Il volto del Dio debole

Meditazione quotidiana sulla Parola di Dio — Mc 10,32-45

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Lettura

Il discepolo, a imitazione del Maestro, ha una sola vocazione: il servizio; e una sola meta: dare la vita. La via per giungervi segue la logica della Croce. Gesù è deciso a vivere in quest’ottica e cerca di far entrare in essa anche i suoi discepoli, ma trova in loro resistenza. La logica che sorregge il loro discepolato è quella dei primi posti e nel loro orizzonte credente non c’è spazio per la croce.

Meditazione

Nel Vangelo secondo Marco troviamo tre insegnamenti di Gesù sul mistero della sua passione, morte e risurrezione ed esattamente in Mc 8,31; 9,31; 10,33-34. È preferibile dire “insegnamento” e non “annunzio della passione”, come solitamente si usa, perché è lo stesso Evangelista a suggerirci il termine. “Insegnamento” sottolinea che Gesù, parlando di sé, indica che la sua via è anche la via di ogni discepolo. Le sue parole sono ormai pronunciate con “parresia”: «Gesù faceva questo discorso apertamente» (Mc 8,32). Egli è preoccupato che i suoi discepoli non riescano ad andare in profondità nel suo insegnamento, per questo lo ripete tre volte. Pietro incarna le resistenze del discepolo a seguire il Maestro sulla via della croce e della debolezza. Gesù lo sgrida chiamandolo “satana” e rimandandolo alla sua vocazione originaria: stare dietro a Gesù e non più avanti di Dio. Perché solo Gesù è il Cristo-Messia Figlio di Dio e Figlio dell’Uomo, ed è Lui l’unica via offerta all’uomo per incontrare Dio, via della debolezza e dell’umiliazione fino alla morte. Il discepolo deve prendere la croce del peccato del mondo, perché solo così potrà seguire il Signore camminando dietro di Lui fino al Golgota dell’olocausto d’amore, fino alla tomba svuotata, fino alla gloria del Padre per essere figlio trasfigurato nel Figlio. Per Gesù, essere Messia significa prendere su di sé la sorte del Servo del Signore annunziato dai profeti, in particolare in Isaìa 53, che parla di uno «disprezzato e abbandonato dagli uomini» (Is 53,3) e per questo «deve soffrire molto». La sua sofferenza non è però senza speranza: il Servo sa che «se egli dà la sua vita in espiazione del peccato vedrà una discendenza longeva» (Is 53,10). Nel Vangelo la speranza di Gesù-Servo è racchiusa nell’espressione «risorgere il terzo giorno». Sembra proprio che Gesù voglia indicare il suo volto nel dolore, quasi che il suo mistero si riveli nella tenebra di sofferenza, di riprovazione e di morte del Venerdì Santo. Al Messia uomo-dio del suo discepolo, Gesù contrappone il Messia Dio-uomo, che si manifesta contro ogni aspettativa nelle cose disprezzate e riprovate dagli uomini.

Preghiera

Signore Gesù, Mendicante d’amore e Cireneo di perdono, attirami a te, avvolgi e abbraccia l’anima mia perché canti con gioia il mio cuore: la tua via è la mia, Signore!

Agire

Oggi sceglierò sempre l’ultimo posto, per esserci senza apparire.

Meditazione a cura di mons. Mario Russotto, vescovo di Caltanissetta, tratta dal mensile “Messa Meditazione”, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti info@edizioniart.it

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ZENIT Staff

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