In Kenya… in compagnia di don Bosco

Don Gianni Rolandi, Ispettore dei Salesiani in quattro paesi africani, racconta la sfida dell’educazione nel Continente nero

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I Salesiani sono presenti in tutto il mondo. In particolare alle periferie della società e ovunque vi siano giovani bisognosi di educazione e senso della vita. Il messaggio di don Bosco, quindi, nato per i ragazzi piemontesi della metà del XIX secolo, è attuale e valido anche per gli africani di questo primo scorcio di terzo millennio.

Una splendida testimonianza di questo apostolato è stata trasmessa a ZENIT da don Gianni Rolandi, SDB, Ispettore (ovvero superiore provinciale) in Kenya, Sudan, Sudan del Sud e Tanzania.

Don Gianni, ci può raccontare come ha avuto origine la sua missione in Kenya?

Sono nativo di Castelnuovo Don Bosco (AT) e mi trovo in Kenya da trent’anni – esattamente il 13 settembre prossimo – quando venni a fare il tirocinio (così chiamiamo il periodo di lavoro pastorale in una casa regolare, situato tra il postnoviziato [filosofia] e gli studi di teologia) ad Embu (140 km a nord-est di Nairobi), nel 1985 appunto. Da qualche anno a quella parte, la mia Ispettoria di origine (Torino, Ispettoria Centrale, ICE) aveva aperto una missione nell’allora diocesi di Meru, a Siakago (oggi diocesi di Embu) ed aveva iniziato una nuova opera ad Embu: una scuola superiore. L’Ispettore di quel tempo (così i Salesiani chiamano il Provinciale) aveva chiesto la disponibilità di due giovani confratelli per il tirocinio ad Embu ed io diedi la mia. Partimmo insieme al mio compagno, Giorgio Conte, confratello coadiutore o fratello laico, ed entrambi ora apparteniamo a questa Ispettoria, Africa Est, Nairobi-AFE.  Da quattro anni mi hanno chiesto di fare l’Ispettore e quindi mi occupo dell’animazione e governo globale dell’Ispettoria (che altri religiosi chiamano “Provincia”) ed in particolare dei confratelli salesiani in Kenya, Tanzania, Sudan e Sudan Meridionale.

Cosa le ha insegnato di più la vita di missione in Africa?

Penso che una delle cose principali che la vita di missione in Africa mi sta insegnando è la pazienza! Qui in Africa la gente è padrona del tempo: in genere, non ha mai fretta e tutto avviene con calma, senza correre… Per esempio, la celebrazione domenicale dell’Eucaristia – specialmente nelle zone rurali – dura normalmente due ore o più (o per lo meno un’ora e mezza) e nessuno lo trova strano. Anche se sono qui da trent’anni, questo della flessibilità del tempo è uno degli aspetti a cui mi sto ancora abituando! La vita in città sta cambiando parecchio questo approccio, perché in ufficio bisogna arrivare puntuali; il pullman che va a Dar es Salaam (Tanzania) parte puntualissimo ed i negozi chiudono puntuali all’ora stabilita, solo per fare alcuni esempi.

C’è qualche episodio che ricorda con particolare gioia?

Ricordo sempre un esempio semplicissimo e meraviglioso di condivisione. Una bimba di forse 6 o 7 anni d’età porta sulla schiena il fratellino di forse 2 anni. C’è una sola caramella che viene data a lei. La bimba la scarta con attenzione, la rompe con i denti e ne dà metà al fratellino e metà la mangia lei! Cose che da noi ci sogneremmo! Un altro fatto: ricordo la prima volta che incontrai – dopo tanti anni – un ex-allievo della scuola superiore di Embu, appartenente al primo gruppo (1985-1989), quando era ormai diventato professore di College. Era l’ospite d’onore ad una funzione scolastica, con allievi, genitori ed amici vari dell’opera di Embu. Mi colpì profondamente la semplicità e l’affetto con cui parlò delle tante cose che aveva imparato nei 5 anni trascorsi da noi, in particolare lo “spirito di famiglia” che ancora oggi lo ispira ed incoraggia nel cammino.

In qualunque parte del mondo, i Salesiani hanno come principale missione l’educazione della gioventù. Che sfide presenta questa missione in un paese africano?

Le sfide dell’educazione in Kenya sono molteplici. Ci vorrebbe un trattato per fare giustizia alla domanda. Accenno al fatto che noi Salesiani siamo impegnati specialmente nell’educazione tecnica qui in Kenya e vorremmo lanciarci maggiormente nella scuola superiore. A livello di educazione tecnica, in Kenya, ed anche in Tanzania, ci troviamo in un periodo di transizione. Purtroppo le agenzie governative tendono a favorire i giovani che hanno maggiore istruzione, aumentando le ore di teoria e rendendo gli esami finali molto complicati. A noi Salesiani resta l’incognita e la preoccupazione di come aiutare quei giovani che non sono a tale livello e che quindi corrono il rischio di diventare sempre più emarginati dalla società. Al tempo stesso, nel sistema attuale, l’educazione tecnica non può essere paragonata a quella classica, nel senso che abilita ad una professione, senza aprire sentieri con sbocco verso l’università o corsi paragonabili. In un certo senso, ci troviamo di fronte a un dilemma: come aiutare la formazione professionale a dare sbocco a livelli di educazione superiore, senza dimenticare i giovani più deboli ed in difficoltà? Inoltre il Kenya si trova in una fase di riforma di tutto il sistema educativo: è un’opportunità stupenda, se riusciamo ad inserirci, come Famiglia Salesiana, tra gli interlocutori di questo esercizio importante per il futuro del Paese.

