicazione, ZENIT si riserva di pubblicarne un estratto.

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Massimo Nardi

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