In una terra con così tanti bisogni materiali, dove finisce la missione “umanitaria” e dove inizia quella spirituale?

La missione “umanitaria” – che per noi è mirata in particolare al campo dell’educazione – rimane sempre una priorità qui in Ispettoria. Al tempo stesso – secondo lo stile salesiano che mette in atto il carisma di don Bosco – noi cerchiamo di proporre attività e stili che comprendano sempre i due aspetti: educazione ed evangelizzazione. Ciò è più facile a dirsi che a mettersi in pratica, ma cerchiamo di offrire programmi che presentino entrambe le caratteristiche, integrate una nell’altra. Il segreto è quello di non “aggiungere” l’evangelizzazione come il “sale” ad una attività educativa e di non arrampicarsi sugli specchi per far vedere l’aspetto educativo di un’attività di evangelizzazione. In altre parole, un’attività ricreativa all’oratorio dovrebbe in se stessa offrire un messaggio di evangelizzazione, non perché la si comincia e conclude con una preghiera (cosa che si fa, naturalmente), ma perché sottolinea un valore evangelico, senza dirlo esplicitamente. Per esempio, un torneo di calcio che sottolinei il valore dell’onestà e del fair play. Devo ammettere che lo sforzo che stiamo facendo verso questa armonizzazione non è sempre un successo…

Come è stato vissuto nel paese – e in particolare nella sua comunità – il tragico episodio della strage al collegio universitario di Garissa?

La strage al Collegio Universitario di Garissa ha lasciato tutti i kenyani, e coloro che vivono in questo Paese, senza parole e con tanti quesiti irrisolti. Naturalmente, vi sono state tantissime espressioni di cordoglio e di vicinanza alle famiglie della tante vittime (148 secondo le fonti ufficiali, ma a detta di chi è stato coinvolto più da vicino, probabilmente molte di più!). Io mi trovavo in Tanzania per visite ad alcune comunità salesiane ed ho seguito la vicenda come ho potuto, tramite Internet e le reti locali. I Social Media sono stati molto attivi e si è potuta toccare con mano la solidarietà nazionale ed internazionale. Al tempo stesso, le critiche all’incapacità del governo attuale di fornire un livello minimo di sicurezza sul territorio sono state feroci. Le nostre comunità (ne abbianno 10 in Kenya, nessuna però in quella parte del Paese) hanno cercato vari modi per essere vicine alle famiglie della loro area di apostolato che sono state colpite dalla tragedia. Le principali chiese in Kenya, con i leader di altre religioni, stanno insistendo sull’importanza di aiutare i giovani a stare lontani da coloro che diffondono il fondamentalismo radicale, di qualsiasi colore esso sia. In data 11 maggio, si
è tenuta a Nairobi una commemorazione delle vittime di Garissa. Tutte le principali autorità religiose del Paese erano presenti. Nelle loro esortazioni, hanno insistito sull’importanza di perdonare ma di non dimenticare, di modo che assurdità del genere non si debbano più ripetere.  Mi pare che – come Salesiani – abbiamo una sfida importante a livello di influenza educativa sui giovani.

Come vive Lei il carisma di don Bosco e cos’è che le dà più gioia nell’essere salesiano?

Vivo il carisma di don Bosco, cercando di imparare ad interpretare, giorno per giorno, ciò che don Bosco farebbe, direbbe, sceglierebbe… se vivesse oggi nella realtà di questa Ispettoria salesiana. Cosa significa per noi essere vicini ai giovani emarginati, assumere “l’odore del gregge”, lavorare nelle periferie di questa società, con le sfide continue che incontriamo, non ultima quella economica (cioè, come sostenere le nostre opere, nel delicato momento storico che stiamo vivendo)… Inoltre cerco di mettere in pratica la “spiritualità preventiva”, tipica di don Bosco, che resta una grande sfida. Nella vita di ogni giorno, cerco di capire come esprimere con semplicità l’amore di Dio che provvede in anticipo per tutte le sue creature, le accompagna con la sua presenza e dona liberamente la vita per la loro salvezza. Si tratta di scelte piccole (ma a volte anche grandi) e non sempre facili, che ritmano il cammino delle mie giornate e del mio esame di coscienza, la sera. Ciò che mi dà più gioia del mio essere salesiano è la convinzione di essere situato nel cuore della Chiesa, portando l’annuncio del Vangelo ai giovani, specialmente i più poveri. Vivere in un ambiente orientato constantemente ai giovani mi aiuta ad avere una prospettiva che si rinnova costantemente ed è permeata di grande speranza per il futuro. Voglio ripetere con don Bosco, ogni giorno: “Qui con voi mi trovo bene: è proprio la mia vita stare con voi!”.

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Luca Marcolivio

Roma, Italia Laurea in Scienze Politiche. Diploma di Specializzazione in Giornalismo. La Provincia Pavese. Radiocor - Il Sole 24 Ore. Il Giornale di Ostia. Ostia Oggi. Ostia Città (direttore). Eur Oggi. Messa e Meditazione. Sacerdos. Destra Italiana. Corrispondenza Romana. Radici Cristiane. Agenzia Sanitaria Italiana. L'Ottimista (direttore). Santini da Collezione (Hachette). I Santini della Madonna di Lourdes (McKay). Contro Garibaldi. Quello che a scuola non vi hanno raccontato (Vallecchi).

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